Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino 3 maggio 2023 ore 19
85° Festival del Maggio Musicale Fiorentino
DON GIOVANNI
Dramma giocoso in due atti KV 527
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Maestro concertatore e direttore Zubin Mehta
Regia Giorgio Ferrara ripresa da Stefania Grazioli
Scene Dante Ferretti/Francesca Lo Schiavo
Costumi Maurizio Galante
Luci Fiammetta Baldiserri
Allestimento del Festival dei Due Mondi di Spoleto
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Don Giovanni Luca Micheletti
Leporello Markus Werba
Donna Anna Jessica Pratt
Don Ottavio Ruzil Gatin
Donna Elvira Anastasia Bartoli
Zerlina Benedetta Torre
Masetto Eduardo Martínez Flores
Commendatore Adriano Gramigni
L’85° Festival del Maggio Musicale Fiorentino si lascia alle spalle le problematiche che hanno travolto la dirigenza teatrale assieme alla programmazione a suo tempo annunciando, affidando l’inaugurazione al confermato Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, unico titolo del progetto che doveva presentare la trilogia dapontiana. Rispetto a quanto previsto, un don Giovanni con la regia dell’inglese di David Puntney, si è preferito optare per il tranquillo allestimento proveniente dal Festival dei Due Mondi di Spoleto del 2017 e passato a Bari nel 2021. Nulla di nuovo, quindi, trattandosi di uno spettacolo collaudato, di impianto tradizionale, coerente con la cronologia del libretto di Lorenzo Da Ponte: nessuna bizzarrìa registica, nessuno stravolgimento o dietrologia del testo settecentesco, nella regia Giorgio Ferrara qui a Firenze ripresa da ripresa da Stefania Grazioli. Una regia che fa propria l’idea di ricreare nell’opera mozartiana quello spirito notturno, inquieto e di morte velata con la presenza in scena di cenotafi funebri, e degli attori che in scena si presentano velati, come se i personaggi prendessero vita dalla memoria di un passato monumentale. Del resto Don Giovanni è un monumento della cultura universale, continuato nel tempo fin dalla sua apparizione del teatro barocco spagnolo e rimarcato dalla riflessione del filosofo ottocentesco Søren Kierkegaard per il quale soltanto la musica può esprimere adeguatamente l’erotismo immediato, la “genialità sensuale” di don Giovanni che incarna quell’”amore sensuale” dell’essere sicuro di sé come vincitore nel godimento dell’attimo sull’angoscia esistenziale, al di sopra dell’irrequietezza e della noia. Una riflessione che viene richiamata dalle citazione del filosofo danese nel corso dell’Ouverture con l’apparizione di alcune sue citazioni in didascalie sul senso della musica: una rapida comparsa in scena di un personaggio in veste ottocentesca che si defila rapidamente sule note iniziali dell’opera, forse il filosofo stesso, rimane l’unica concessione nei confronti delle modalità registiche correnti. Liberata da tanti orpelli interpretativi il libretto di Da Ponte fa emergere in tutto la sua critica sociale nei confronti di una società nobiliare che si vanta di salvaguardare onore e morale ma usa all’inganno e alla perversione.
Le scene di Dante Ferretti/Francesca Lo Schiavo e costumi Maurizio Galantesi restituiscono una dimensione di un settecento riconoscibile e colorato, con l’uso di maschere per i camuffamenti; le luci, di quella gran maestra del gioco dell’illuminotecnica che è Fiammetta Baldiserri, riescono a ricreare soffusi controluce su una scena in cui fanno da sfondo iconografie da pitture parietali di un Classicismo di maniera e dove il ricordo della morte si fa costante tramite statue che fanno da contorno a quella che sarà l’icona del Commendatore. In questo modo, ciò che scorre in palco, diventa didascalia e accompagnamento all’esecuzione musicale. Zubin Mehta ne diventa profeta con la sua direzione e lettura molto pacata che non si fa carico di tensioni emotive o di una interpretazione memoriale, ma dove tutto deve scorrere nei tempi che decide lui e sui quali l’orchestra e il cast rispondono consapevolmente. Un cast variamente composito, ciascuno con la propria personalità vocale a contorno dell’esuberanza drammatica di Luca Micheletti, protagonista, che primeggia in maniera assoluta come un Don Giovanni consapevole della sua lussuria, vocalmente sfrontato nella sicurezza dei suoi mezzi vocali. Il baritono Markus Werba debuttante nel ruolo di Leporello, si misura con una voce ancora non perfettamente modellata per il personaggio ma capace di connotare un servo tra ingenuità e furbizia.
Jessica Pratt si consolida nel ruolo di Donna Anna e delinea, con a sua vocalità attenta ai filati e a smorzare l’asprezza della scrittura mozartiana, un personaggio liricamente autorevole tra dolore del padre ucciso e ricerca di vendetta per sé, per l’affronto subito. Già pratica del ruolo, la giovane Anastasia Bartoli, soprano, con una Donna Elvira vocalmente molto spigolosa e aspra, ma ben conscia delle sue capacità vocali di agilità. Molto compresso e prudente il Don Ottavio del tenore Ruzil Gatin che pur in possesso di una buona voce morbida, di grazia e attenta al fraseggio, delinea un personaggio con una certa rigidità espressiva, mentre con la giusta esuberanza e partecipazione scenica il duo composto dal Masetto di Eduardo Martínez Flores (basso) e dalla Zerlina di Benedetta Torre(soprano). Il coro diretto da Lorenzo Fratini ben si presenta nelle scene delle feste. Alla fine della rappresentazione il pubblico, che ben riempiva gli spazi del teatro, si è stretto attorno agli esecutori, accogliendo in maestro Mehta con una grande ovazione, manifestazione di affetto per quanto riesce a offrire al Teatro del Maggio in questa situazione di sospensione. Certo non nasconde la fatica di presentarsi in palcoscenico salutando il cast uno per uno, ma la vitalità dell’istituzione dipende dal suo costante legame con l’orchestra e con l’autorevolezza di musicista nei confronti di tutti gli artisti che sono parte delle produzioni.