Verona, Teatro Filarmonico, sabato 19 febbraio, ore 17
2° Concerto della Stagione Sinfonica 2022 della Fondazione Arena di Verona
Direttore Marco Alibrando
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
W.A.Mozart, Serenata n. 10 KV 361 “Gran Partita”
R.Strauss, Serenata op. 7
K.Weill, Suite da L’Opera da Tre Soldi


Il Secondo Concerto della Stagione Sinfonica offriva nella programmazione un’interessante percorso cronologico con partiture di non comune ascolto. Ne è prova il fatto che per la Serenata op. 7 di Richard Strauss fosse la prima esecuzione al Teatro Filarmonico. Forse per la proposta poco nazional-popolare il pubblico in sala appariva esiguo, ma i presenti hanno potuto gustare un’esecuzione curata e convincente, con la curiosità di scoprire pagine poco note di autori noti. Anzitutto la monumentale Serenata “Gran Partita” del genio salisburghese, che in queste pagine sfida le convenzioni del genere con l’ampiezza dell’organico, della durata e della complessità della scrittura, abbandonando i codici della musica d’intrattenimento per aprirsi al registro sinfonico. Il brano è articolato in sette movimenti: LargoMolto Allegro, Minuetto, Adagio, Minuetto, Romanza, Tema e Variazioni, Finale; ognuno ornato con fantasia a volte capricciosa ma sempre caratterizzante. La posizione dell’ensemble, collocato su una gradinata che dal palco scendeva in platea, non risultava del tutto funzionale, in quanto gli strumenti posti in platea venivano in parte coperti dalla prima fila di sedie. Alcuni piccoli accidenti meccanici hanno condizionato a più riprese alcuni elementi, che hanno saputo comunque ottimamente reagire all’imprevisto. Fin dall’inizio la conduzione di Marco Alibrando, al debutto come direttore al Teatro Filarmonico, appare sicura nella conduzione del tempo quanto attenta nell’approfondire gli aspetti espressivi. Il gesto preciso e coerente disegna un fraseggio di grande leggerezza senza perdere mai eleganza, ricercando i contrasti ed evitando volgarità non richieste. Molto interessante la ricerca di voci interne per impreziosire ulteriormente l’ascolto. Qualche pecca nell’intonazione degli accordi iniziali come di alcuni passi interni o, a tratti, nella definizione del fraseggio delle voci gravi non tolgono nulla al valore di cambi d’atmosfera e di affiatamento nell’insieme, restituendo il fascino di questa partitura. Le individualità emergono ottimamente nei momenti solistici o che richiedono una bravura tecnica ed espressiva, con speciale menzione per la prova del Primo Oboe.
La Serenata op. 7 di Richard Strauss, omaggio non troppo velato al brano precedente, è un lavoro giovanile che accoglie le atmosfere passate ma presenta già in nuce la futura vena realizzativa del compositore bavarese, ancora studente. La lettura che ne viene data sottolinea gli elementi classici e viennesi, senza lasciare troppo spazio ad una interpretazione tardo romantica. L’insieme dell’ensemble come gli effetti di colore prodotti sono estremamente efficaci e comunicativi per l’ascoltatore, offrendo un’esecuzione assolutamente godibile. Il gesto direttoriale rimane sempre sobrio, trasmettendo con precisione la volontà del direttore, sia per quanto riguarda l’agogica che la ricerca del colore espressivo. Unico alone qualche imperfezione di intonazione nella sezione degli ottoni.

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 Felice prodotto della collaborazione fra Weill e Brecht, l’Opera da Tre Soldi, che si rifà alla denuncia sociale settecentesca de l’Opera del Mendicante di John Gay, opera una feroce satira della società capitalista utilizzandone i linguaggi musicali più identificativi. Troviamo in questa Suite in otto movimenti quindi la musica leggera, il cabaret, l’operetta, il jazz e alcuni fra i più popolari passi di danza dell’epoca. La grande arte di Kurt Weill si rivela nella capacità di dotare questa apparente semplicità di grande profondità e sapienza compositiva, ricercando ora nel ritmo, ora nell’armonia, ora nel timbro un esito ben definito che possa trasmettere all’ascoltatore il messaggio di protesta e la condanna della borghesia. L’esecuzione mostra un’ampia gamma di colori e sonorità, da intima e suadente a roboante e rutilante. Va sottolineata sia nel direttore che nell’ensemble la capacità mimetica di saper cambiare stile per adattarsi, riuscendo in questo modo a rendere efficacemente le diverse caratteristiche di brani così eterogenei. Tutto è pervaso da un gustoso brio ed un suono sempre curato ed elegante, mai caricaturale o marcatamente espressionista, rispondendo sempre alla gestualità del direttore. Essendo per l’appunto un lavoro di denuncia sociale ci si poteva aspettare una ricerca timbrica più marcata e grezza, come è possibile ascoltare in determinate registrazioni, ma le scelte del Maestro Alibrando risultano sempre logiche e coerenti. Meritano una nota speciale i numerosi momenti solistici resi sempre con bravura e fascino.

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