– Siamo a profondità 020, Capitan.- Copritemi tutta la zona con il Sonar, fino al fondo… Jones? Occhio agli segnali, anche piccoli…
A ritmo di crociera stiamo scrutando le profondità, tanto la nostra strumentazione è così sensibile che bisogna filtrare accuratamente i segnali entranti. La musica nella regione è talmente ricca e diversa che dobbiamo scartare certi rilevamenti. Dal musicista professionale, al vecchio lupo dei palchi di sagre e festival, al gruppo di cover che gira i bar da 20 anni, alla “Tribute band di Litfiba” o di Giorgio Gaber fino al principiante che tira fuori la tastierina lucida dal suo cartone, alla prima comunione o natale, dando un gran sorriso di soddisfazione alla mamma, tutto questo ci dà un click. Siamo a caccia di musica originale scritta in camera da letto, o su una tovaglia di carta in pizzeria, mentre l’attenzione si distacca da una conversazione, già sentita mille volte. Le nostre prede sono inspirate, scritte, provate, registrate, e suonate in Trentino, in un largo ventaglio di generi, non tutti generi, ma un largo ventaglio.
– Segnale nel 220, Rotta nel 330, velocita 8 nodi, distanza 13 miglia, profondità 075. Nuova firma sonar in trattamento.
– Stanno risalendo pieno Nord ma a nostra dritta… Ferma propulsione, lasciatemi pensare un attimino…
– Firma sonar degli Kalte sterne, uno schedato.
– Capo? Faccia parte della nostra scoperta a l’Intel e ci chiede un dossier su Kalte… cosa?
– Kalte sterne, Capitan, vuole dire stella fredda in tedesco. Chiedo il dossier da subit…
Speriamo che non ci hanno sentiti… Noi, dobbiamo piombare fino alla loro profondità e fare una larga virata a peso morto per finire nella loro scia. Una volta dietro non avranno la possibilità di sentirci.
– Riempire i ballast, inclinare 5 gradi a dritta su l’assetto. Secondo, ci tiene d’occhio la discesa che sia lenta fino a 075 e la nostra virata bella larga. La loro rotta passa a 6 miglia di dritta.
– Bel colpo Capitan, ho ben capito, vuole infilarci dietro… e una volta passati…
– Come lei sa fare, Secondo… Come lei sa fare.
Il capo Centrale riesce a beccare, di mezzo alla nostra discesa, un rapporto sul telex della rete flash prima che siamo troppo profondi:
– Allora, Kalte Sterne sembra essere un trio, ma è un duo composto da uno schedato Edoardo Troilo detto “Dodo” alla chitarra e canto, ha suonato con I Steven Sigal, Atacama Death Experience e ultimamente con i Loyal Wankers su di quale abbiamo coperto tre missioni, è accompagnato da Sirio Manfrini al basso. Alexis invece non è una persona ma una scatola a ritmi di marca Alexis, modello R16, su di quale son programmati le partiture di batteria. Il mini album di 5 brani è stato registrato artigianalmente a casa in giugno 2022 poi pubblicato il 18 giugno 2022. Si può trovare su Bandcamp. La copertina è veramente NOTEVOLE; rappresenta un Roller-coster abbandonato nel New Jersey ed è stata lavorata da Edoardo Troilo in persona. Credo sia tutto…
– Grazie Capo… Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio, Cominciamo!
A guardare i primi dati dello scanner siamo su un rock scuro alla consistenza superficiale dei Joy Division, Killing Joke, con sonorità dei Chameleons UK e atmosfere alla The Cure nel periodo; trucco-messo-in-faccia-durante-il-Parigi-Dakar. Una specie di tuffo negli anni 80, negli ambienti scuri ed esperimentali del post punk d’oltre manica. Un periodo che aveva portato un underground ricco di Clock DVA, Pulp, Red Lorry Yellow Lorry, the March violets, Cabaret Voltaire, Jesus and Mary chain e tutto un movimento nato sulle rovine della defunta industria di Leeds e Sheffield. Margareth Thatcher al potere. Tutto un periodo. Tutti disoccupati. Tutti senza il soldo. La registrazione sembra presentarsi qui con il minimo o l’inesistenza di post produzione. Un aspetto non tanto grezzo e straordinariamente accattivante emana dei 5 brani, con suoni di basso magici, l’ombra di Paul Raven sopra la maggior parte di loro, un suono di chitarra che determina l’atmosfera dei brani, una voce messa allo stesso livello degli altri strumenti, certe volte seppellita alla Yatus (TN) senza essere inaudibile. I testi sono di stessa consistenza che quelli dei Loyal Wankers; qualche frase rare e concise, ripetute due o tre volte durante il pezzo, lasciando il pensiero determinare il significato, a secondo dell’uditore.
