di Alessandro Arnoldo
Venezia | Fondazione Teatro La Fenice | Piazza San Marco | 8 luglio, ore 21
La Fenice in Piazza San Marco | Stagione Sinfonica 2022 – 2023
L.van Beethoven Sinfonia n.9 in re minore op.125 per soli, coro e orchestra
Federica Lombardi soprano
Veronica Simeoni mezzosoprano
Michael Schade tenore
Mark S. Doss basso
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice | Maestro del coro Alfonso Caiani
Juraj Valčuha direttore
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La Fenice torna in Piazza San Marco, con la Nona Sinfonia di Beethoven, facendo così risuonare il suo Inno alla Gioia tra le quattro prestigiose e magnifiche “pareti” che ne delimitano il perimetro, dalle arcate delle Procuratie Vecchie a quelle delle Procuratie Nuove, dalla Basilica di San Marco al Museo Correr. A concertare è Juraj Valčuha la cui carriera – dopo la direzione stabile dell’Orchestra Rai e del San Carlo di Napoli – è da anni proiettata verso una dimensione internazionale che lo porta come ospite nelle compagini più prestigiose, e attualmente lo vede Direttore Musicale designato della Houston Symphony. La sua bacchetta stacca tempi tendenzialmente mossi con dinamiche quasi sempre sostenute (probabilmente influenzate anche dall’ amplificazione).
La lettura complessiva ha, quindi, un carattere marziale, esuberante, teatrale, un suono pieno, solido ma non particolarmente solare. Il primo movimento, Allegro ma non troppo, un poco maestoso, è ricco di tensione e sferzate orchestrali. Nel movimento seguente, Molto vivace – anticipato da Beethoven in seconda posizione e dunque prima del tempo lento – Valčuha indica dinamiche energiche e veraci, traboccanti di propulsioni ritmiche. Il terzo movimento, Adagio molto e cantabile è forse quello più condizionato dalla location e dal necessario apparato di amplificazione, difficile coglierne le sfumature di colore, pur rimanendo percepibile una linea di cantabilità contemplativa. Infine, il trionfo dell’ultimo movimento, la vittoria della luce sulle tenebre attraverso repentini cambi di stile, marcati contrasti e con l’aggiunta dello strumento più umano di tutti, la voce. In esso sono presenti, infatti, i versi dall’ode An die Freude di Friedrich Schiller, l’Inno Alla Gioia che invita alla fratellanza e a un abbraccio universale tra le moltitudini umane.
Ottima l’interpretazione del coro, preparato da Alfonso Caiani, equilibrata, sicura e ricca di espressività. Di buon livello i quattro solisti a partire dal basso Mark S.Doss, vocalità vigorosa, luminosa e fraseggio elegante cui fanno eco: il soprano Federica Lombardi, svettante e vibrante in acuto; il mezzosoprano Veronica Simeoni, voce gradevole ma penalizzata dalla scrittura grave della sua parte e il tenore Michael Schade, dotato di vocalità sonora e penetrante. Compatta e generosa la compagine orchestrale, spicca il timbro particolarmente elegante dei violoncelli nello Scherzo e nel recitativo con i contrabbassi in apertura del Presto nel quarto movimento. Ottima la prova dei percussionisti, a tratti meno convincente quella degli oboi. L’evento è, certamente, di rilievo, lo testimonia una piazza da “tutto esaurito”, variopinta ed entusiasta, tanto da scandire ogni movimento sinfonico con applausi poco ortodossi ma sempre più convinti e spontanei.
Ad arricchire la performance en plein air i rintocchi del campanile di San Marco nel mezzo del movimento corale, in corrispondenza dei versi “Abbracciatevi, moltitudini” e le coreografie aeree con qualche guizzo canoro dei gabbiani, partecipi anche loro della bellezza inedita della creazione. L’Inno alla gioia esprime la visione idealistica di Schiller sullo sviluppo di un legame di fratellanza fra gli uomini, visione condivisa da Beethoven e nel 1972 il Consiglio d’Europa ha adottato il tema dell’Inno alla gioia di Beethoven come proprio inno… suggestivo e, di certo, emozionante poterne ascoltare lo sviluppo comodamente seduti nel “Salotto d’Europa”.