– Allora, abbiamoooooo…
Il suo viso si ravvicina dal suo schermo e prende una colorazione ancora più verde…
– Nic Gong, Capitan! Nel 010, rotta nel 101, distanza 23 miglia, sempre velocita 08 nodi, profondità 010, ci passera a dritta distanza minima 10 miglia. Vuole la posizione degli altri?
– Naaaa…. basta che me li tieni d’occhio. Capo centrale! Hai qualcosa da raccontarmi?
Il rumore del forte clip sulla sua tavoletta rigida risuona nel centrale mentre si gira nella mia direzione. La matita gialla riposa per un attimo sul suo orecchio, mentre solleva le foglie perforate del telex per controllarne un’ultima volta l’ordine. Poi inizia il suo rapporto:
– Allora il nostro rilevamento esce in cd ed in digitale il 10 maggio 2019: “Il Segreto Delle Favole”, primo album del cantautore trentino Nic Gong, pubblicato e distribuito da (R)esisto. L’album è anticipato dal singolo “Giostra Instabile”, cha apre l’album. Nic Gong è il nome d’arte di Nicola Bertolini, musicista attivo da diversi anni nella scena trentina, ma non schedato finora… Ha fatto parte del gruppo “Too much Bunnies” come cantante, bassista e autore. Lo ritroviamo come bassista e collaboratore del progetto di cantautorato “V.edo” nel quale c’è anche Massimo Peri alle percussioni. Poi si concentra sul suo progetto solista; “Nic Gong” un progetto di musica pop/post-rock con note cantautorali. “Il Segreto Delle Favole”, è prodotto e registrato sotto la direzione artistica dell’etichetta indipendente (R)esisto e Massaga Produzioni. Produttore artistico: Michele Guberti e il master curato dal noto produttore Manuele Fusaroli (Tre Allegri Ragazzi Morti, Luca Carboni, Motta, Le luci della centrale elettrica).
– Eeeeeh beh!!! Bella gente non le pare, capo?
– Certamente, Capitan! Tutti testi sono di Nicola Bertolini. Musica di Edoardo Vergara e Nicola Bertolini, Registrazioni e mixaggio a cura di Federico Viola e Michele Guberti, presso l’Animal House Studio di Ferrara. Grafiche e video a cura di Alice Corrain. Suonano sul disco: Nicola Bertolini alle voci; Edoardo Vergar, chitarre, basso, tastiere varie, cori; Massimiliano Peri, batteria, percussioni e cori; Michele Guberti, basso e seconda voce in “il castello dei sogni perduti”; Ilaria “Argento” Passiatore, voce ne “Il segreto delle favole”. L’intero disco è dedicato a Massimiliano Veneri, un grande amico di Nic Gong scomparso nel gennaio del 2002. Una lanterna per Marì e stata scritta per lui.
– Ah! Bene… Cominciamo!
Stranamente la copertina del disco è simile nella sua composizione al primo EP degli Matleys: “Yell”. La prima cosa gradevolmente sorprendente in questo album è il suo suono, la qualità delle composizioni, le scelte di produzione e la qualità degli arrangiamenti. Alla prima traccia, togli le cuffie e sclami: “Ustia! Fermo lì, qui succede qualcosa.” Stranamente continuo a pensare che la musica locale non ha niente da invidiare al surgelato in vendita tramite classifiche, anzi è molto meglio. Tesori esistono, sparsi sul Trentino, sicuramente in tutta Italia e per estensione in tutta l’Europa o anche il Mondo. Basta andare a CERCARLI invece di tenersi un imbuto in bocca (orecchia) per diventare un’oca da ingrassare.
Un album deve cominciare con un pezzo che richiama la tua attenzione. “Giostra instabile” lo fa con voto massimo e lode… veramente. Questo pezzo è costruito ed arrangiato più che bene. Dalle percussioni poco classiche messe avanti, il coro di Nic in falsetto che sottolinea tutta la canzone, la voce sussurrata, il basso che rimbomba nelle basse frequenze. Perla, oro, diamante…
“Il segreto delle favole” è un lento che ricollega al mondo reale, attraverso una situazione di impotenza davanti alla sofferenza altrui, anche se il rifugio nel mondo immaginario fosse più attraente: “Gli eroi non sono così tanti, non arrivano in tempo per salvarti”. La traccia sembra descrivere una persona giovane, in ospedale, intubato, e in una brutta condizione, e la compassione generata dall’impotenza di potere fare qualcosa. Certe volte la verità non aiuta… è crudele conoscere il segreto delle favole.
