Verona, 8 giugno 2024 ore 21.30
Turandot, Dramma lirico in tre atti e cinque quadri
Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
Musica di Giacomo Puccini
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REGIA E SCENE Franco Zeffirelli
COSTUMISTA Emi Wada
MOVIMENTI COREOGRAFICI Maria Grazia Garofoli
DIRETTORE D’ORCHESTRA Michele Spotti
CORO DI VOCI BIANCHE A.d’A.Mus.
DIRETTORE Elisabetta Zucca
ORCHESTRA, CORO, BALLO E TECNICI Fondazione Arena di Verona
MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
COORDINATORE DEL BALLO Gaetano Petrosino
DIRETTORE ALLESTIMENTI SCENICI Michele Olcese
TURANDOT Ekaterina Semenchuk
ALTOUM Carlo Bosi
TIMUR Riccardo Fassi
CALAF Yusif Eyvazov
LIÙ Mariangela Sicilia
PING Youngjun Park
PANG Riccardo Rados
PONG Matteo Macchioni
MANDARINO Hao Tian
PRINCIPE DI PERSIA Eder Vincenzi
ANCELLE DI TURANDOT Grazia Montanari, Mirca Molinari
La stagione estiva dell’Opera veronese prende il via senza concedersi pause. All’indomani del primo appuntamento, la maestosa celebrazione per l’inserimento del canto lirico italiano nel patrimonio culturale immateriale dell’Umanità (qui la nostra recensione), un’altra première fa il tutto esaurito al 101° Arena Opera Festival. Sabato 8 giugno, nell’anno del centenario della morte dell’autore, apre il cartellone operistico la rappresentazione di Turandot, nell’ormai storica produzione di Zeffirelli. L’allestimento lo conosciamo: estremamente funzionale agli ampi spazi areniani, imponente e luccicante. Pienamente nello stile di un regista che – è indubbio – aveva compreso come sfruttare la situazione peculiare dell’Arena per realizzare spettacoli efficaci, sempre in grado di coinvolgere e convincere il numerosissimo pubblico, con un effetto wow che riesce, a volte, persino a colmare le mancanze dei cast meno brillanti.
In un cartellone che non prolifera di novità, fa sicuramente piacere scorgere un volto nuovo sul podio, soprattutto quando il risultato è così lodevole. Michele Spotti, classe 1993, al debutto in Arena, dà prova di grande capacità tecnica e musicale, realizzando una conduzione precisa e curata. Sorprende in particolare la capacità di gestire con efficacia la complessa macchina dell’Opera areniana, fatta di spazi immensi, distanze e acustiche avverse. La sua lettura musicale restituisce una Turandot perlopiù scorrevole, con ampie escursioni dinamiche e passaggi incisivi e marcati, di carattere e di grande effetto. Non manca allo stesso tempo un’apprezzabile attenzione per i tratti più morbidi della partitura. Meritevole la performance dell’Orchestra della Fondazione, che costruisce un suono bello e coeso, buono nell’insieme e ottimo nell’intonazione.
Nel ruolo del titolo, il mezzosoprano Ekaterina Semenchuk dimostra determinazione e sicurezza nell’impersonare la controversa principessa, attraverso un’ottima presenza scenica e un’appropriata interpretazione musicale. Lo strumento vocale, seppur in generale sonoro e preciso, lascia qualche dubbio in merito al timbro e alla lucentezza degli acuti. Al suo fianco, il principe ignoto è il tenore Yusif Eyvazov, ormai di casa in Arena e ben navigato nel ruolo. Con intelligenza e tecnica mette in scena un Calaf convincente e appassionato, a tratti quasi esuberante, che non ha timore di permettersi – per fare un esempio – l’ambiziosa variante acuta che Puccini propone su quel “ti voglio tutta ardente d’amore” del secondo atto. Pur non concedendo il tradizionale bis del “Nessun dorma”, Eyvazov conquista più di tutti l’apprezzamento e l’affetto del pubblico.
La Liù di Mariangela Sicilia è forse il personaggio più riuscito di questa produzione: la voce bella, vellutata ma allo stesso tempo ferma e raggiante, è sfruttata con saggezza e gusto nel portare sul palco una schiava commovente, dal carattere sinceramente devoto ma mai arrendevole. La affianca un autorevole Timur, impersonato con carattere da Riccardo Fassi, capace di un’ottima prova vocale e di un’efficace presenza scenica. Bene il trio di ministri del regno: Ping, Pong e Pang, rispettivamente Youngjun Park, Matteo Macchioni e Riccardo Rados si dimostrano precisi e musicali, riuscendo con complicità a portare in scena tanto i tratti più simpatici quanto quelli più spietati dei loro personaggi. Completano il cast gli apprezzabilissimi contributi di Carlo Bosi (Altoum), Hao Tian (un mandarino), Eder Vincenzi (il Principe di Persia), Grazia Montanari e Mirca Molinari (ancelle di Turandot).
Ineccepibile il Coro della Fondazione Arena, preparato da Roberto Gabbiani, che come spesso accade regala agli spettatori alcuni dei momenti più coinvolgenti ed emozionanti dell’intera rappresentazione. Meritevole anche il Coro di voci bianche A.d’A.Mus diretto da Elisabetta Zucca. Generale apprezzamento da parte di un pubblico numeroso e coinvolto, che riserva la più calorosa accoglienza ad Eyvazov e alla Sicilia. Lunghi applausi a seguire le arie più celebri e al termine dell’Opera, con acclamazione di Michele Spotti al suo ingresso sul palco.