L’Opera lirica o la disfatta delle donne, titolo del saggio, edito nel 1979, dell’autrice francese Catherine Clement che riguarda le eroine, tragiche, del melodramma, può essere utilizzato per significare la situazione femminile nell’ambito attuale della regia lirica. Motivate dal dimostrare la propria capacità artistica e nello stesso tempo con un’ottica di riguardo ad una rilettura del mondo femminile proprio dal punta di vista di una donna artista. In genere si dimostrano più attente alla tradizione interpretativa nonostante cerchino in alcune situazione elementi di rottura e di innovazione. L’impressione è che spesso siano chiamate più per convenienza che per convinzione non essendo protagoniste di progetti organici di lungo respiro. A Firenze la sovrintendenza di Cristiano Chiarot aveva affidato allo sguardo femminile la trilogia Daponte/Mozart con le Nozze di Figaro, l’unico portato a termine, a Sonia Bergamasco, Don Giovanni alla regista svizzera Nicola Raab, e Così fan tutte a Rosetta Cucchi. A Verona, per la stagione in sospensione 2020/2021, la sovrintendenza aveva affiancato alcuni dittici ricomposti alle registe ed esperte di didattica del teatro, Federica Zagatti Wolf-Ferrari e Giorgia Guerra, tra l’altro con direzione musicale affidata a Gianna Fratta, per un progetto nell’ambito della creatività femminile, costruendo, almeno sulla carta, un’idea di progettualità al femminile.
Della generazione del nuovo millennio certamente Emma Dante è stata quella che ha fatto parlare più di se per quel carattere dirompente dell’ideologia femminista nell’ambito della rilettura del dramma lirico: poco più di una decina di titoli dal 2009 in ambito lirico dal suo progetto della Carmen alla Scala di Milano, come spettacolo inaugurale. Proveniente dal teatro di ricerca ha fondato la sua estetica essenziale, sulla corporeità degli attori, sull’ inclinazione all’estremo (devozione e carnalità, violenza), sull’uso polifonico dei dialetti, sul paradosso e il rovesciamento delle situazioni, la sua attività nella regia lirica si è sempre accompagnata a titoli particolari quali la Muta di Portici per il teatro di Bruxelles, un dittico composto dalla Cavalleria Rusticana e dalla Voce umana di Poulenc, assieme al grande repertorio con l’infernale e sanguigno Macbeth verdiano prodotto per il Massimo di Palermo e il Regio di Torino, passando per una Cenerentola all’Opera di Roma, non disdicendo la committenza per l’Ifigenia in Tauride di Gluck per il circuito AsLiCo Opera Lombardia, motivando il proprio entusiastico interesse per l’opera di Gluck per quei sentimenti selvaggi in cui il destino è più forte di qualsiasi scelta visione condivisa nell’ultima sua creazione in ordine di tempo Rusalka, di Antonín Dvorák, Teatro alla Scala di Milano (2023).
Registe che dal cinema si sono avventurate su un campo non semplice da praticare e per questo subitamente abbandonato è il caso di Alice Rohrwacher che 2016 allestisce, come unica prova, Traviata di G. Verdi per il circuito lirico lombardo ed emiliano, ricreando un set cinematografico che metteva a confronto la realtà e la finzione della vita della protagonista.
Con più continuità Cecilia Ligorio, che fin dai primi anni di carriera ha affiancato al lavoro attoriale, la programmazione e la gestione di teatro e musica, a partire dai lavori per ragazzi presso il Palau de la Musica “Reina Sofia” di Valencia e a contatto con esperienze di ricerca con la compagnia “IfHuman” di Bruxelles e di “Ludwig-officina di linguaggi contemporanei” di Milano. Si è trovata tra Teatro La Fenice di Venezia, e Maggio Fiorentino a confrontarsi con titoli impegnativi e monumentali quali la Semiramide di Rossini, a Venezia, e il Fernando Cortez di Spontini a Firenze ni quali privilegiava l’interpretazione storica e d’ambiente, idee che l’hanno portata a collaborare al progetto del Teatro Le Monnaie di Bruxelles Bastarda I e II incentrato su una rielaborazione drammaturgica del ciclo inglese dei Tudor di Donizetti, nella passata stagione 2023.
