Rossini Opera Festival – Pesaro, Auditorium Scavolini,
venerdì 23 agosto, ore 20.30
IL VIAGGIO A REIMS
Dramma giocoso in un atto di Luigi Balochi
Musica di Gioachino Rossini
Esecuzione in forma di concerto a 40 anni dal primo Viaggio a Reims diretto da Claudio Abbado
Videoproiezione in diretta in Piazza del Popolo in collaborazione con il Comune di Pesaro
Corinna VASILISA BERZHANSKAYA
Marchesa Melibea MARIA BARAKOVA
Contessa di Folleville JESSICA PRATT
Madama Cortese KARINE DESHAYES
Cavalier Belfiore JACK SWANSON
Conte di Libenskof DMITRY KORCHAK
Lord Sidney MICHAEL MOFIDIAN
Don Profondo ERWIN SCHROTT
Barone di Trombonok NICOLA ALAIMO
Don Alvaro VITO PRIANTE
Don Prudenzio ALEJANDRO BALIÑAS
Don Luigino TIANXUEFEI SUN
Delia PAOLA LEGUIZAMÓN
Maddalena MARTINIANA ANTONIE
Modestina VITTORIANA DE AMICIS
Zefirino / Gelsomino JORGE JUAN MORATA
Antonio NICOLÒ DONINI
CORO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
Maestro del Coro GIOVANNI FARINA
ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI
Direttore DIEGO MATHEUZ
ph. ROF 2024 Amati Bacciardi
La 45^ edizione del Rossini Opera Festival si è conclusa in grande stile all’Auditorium Scavolini di Pesaro, con l’esecuzione in forma di concerto del Viaggio a Reims, “l’opera non-opera di Rossini” diventata ormai uno dei simboli del ROF. Quarant’anni fa, il 18 agosto 1984, all’Auditorium Pedrotti ebbe luogo la prima messa in scena in tempi moderni, realizzata basandosi sull’edizione critica della partitura, sotto la direzione di Claudio Abbado, con la regia di Luca Ronconi, con scene e costumi di Gae Aulenti e con una compagnia di canto ai nostri giorni ineguagliabile. Il memorabile spettacolo, considerato oggi tra i più importanti del Novecento, veniva presentato così da Gianfranco Mariotti, allora sovrintendente del ROF e oggi suo presidente onorario: “Torna suo palcoscenico, a 159 anni dalla prima (e unica) rappresentazione parigina, il mitico “Viaggio a Reims”. Il recente ritrovamento a Roma, a Santa Cecilia, di parte dell’autografo, ha permesso alla Fondazione Rossini la ricostruzione della partitura originale nella edizione critica curata da Janet Johnson. L’imponenza del cast vocale che scende in campo in questa particolare occasione non ha forse molti riscontri nella storia del melodramma. L’offerta fatta a Claudio Abbado di dirigere Il viaggio a Reims ha avuto, al di là della statura del musicista, anche un valore emblematico. Fu proprio Abbado, infatti, con le storiche esecuzioni scaligere del Barbiere e della Cenerentola nelle prime edizioni critiche curate da Alberto Zedda, a fornire il più felice impulso al decollo della grande operazione scientifica ed editoriale avviata in quegli anni da Fondazione Rossini e Casa Ricordi”. Mariotti ricorda quell’esperienza epocale nel suo libro Suite della bellezza dimenticata: “[…] fu un evento irripetibile e anche un’emozione senza paragoni per ciascuno di noi. Eppure, strano a dirsi, un’emozione forse ancora più profonda e gratificante, sebbene di altro genere, credo di aver provato solo pochi mesi dopo, ascoltando in televisione un concerto di Claudio Abbado da Versailles, quando vidi annunciare sul video (per la prima volta!) un brano dello stesso Viaggio a Reims. Si trattava di Medaglie incomparabili interpretato da Ruggero Raimondi, e la soprascritta elencava nel modo canonico: nome dell’autore, titolo dell’opera, titolo del brano, nome dell’interprete, esattamente come sarebbe avvenuto per Traviata o per Bohème. Insomma, solo in quel momento, così assolutamente normale, realizzai con un tuffo al cuore che l’opera a cui tanto avevamo lavorato volava con le sue ali, era entrata tranquillamente nel repertorio, faceva parte del patrimonio del mondo, e soprattutto sarebbe sopravvissuta al nostro lavoro e alle nostre stesse vite”.
