Riprendono le attività di spettacolo dal vivo a Trento. Al teatro Sociale in versione all’aperto l’attore trentino Andrea Castelli, in una produzione del Teatro stabile di Bolzano.

La meraviglia – voci e storie dalla città sotterranea
di Andrea Castelli
consulenza registica Leo Muscato
con Andrea Castelli
e Emanuele Dell’Aquila
produzione Teatro Stabile di Bolzano
Trento Teatro Sociale Piazza C. Battisti
giovedì 18, venerdì 19 e sabato 20 giugno 2020 ore 21.30

Il teatro riprende vita dopo 3 mesi di blocco sanitario, in mezzo a problemi irrisolti di occupazione, finanziari, progettuali, nella più vaga incertezza di quanto può essere la durata del provvisorio e delle prescrizioni sanitarie di limitazione per artisti e pubblico. Ma sull’incertezza ha prevalso la voglia di riprendere le manifestazioni dal vivo e Trento, con il Centro S. Chiara, che è riuscita a ripartire già nella prima settimana di concessione di riapertura da parte del Governo.  E lo ha fatto in questa prima settimana aprendo il luogo deputato per lo spettacolo della città, il suo Teatro Sociale, mettendo assieme nelle tre gionate previste i protagonisti istituzionali della vita culturale cittadina, la Fondazione dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, in formazione ensemble all’interno della platea, precedendo nella serata il Teatro Stabile di Bolzano con lo spettacolo con protagonista l’attore trentino Andrea Castelli.
Andrea Castelli ha ripreso l’attività da dove il mondo del spettacolo dal vivo cittadino si era fermato, mettendo in scena questa atto unico La Meraviglia, scritta la lui stesso con la consulenza registica di Leo Muscato; assieme, ad accompagnarlo, la musica live di Emanuele Dell’Aquila, degna spalla come chitarrista e interlocutore dell’attore trentino. Una monologo a due voci, sul filo della memoria di Andrea Castelli  gioca con i propri ricordi e guida il suo pubblico in un viaggio nel suo passato di bambino e di ragazzo nella Trento degli anni 50/60 (1969 termine utimo cronologico) in un continuo scambio tra memoria della città e personali, con la “meraviglia” dello stupore uniche per un bambino. La memoria, quindi, giocata come filo conduttore che reinterpreta il monologo di Anton Cechov Il Canto del cigno: un attore rimane chiuso in teatro addormentandosi in camerino; in cerca di una via d’uscita incappa in un abitatore clandestino di quegli spazi nascosti con il quale, in attesa della riapertura, e che qualcuno lo ritrovi, intraprende un dialogo sull’essenza della vita d’attore. Andrea Castelli la reinterpreta come testimone della sua propria vita ,”la meraviglia”, insita nel raccontare i propri ricordi di quella infanzia e prima gioventù vissuta spensieratamente confrontandosi con quel mondo degli adulti, anche incomprensibile, di cui poi se ne diventa parte. Protagonisti diventano i parenti, emblematiche le zie dell’apocalisse, le esperienze di una montagna selvatica e misteriosa alle porte della città, gli amori narrati degli amici, le piccole gioie fatte di scherzi, e le testimonianze di calamità naturali (l’alluvione del 1966). Emerge in pieno la sua capacità professionale di alternarsi in lingua e in dialetto trentino riuscendo a dare ricostruire un mondo rurale ormai scomparso.
Le circostanze di distanziamento fisico hanno permsso al teatro di inventarsi altre dimesioni di utilizzo del Sociale nella sua versione all’aperto con il pubblico tra palcoscenico e spazio della piazza Battisti con la visione dell’emiciclio della prospettiva dei palchi dalla piazza: teatro capovolto era il logo dell’evento, scelta pratica per  superare i limiti di capienza per i pubblico.
Alla fine è proprio il Teatro, nella sua accezione fisica di edificio, e di attività fatta di  scrittura drammatica e attori, che diventa protagonista,  apparendo al momento finale, quando, illuminadosi, si mostra nella sua completezza di sala.

Teatro Sociale, Andrea Castelli e Emanuele Dell’Aquila. Giugno 2020 (foto AVMspettacolo)

Originariamente doveva essere una testimonianza della vita di una città, ma la riproposta in questo momento ne ha mutato il significato diventando del metafora presente. E’ finita la segregazione, che nella finzione scenica per gli attori è costituita dalla durata narrativa di una notte, in palco la sequenza di un’ora e mezza di spettacolo: riprendono le attività teatrali che ritrovano il loro pubblico per una nuova fase nella vita culturale e sociale della città.

Articolo precedente40.OperaEstate Festival Veneto 2020. Da Bassano con furore
Articolo successivoEstate 2020 “Il teatro riparte!”
Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui