Busseto (Pc), Teatro Verdi, 18 ottobre 2024, ore 15.30
Festival Verdi 2024
Un ballo in maschera
melodramma in tre atti su libretto di Antonio Somma
da Gustave III ou Le balmasqué di Eugène Scribe
regia di Daniele Menghini
scene di Davide Signorini
costumi di Nika Campisi
luci di Gianni Bertoli
coproduzione con Teatro Comunale di Bologna, Fondazione Rete lirica delle Marche.
Direzione di Fabio Biondi
Orchestra Giovanile Italiana
Coro del Teatro Regio di Parma
Diretto da Martino Faggiani
edizione critica a cura di Ilaria Narici (The University of Chicago
Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano).
personaggi e interpreti
Riccardo GIOVANNI SALA
Renato KANG HAE
Amelia ILARIA ALIDA QUILICO
Ulrica DANBI LEE*
Oscar LICIA PIERMATTEO*
Silvano GIUSEPPE TODISCO
Samuel AGOSTINO SUBACCHI*
Tom LORENZO BARBIERI
Un giudice/ Un servo di Amelia FRANCESCO CONGIU*
* Allievi e già dell’Accademia Verdiana
ph Roberto Ricci
I titoli noti del grande repertorio verdiano non sono mai scontati nel Festival che il Teatro Regio di Parma gli dedica specie in questi ultimi anni dove tra edizioni critiche e adattamenti, la musica di Giuseppe Verdi ha ancora la capacità di suscitare sorprese, coinvolgendo anche Fidenza e Busseto con loro piccoli ma storici teatri. In questa edizione 2024 se a Fidenza è stato proposto un Attila in forma di concerto, a Busseto si è allestito ex novo Un Ballo in maschera. Sorprende come un piccolo teatro con la sua platea da una settantina di posti, quando viene aperta la buca dell’orchestra, con due file di palchi e un loggione con una capienza massima di 220 spettatori riesca ad accoglier anche una produzione che si presenta impegnativa sia dal punto di vista musicale che di allestimento. Ma la nota del direttore Fabio Biondi scelto per la produzione ci ricorda che lontano dai grandi palcoscenici italiani, il teatro lirico si producesse in spazi assai ridotti e per questo fosse implicito ridurre l’organico orchestrale in relazione alla esiguità degli spazi. Operazione che a Busseto ha trovato in queste ultime edizioni una sua logica presentando orchestrazioni ex novo con i progetti curati da Alessandro Palumbo, mentre quest’anno il progetto ha voluto portare sempre una orchestra ridotta ma che rendesse giustizia alla musica dell’opera così straordinaria. La parte musicale era affidata a cantanti debuttanti nei rispettivi ruoli integrati dagli allievi dell’Accademia Verdiana che si sono alternati nelle cinque date delle rappresentazioni. La dimensione raccolta dello spazio teatrale ha permesso di percepire le voci ben proiettate nello spazio teatrale. E qui la riuscita è stata sorprendente anche nell’ultima rappresentazione, voci con la giusta preparazione nei ruoli con l’esuberanza e la malinconia del Riccardo del giovanissimo Giovanni Sala, cantante formatosi sul repertorio mozartiano ma che con voce piena ha delineato il suo personaggio senza cedimenti sia nei momenti del grottesco del primo atto come nei momenti di piena liricità. Accanto, l’Amelia di Ilaria Alida Quilico che ha dimostrato di possedere una voce forte con ampie escursione nel registro lirico e in possesso di una chiara linea di canto e di notevoli qualità interpretative.
Convincente in qualsiasi passaggio del suo personaggio Kang Hae nei panni di Renato interprete sicuro e attento ai vari passaggi di umore che caratterizzano il suo personaggio. Sorprendente l’Ulrica del contralto Danbi Lee, cadaverica Elisabetta I, allieva dell’Accademia in possesso di notevoli mezzi vocali in grado di spaziare dai timbri più profondi del suo registro e di ampia estensione. Come l’Oscar di Licia Piermatteo con una vocalità spumeggiante predisposta per descrivere le agilità del personaggio. Come validi i congiurati di Agostino Subacchi (Samuel) e Lorenzo Barbieri (Tom) si sono presentati consapevoli dei ruoli in scena, come il resto della compagnia con Giuseppe Todisco (Silvano) e Francesco Congiu (Un giudice / un servo di Amelia). Tanto della riuscita dei personaggi delineati a tutto tondo lo si deve anche dal lavoro che il giovane regista Daniele Menghini ha svolto su tutto l’ambito del dramma. Si porta dietro il bagaglio di essere stato tra gli aiuti registi del progetto Gustave III della versione originale verdiana del Ballo, in quello che fu l’ultima regia di Graham Vick al Festival Verdi del 2021, incompleta, portato a termine da Jacopo Spirei.
Tutta la vicenda è letta come una corsa all’abisso di un sovrano stravagante e ambiguo; infatti la struttura di Menghini non si discosta di molto da quell’impianto ideologico del grande maestro inglese riproponendo l’aura grottesca di morte che pervade l’impianto scenica con il trono catafalco teschi e scheletri sparsi in qualche modo, assieme all’ambiguità fluida di Riccardo. Nelle scene d’assieme prevalgono le sbornie collettive da post festini dove scorre di tutto e di più: i palloncini che scoppiano danno inizio e concludono il percorso scenico. “Un monumento al piacere su cui aleggia l’ombra della morte” spiega il regista nelle note di sala. Costumi che spaziano da una ricostruzione da mascherata piratesca da parte di chi partecipa allo scambio dei ruoli, di contro ad una contemporaneità rassicurante con Amelia, Renato e i congiurati che vestono infatti eleganti smoking stile anni ’60. Ma alla fine tutto prosegue fluidamente, con il risultato che il gioco delle relazioni tra i personaggi emerge di prepotenza supportati dalla musica stessa che determina i gesti e gli accenti sotto la direzione di Biondi, assieme all’ Orchestra Giovanile Italiana, che non risparmia una gestione della buca orchestrale molto sostenuta: spesso gli eccessi di suono nel piccolo spazio hanno creato disequilibri tra le sezioni. Sempre pronto il coro diretto da Martino Faggiani, pienamente inserito nella struttura scenica. Ma alla fine l’opera è fatta di voci che qui si sono fatte valere con l’orgoglio della prima volta.
Un Ballo in maschera 2024 ph Roberto Ricci