È allestita fino al 9 agosto alla galleria civica «Giuseppe Craffonara» la retrospettiva di pittura dedicata, a due anni dalla scomparsa, a Germano Alberti (1933-2020).
Germano Alberti, figlio dell’altrettanto illustre “Tonin” Alberti, è stato pittore e scultore. È noto per il Cristo Silente, celato alla vista nelle acque del Garda al porto San Nicolò, e per i quadri che ritraggono i paesaggi rivani e i suoi amati fiori. Personaggio noto e stimato a Riva del Garda, è stato anche un protagonista della vita sociale e culturale della sua città. Per chi conosce Riva del Garda, la sua bottega d’arte in via Fiume era un passaggio obbligato per i suoi concittadini come per quei turisti amanti dell’arte. Fiori, barche sul lago, i volti dei suoi concittadini, erano i soggetti preferiti da Alberti, ma questa retrospettiva ci porta a conoscere anche un’altro aspetto dell’artista, profondamente legato alla natura che lo circondava, fino a descriverla nei minimi particolari: le olivaie, le antiche strade interpoderali con i muri a secco, le acque dei boschi.
A due anni dalla scomparsa, su iniziativa della famiglia è stata allestita questa retrospettiva, inaugurata sabato 23 luglio dalla storica Maria Luisa Crosina, presente per l’amministrazione comunale il vicesindaco e assessore alla cultura.
«Credo che questa mostra faccia risaltare molto chiaramente -ha detto la prof.ssa Crosina- non solo quella che fu l’arte pittorica dell’artista Germano, ma anche il pensiero che la sorresse. Tutto il percorso è scandito dai versi che Mogol scrisse per la canzone l’Aquilone, versi che in questo contesto appaiono veramente esplicativi e illustrativi. “Con i colori si può cancellare il più avvilente e desolante squallore”. Ecco.. i colori. Quelli che ancora esistono sulla sua tavolozza che noi vediamo nella gigantografia dove l’artista è ritratto e sembra ancora aprirci la sua botega, quella che egli aveva battezzato “la botega del pitor”. Con i colori, ritraendo la realtà, non modificandola, non interpretandola, ma riportandola al suo stato originario, Germano Alberti dipingeva la sua realtà interna, che coincideva con quella esterna, come egli la vedeva, la “sentiva”, come egli avrebbe voluto che fosse rimasta o rimanesse».
«La fonte è il lago -ha detto, ancora, la prof.ssa Crosina- il paesaggio benacense con tutti i suoi colori e la sua gioia di vivere e di gustare l’incontro con la natura” così egli si era espresso in un’intervista. Un lago riportato al suo stato naturale, non contaminato, troppo spesso, dell’uomo, la cui presenza è da lui solo evocata mediante una casa, alcuni muri a secco consunti dal tempo, un viottolo. Il lago, l’acqua, fonte di vita, così diversa nei vari momenti del giorno e delle stagioni. Ed ancora l’acqua che scroscia nel bosco ed unisce la sua voce a quella del vento e degli uccelli».