Le quasi tre ore di musica del Viaggio a Reims sono formate da tre arie, due duetti e quattro grandiosi pezzi di insieme, tra cui un gran pezzo concertato a 14 voci (A tal colpo inaspettato) e un finale estremamente composito; secondo le parole di Alberto Zedda “Il viaggio a Reims rappresenta una luminosa metafora del rossinismo, per la sua natura ambigua di opera-non opera: refrattaria a ogni definizione, risponde egregiamente al capriccio di un musicista che sfugge i percorsi della verosimiglianza e della logica”. La musica del Viaggio, oltre che nel Comte Ory, fu utilizzata, contro la volontà dell’autore, per due pasticci: Andremo a Parigi? (1848) per onorare i moti rivoluzionari della capitale francese e Il viaggio a Vienna (1854), per un matrimonio degli Asburgo. Per molto tempo si è pensato che la partitura fosse addirittura andata distrutta, ma il lavoro di studiosi quale Philip Gossett e Alberto Zedda ne ha permesso la restituzione allo stato di integrità e la ripresa. A fronte di un libretto di assoluta inconsistenza quanto a trama, la musica del Viaggio a Reims è ai massimi livelli dell’invenzione rossiniana, perfettamente astratta, nonché (caso quantomai raro, trattandosi di Rossini) tutta originale e senza alcun autoimprestito, motivo per cui l’opera viene appropriatamente definita “Rossini allo stato puro”. La messa in scena per il ROF 2024 coincide anche con il decimo anno da che Claudio Abbado ha lasciato questo mondo, rivestendo così un’importanza ancora maggiore per il dovere morale di ravvivarne la memoria. Abbado sapeva interpretare Rossini con ineffabile levità e a fine 1983, poco prima del “Viaggio” pesarese del 1984, aveva brillato in un’eccellente “Italiana in Algeri” nella stagione scaligera; a lui è legata la ripresa nel 1992 del “Viaggio”, che aveva suscitato sensazione al Comunale di Bologna, come pure è legato un memorabile Gala rossiniano dello stesso anno, sempre a Bologna, con la Chamber Orchestra of Europe. La sua levigata stringatezza stilistica si era già manifestata nella Cenerentola del 1981 (con la regia di Jean-Pierre Ponnelle), né sono da dimenticare le messe in scena del “Barbiere di Siviglia” nel 1969 (anno di pubblicazione dell’edizione critica di Alberto Zedda), a Salisburgo con i Wiener Philarmoniker e alla Scala.
L’omaggio reso quest’anno si apriva con l’inusuale vista di una sterminata fila di leggii a occupare il proscenio, quelli necessari alle diciotto parti dell’opera (rese da diciassette voci); molti i cantanti eccellenti in prima linea, oltre all’Orchestra Nazionale della Rai che forniva un supporto strumentale ottimamente nitido ed espressivo, del quale venivano percepiti anche i minimi dettagli della partitura, anche grazie alla conduzione vivace quanto rigorosa e precisa di Diego Matheuz.
Brillanti gli interventi dell’arpa nell’accompagnamento di Corinna e del flauto nella Gran Scena e Aria di Milord; il coro svolgeva encomiabilmente il suo compito, calibrando il volume e intervenendo con precisione, in ottima collaborazione con il podio. Un vero peccato per il sillabato di Madama Cortese, completamente sommerso da orchestra e coro; il pubblico si mostrava generoso con tutti, anche nei confronti di un Cavalier Belfiore piuttosto statico nell’espressività, deuteragonista meno convincente nel duetto con Corinna.
Accolte da ovazioni di durata eccezionale l’aria di una meravigliosa Contessa di Folleville con Jessica Pratt, quelle di Corinna in cui Vasilisa Berzhanskaja teneva tutti col fiato sospeso e assottigliava la voce in modo incredibile (senza per questo lesinare nella durata delle note tenute), dominando un registro acuto ben lontano dalla sua naturale estensione di mezzosoprano; ovazioni dello stesso calibro per l’esilarante catalogo di Don Profondo, per la Gran Scena e Aria di Lord Sidney, per il duetto Melibea – Libenskof. Adeguatamente ricompensate da una sala in preda all’entusiasmo le ottime prestazioni del barone di Trombonok e di Don Alvaro; Don Prudenzio e Maddalena risaltavano adeguatamente, nella brevità delle loro parti; indispensabili all’equilibrio dell’esecuzione i ruoli di Modestina, Delia, Don Luigino, Antonio, Zefirino (e Gelsomino), che prevedono interventi davvero minimali.
La passerella degli artisti, tra gli applausi prolungati in una sala affollata, segnava anche la conclusione di questa edizione, di durata eccezionale rispetto allo standard, del Rossini Opera Festival, rivelatasi nel complesso (cosa niente affatto scontata) molto ben riuscita, appagante sotto il profilo qualitativo e sotto quello dei contenuti.