Un glockenspiel corre brevemente sopra i versi di “Radio Aut”, un cool tempo a retrogusto tropicale rialzato di interventi radiofonici, con accento Giamaicano, di Edoardo Vergara: “Can you see Jah light?” Sembra imitare Anansi… Un coro corposo fa di fondo tenda, testi declamati con convinzione e voce distorta, completano il quadro di questo brano, alla struttura musicale minima, compensata di abbondanti strati vocali.
Un eco “Moriconiano” avvolge la partitura fischiata di “Alberi di Marmo” che ci reinstalla sul un ritmo ferroviario identico alla traccia precedente. Il brano è grave nonostante l’aspetto buonuomo del ritmo e la leggerezza della melodia. “Sono quelle grigie lapidi che non finiscono più, per ore sulla strada, insieme agli alberi di marmo […] una lacrima e una rosa per non dimenticare”. Notiamo il dosaggio pertinente delle percussioni su queste due tracce come sulla totalità dell’album, perfettamente integrate e non invasive. I libri di storia non si ricordano dei numeri che siamo.
C’è una bella chitarra su “Il castello dei sogni perduti” la traccia più lavorata ed arrangiata dell’album.
Ci è voluto l’intervento dello spettrometro per identificare il rumore quasi vocale, che piange dietro la chitarra durante l’introduzione e dopo il ritornello; e un Kazoo avvolto nel delay e la reverb. Su un ritmo leggermente più rapido, la voce vicina di Nicola ci parla in questa metrica depositata sapientemente sulla musica. Presenza discreta di un coro sussurrato nel ritornello “Ti respirerò” e identificabile con cuffie o dopo molteplici ascolti. Produzione esemplare su questo pezzo.
C’è principalmente solo la grossa cassa nel primo verso de “L’Eremita” e una voce che crea armoniche nella risonanza della reverb. Fino alla frase che piace TANTO alle ragazze, soprattutto in questo periodo di febbraio: “Ma quando non provo più niente per te, io penso che sia tutto molto più facile” poi, immancabilmente, viene il momento di togliersi il mazzo di rose rosse di dietro la schiena e porgerlo nella sua direzione. Tanto le percussioni, basso e chitarra esageratamente distorta, sono qua per coprire la reazione femminile. Ermetico l’ultimo messaggio, melodicamente ipnotico, lasciato in conclusione: “Dimmi che fare, per non amare il mare” la mia risposta è: “Mi resto en Bondon”
“Gente che scappa” è una confidenza spogliata fra voce e chitarra folk. Tastiere e percussioni discrete rimangono distanti, quasi niente deve disturbare il flusso del testo: “…e quindi pensi di essere nel giusto, legato un filo sospeso su l’abisso…”
“Una lanterna per mari” conclude l’album nel fruscio di un vinile e si svolge nella complessità di vari interventi degli strumenti: un synth dà il ritmo e rimbalza nel eco, un pianoforte retrò precede il corteo, un chitarra sbilenca distorce il suo suono appoggiata su un basso riservato. Mari sembra essere la prima e l’ultima sillaba di Massimiliano Veneri per chi una lanterna accesa giorno e note “per non dimenticarti più”.
Questo è un album serio, con composizioni di qualità, arrangiate e prodotte originalmente. C’è lì dentro tutta una serie di buone idee, trattate bene ed elevate al livello più alto possibile. Cappello basso a Massimo Peri che sa distaccarsi da tutti i batteristi, rimanendo discreto ma indispensabile, nel suo modo di servire il brano, con interventi e percussioni scelte e perfettamente integrate al pezzo come lo fa, del resto, anche con Davide Prezzo nei Live o ancora con V.edo. Rimane ancora da trovare il segnale di questa formazione in quale tre membri son stati recentemente schedati, nell’archivio del nostro Capo centrale… Per il momento siamo circondati da rilevamenti che dobbiamo trattare uno per uno, visto che hanno il buon gusto di passarci sopra…
– Jones? Chi arriva nella nostra direzione adesso?