Il Secondo conclude la manovra e ci posiziona nella scia del rilevamento:
– Rotta nel 00, avanti 8 nodi.
“Black out” è una canzone relativamente calma, un tempo medio che ricorda i Cure nelle prime misure. L’atmosfera è mistica “Ho visto il sole scendere, ma le ombre rimangono…” Il basso fa da tenda fondale e rimane in secondo piano durante i passaggi cantati, ma risorge pienamente sulle parti strumentali, imponendo la sua presenza gonfiata su tutto l’orizzonte. La chitarra si fa più melodica e descrive, con la voce, un accattivante motivo. Rumori sintetici aprono “Shit before my eyes”. Lo stile passa a Killing Joke su un ritmo molto più nervoso. La partitura del basso si fa più elaborata e sale leggermente nella parte media dello spettro auditivo, la chitarra prende contorni più sfusi e meno definiti. La canzone tratta della dipendenza allo schermo nella nostra vita odierna. In tasca la maggior parte del tempo, facendoci ignorare gli altri umani, giocare e scommettere fino a perdere tutto, specchio della vanita, a caccia di pollici alzati. Come AC/DC diceva nella canzone “Who made Who?” al soggetto dei video giochi, questa volta: Non è tuo, lui ti possiede da cima a fondo…. L’uomo libero di consumare, paga a rate, il suo proprio guinzaglio.
“Craves” mi ricorda un po’ The Chameleons UK attraverso le sonorità della chitarra e i doppi e tripli colpi sulla rullante del ritmo programmato. Il suono del basso si rituffa nelle basse frequenze, non senza partecipare attivamente alla melodia del brano. Il testo è ribadito due volte nel giro della canzone, ma rimane un po’ ermetico… magari iniziando con una “G” sarebbe più vicino al contenuto delle parole: “a million people die, another burial ground.”
C’è un ritmo sfrenato che introduce lo stupendo “Just because” che mi ricorda Stephen Morris; il batterista di Joy Division e New order. La voce è più immersa nel eco e rimane intelligibile dall’inizio ripetuto di ogni verso: “What about…”. Il suono del basso diventa più aggressivo e vibrante, assomiglia ad un motore quando è suonato nella parte alta del suo manico, si avventura anche in un assolo nel bel mezzo della canzone. La melodia del canto aggancia l’orecchio nel ritornello, composto di una sola frase. La mia traccia preferita sul EP, un ripieno di energia e di melodia.
“We always knew” è un lento appoggiato del tutto su un basso lancinante, la voce sparisce come un’entità melodica seppellita nel eco, fino a diventare incomprensibile, come i vocali di “Yatus”. La sintassi del testo rimane di consistenza telegrafica, eludendo articoli e soggetti nella scrittura. La traccia rimane la più lunga del mini album e lascia spazio agli interventi puntuali della chitarra che appare negli spazi lasciati liberi dai vocali. Sembra mescolarsi al pianto di una misteriosa tastiera sul finale del pezzo, lasciandosi assorbire del tutto, per sparire con essa, nel finale.
Questo tuffo nelle atmosfere scure e melancoliche di questa epoca è del più rifrescante, al meno per chi ha vissuto il periodo, comprato vinile, calzato le cuffie e ascoltato in cerchio chiuso gli album, finché lo solco non potesse più corrispondere alla denominazione “alta fedeltà”. Io guardavo stranamente i primi Compact Disq uscire e consideravo lo spazio destinato agli inserti, testi, fotografie di copertina, ridotte ad una superfice troppo ridicola per essere considerata seriamente. La contemplazione di certi inserti intricati dell’epoca era un viaggio equivalente a quello della musica e spesso non poteva andare senza. Siamo di nuovo puntati a Nord, in direzione della base, decido di lasciare Kalte Sterne distanziarci e di tornare alla base a passo di senatore.
– Ridurre a velocita 5 nodi! Secondo, li lascio il centrale. Fra mezz’ora ritorniamo a profondità 020, storia di annusare qualcosa sulla via del ritorno…
-Aye aye, sir!

 

 

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