Più costanti le presenze di Elena Barbalich e Rosetta Cucchi, che entrano nell’ambito della regia lirica dopo approfonditi studi sia musicali che teatrali, ciascuno con uno proprio stile interpretativo tra rivitalizzazione del testo drammaturgico e attualizzazione dell’allestimento.
Elena Barbalich si impone nel 2011 con la regia dell’opera Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota in una lunga tournée che coinvolgeva i teatri del circuito Opera Lombardia AsLi.Co., Opera Giocosa di Savona Sociale di Rovigo, e più volte ripresa; si ripropone nel 2012, con la regia di Tosca, inaugurando le stagioni dei Teatri di Brescia, Pavia e Cremona. Nel 2015, crea un nuovo allestimento de Le Nozze di Figaro di Mozart al Teatro Regio di Torino. Nel 2017, crea la regia di Rigoletto di Verdi, rappresentata a Pavia e successivamente a Como, Brescia, Cremona, Bergamo e replicato, nel settembre 2018, all’Opéra de Toulon. Nel febbraio del 2019 realizza la messinscena del Sogno di Scipione di Mozart per il Teatro La Fenice in collaborazione con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e nell’ottobre dello stesso anno riprende il Macbeth nei teatri del Circuito Lombardo sotto la direzione di Gianluigi Gelmetti esaltando con una ambientazione astratta, cupa e tenebrosa, la complessità dell’animo dei protagonisti elemento distintivo dei suoi lavori.
Rosetta Cucchi si è formata come musicista lavorando in qualità di coordinatrice della preparazione musicale con il Rossini Opera di Pesaro, il Wexford Opera Festival in Irlanda, di cui e direttrice artistico. Le sue regie sono certamente dirompenti, con ha dimostrato con il Don Giovanni di Mozart per l’allestimento Ópera de Tenerife con Fondazione Teatro Comunale di Modena, riallestito a Genova al Carlo Felice del 2016, riadattando l’opera alle proprie idee di rilettura del contesto drammaturgico. Ma nel contempo lavorando su titoli non di ampio repertorio sui quali ha mantenuto una lettura prudenziale come l’Amico Fritz di Mascagni e Resurrezione di Franco Alfano, questo nell’allestimento del Wexford Festival Opera, commissionate dal Maggio Musicale Fiorentino nell’arco delle stagioni 2019-2022.
Se la regia vuole essere donna ed esprimere le condizioni attuali della condizione femminile dobbiamo affidarci alla particolare visione interpretativa dell’argentina Valentina Carrasco formatasi all’interno del gruppo spagnolo La Fura dels Baus. Tra provocazione e suggestione estetiche rilancia in palco la condizione femminile di rivendicazione sociale a costo di essere sgradevole come nel caso nel Simon Boccanegra di Parma nella stagione 2022 o nel rappresentare la vecchiaia femminile nella La Favorite di Donizetti al Festival di Bergamo sempre del 2022, uno squarcio sulle donne che non esistono più nella loro dimensione sociale dell’apparenza.
Non ultima in questa rassegna Stefania Bonfadelli, già cantante lirica, che si sta dedicando alla regia lirica con interessanti prospettive di attualizzazione delle trame nel tempo e nello spazio. Con successo ha allestito Matilde di Shabran e la Scala di seta al Rossini Festival in Wildbad (Germania) quest’ultima felicemente ripresa a Verona nella stagione 2022-23 al Filarmonico a cui è seguita una sua regia di Norma al Carlo Felice di Genova, violenta e oscura.
Tante idee per la rappresentazione del mondo del melodramma che è sempre apparire e consumarsi nell’atto dell’apertura del sipario: l’essenzialità rimane nel testi drammaturgici e nei personaggi nei quali il pubblico si vuole identificare ed emozionarsi.