Sguardi all’orizzonte, per vedere dov’è il futuro
Nomadi
Anni di frontiera
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Viaggiare è una necessità comune a tutti gli esseri umani. È la ricerca di un “altrove” possibile. L’artista è viaggiatore. La mobilità è tanto intrinseca al suo lavoro quanto imprescindibile. Lo è dalla notte dei tempi. Ma viaggiare è una necessità comune a tutti gli esseri umani. È la ricerca di un “altrove” possibile. Oggi, dopo lunghi mesi di isolamento e di privazione degli spostamenti, il viaggio assume un significato ancor più necessario. Non si tratta di abbandonare il mondo nel quale ci siamo sentiti imprigionati ma semplicemente di andare “al di là” della propria circoscritta umanità che la pandemia ha reso più stringente. Isolati, abbiamo avvertito più forte la necessità dell’incontro con l’altro, di conoscere nuovi orizzonti. Come gli artisti sentiamo urgente la voglia di vagabondare, di farci trasportare in luoghi diversi. Da qui l’idea di un programma contaminato da artisti che rifiutano di radicarsi in un’identità fissa, che amano esplorare, trasmettere, entrare in contatto con il territorio osmoticamente, per dare e ricevere conoscenza. Artisti desiderosi di lottare, denunciare e di recuperare l’istintività del contatto, peculiare nell’arte della danza. Come ricorda Michela Lucenti, nuovamente ospite al Festival con un progetto per il suo Balletto Civile (FIGLI DI UN DIO UBRIACO. Incursioni fisiche sui Madrigali di Claudio Monteverdi) e un lavoro specifico sul territorio trentino con amatori (20 DI/VERSI. Madrigali Contemporanei), oggi la domanda non è più l’amletico “essere o non essere” bensì “essere con l’altro o contro l’altro”, ritrovare il senso di comunità nel viaggio: senza prossimità, senza ascolto dell’altro non si forma alcuna comunità. Una comunità potente, mossa da istinti viscerali e da un movimento contagioso è protagonista dello spettacolo inaugurale: POLITICAL MOTHER UNPLUGGED firmato dall’israeliano Hofesh Shechter per la sua Shechter II, per la prima volta a Oriente Occidente. Un viaggio nella ribellione tellurica di un gruppo di giovani tra immagini digitali e musica ad alti decibel.
Da sempre sul filo della denuncia, alla ricerca di una verità relazionale e sociale, Maguy Marin è di ritorno a Oriente Occidente con il suo seminale Umwelt, un tourbillon di apparizioni e sparizioni sulla disfatta del mondo travolto dal consumismo e dalla rincorsa estenuante di un qualcosa non ben identificato. Al limite del surreale è la poetica “nomade” di Peeping Tom. Nel dittico The missing door e The lost room, in prima nazionale a Rovereto, in una freudiana casa della mente, anime stravaganti perse nel tempo e nello spazio sono alla spasmodica ricerca dell’altro.
È il tema dell’esilio, della condizione morale di chi si sente estraneo al mondo in cui vive, il focus di Elegìa delle cose perdute, articolato progetto di Zerogrammi nato proprio da un viaggio-residenza della compagnia in zone incontaminate della Sardegna, il cui caratteristico paesaggio diviene cornice del film correlato allo spettacolo. Vivono nell’attesa che scorra anche il quinto inverno i protagonisti di The Fifth Winter Pep Ramis e Maria Muñoz, ovvero Mal Pelo, di ritorno al Festival dopo il successo dello scorso anno. La loro peregrinazione mentale incontra poi quella musicale dei preludi e fughe del Clavicembalo bel temperato in Bach, assolo interpretato da Federica Porello, nel quale prendono corpo fino all’esaurimento fisico le estenuanti variazioni del compositore tedesco e le voci del contrappunto.
Sempre sul tema dell’attesa rimugina Chiara Bersani, dando voce a chi si sente smarrito, a chi non sa agire. Globale, peregrina, per radici e culture, la coppia d’arte e vita Wang-Ramirez. Lei tedesca-coreana, lui franco-spagnolo con il nuovissimo YouMe. You are you and me I’m me allargano ulteriormente gli orizzonti geografici portando sul palco una danzatrice greca di hip hop, una bailaora di flamenco e una violoncellista francese per costruire un dialogo, un faccia a faccia di movimento e musica, di storie e vissuti. Protesta, invece, il corpo di Daniele Ninarello – artista associato per l’ultimo anno a Oriente Occidente – in NOBODY NOBODY NOBODY. It’s ok not to be ok, durational performance site specific per il Mart ma anche assolo da one-man-show nel quale dà voce e forma al processo di autocoscienza che le costrizioni fisiche della pandemia hanno prepotentemente fatto riaffiorare. Un “urlo” simile, questa volta di una generazione negata, emerge dalla rilettura della stravinskiana Sagra della primavera di Carlo Massari in Right, creazione al femminile per la fiorentina Compagnia Opus Ballet. Viaggia alla scoperta dell’origine dei propri istinti a partire dall’osservazione dei corteggiamenti degli uccelli Pablo Girolami, autore emergente della scena europea che il CID ha accolto in residenza per la nuova creazione Manbuhsona. Cerimonia dal sapore antico, nella quale il percorso del singolo tocca la collettività, è Choròs. Il luogo dove si danza, progetto originale di Alessio Maria Romano per la Campana dei Caduti di Rovereto alle prime luci dell’alba. Un incontro con l’altro profondo e rispettoso intorno al monumento che celebra la pace nel ricordare i caduti di tutte le guerre. Itinerante alla ricerca dell’amore è la Juliette on the Road di Loredana Parrella, performance liberamente ispirata al Romeo e Giulietta di Shakespeare che il pubblico seguirà per le strade di Rovereto. Mira ad abbattere le barriere e l’isolamento il percorso quadriennale Europe Beyond Access, progetto europeo di cui Oriente Occidente è partner e promotore, la cui conclusione vede la presentazione di quattro duetti nati in questi anni: Feeling Good di Diego Tortelli, Cornered, della giovane coreografa Faizah Grootens, Re-call di Venetsiana Kalampaliki e Fine lines di Roser López Espinosa. È un’architettura acrobatica e aerea che nasce nomade quella del circo. Nelle sue declinazioni contemporanee ancor più tentacolare e global: il collettivo marocchino CIE Colokolo lo testimonia nella confluenza a Casablanca di artisti il cui percorso formativo nelle varie arti della bascula coreana e ungherese, della giocoleria, del parkour e dell’hip hop si ritrovano in Chouf le ciel! accompagnati anche dai canti della tradizione araba, spettacolo che promette di conquistare il cielo al pari delle evoluzione aeree dei francesi À Fleur d’Airs.
Lanfranco Cis
direttore artistico