Rovereto, Teatro Zandonai, 26 marzo 2024, ore 20.30
Circuito Danza Tanz Trentino Altoadige/Suedtirol 2024
CECITÀ di Virgilio Sieni
ideazione, coreografia, spazio Virgilio Sieni
spettacolo liberamente ispirato al romanzo Cecità di José Saramago
interpreti Jari Boldrini, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti,
Lisa Mariani, Andrea Palumbo, Emanuel Santos
musica originale Fabrizio Cammarata
costumi e elementi scenografici Silvia Salvaggio
luci Andrea Narese e Virgilio Sieni
maschere Chiara Occhini
coproduzione Centro Nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni, Fondazione Teatro Piemonte Europa e Fondazione Teatro Metastasio di Prato
Che a Virgilio Sieni interessi la problematica della cecità se ne è avuta già una percezione del laboratorio gestito con il danzatore non vedente Giuseppe Comuniello, al teatro Sanbapolis di Trento, con un programma di riflessioni e pratiche sui temi della tattilità e dello spazio inclusivo, sul tratto in cui il gesto nasce grazie a forme di ascolto dello spazio e dell’intorno, esplorando come ciò che ci comprende costituisca un piano di ricerca sui cui soffermarsi. Ecco che la danza contemporanea diventa sempre più esperienza performativa visiva e sonora. Qui con Cecità Virginio Sieni ha presentato un progetto coreografico dove la danza si fa sempre più rarefatta limita ad una gestualità corporea più che narrativa con uno spazio per far muovere corpi più che farli danzare.
Un telo opaco divide lo spazio tra il pubblico e di danzatori che crea una sorta di muro opaco dove si intravedono elementi corporei che si spingono contro la parete.
Del resto il progetto di Virgilio Sieni è un adattamento dal romanzo Cecità di José Saramago: un virus sconosciuto toglie la vista alle persone. Tutto è improvvisamente immerso in un biancore luminoso che assorbe non solo i colori ma le cose stesse e gli esseri, rendendoli così, doppiamente invisibili solo il tatto permette di comunicare ed è quanto si percepisce oltre il telo dove solo parti corporee traspaiono nella loro opacità. esperienza sonora con elementi di composizione elettronica molto penetrante per far intendere che solo il suono è rimasto come momento di comunicazione in cuna azione coreografica che si presenta suddivisa in tre momenti.
Poi si alza il velo e appaiono i sei corpi degli interpreti, in uno spazio chiuso da larghi tendaggi corpi accovacciati, carponi e spesso di spalle o definitivamente arresi al suolo. Sono corpi incapaci di reggersi in piedi, continuamente spezzati e rifratti ma che comunque provano in tanta inquietudine una relazione, una catena, come soggiogati da misteriose forze che non sono necessariamente negative né per forza benevoli.
In un terzo passaggio entrano in scena presenze bestiali: una testa di cervo, d’asino di capra e le azioni corporee si fanno sempre più caotiche come se il coreografo volesse un ritorno ad una normalità di stato naturale ma che rassicura visto anche l’iconologia di tali scelte animali emblematici della stato di natura (il cervo) e domestico (asino e capra) certo non una natura violenta e primordiale a cui forse era nell’intenzione creative dell’autore. come il cattura suoni che con una lunga asta produce rumori contro le quinte che delimitano lo spazio scenico.
Alla fine lo spettatore viene lasciato in una sorte di sospensione in una non conclusione come se la cecità sveli una altra dimensione della quotidianità. Non pieno il teatro Zandonai in una città, quale Rovereto, dove la danza è sinonimo di internazionalità e di ricerca, ma con il pubblico che ha dato decretato il successo all’esibizione della compagnia.