Attualità-Approfondimenti

Un Macbeth verdiano diretto dal trentino Stefano Torboli in Mongolia al teatro dell’Opera della capitale Ulan Bator

Abbiamo notizie di quanto succede nei nostri teatri lirici europei, specie se sono gossip o altre notizie che spesso hanno nulla da condividere con la musica; qualcosa captiamo dai grandi teatri europei ed extra europei se concorrono artisti italiani che in qualche modo fanno parlare di se, poco o nulla da oltre i confini della consolidata tradizione teatrale occidentale. Sappiamo dell’interesse che incontra l’arte lirica in Cina e in Corea del Sud per i numerosi gruppi di studenti che da quei paesi stanno studiando nei nostri conservatori; qualche informazione ci giunge dal Giappone se qualche nostra fondazione va in tour nella terra del Sol Levante; per il resto poco o nulla. Salvo poi meravigliarci che la Mongolia, con il suo teatro di Stato, stia fornendo voci ben strutturate al mondo dell’opera europeo.

Apripista il baritono Amartuvshin Enkhbat, presente ormai con la sua possente voce baritonale in tutti teatri europei dove il repertorio richiede voci spessore, specie nei ruoli verdiani, che ha aperto una finestra su quanto accade in quella lontana terra facendo scoprire che la Mongolia vanta una solida tradizione sia sinfonica che teatrale e la capitale Ulan Bator dispone di un teatro dell’Opera di Stato, a forme tradizionali, e altre sale filarmoniche e auditorium di spiccata architettura sovietica, ricordi di tempi passati. Risolte difficoltà politiche ed economiche e definiti i rapporti di vicinato con Russia e Cina, la Mongolia è alla ricerca di una sua specificità culturale che nasce anche dal confronto con la tradizione musicale occidentale. Tanti sono gli artisti che si stanno formando nelle accademie europee, russe e italiane e che operano nel loro teatro della capitale formendo spettacoli lirici di solida tradizione e di qualità musicale. In questo maniera si è instaurato un regime rapporti e scambi che ha portato un giovane e promettente direttore trentino, di Tione, a dirigere per la seconda volta una produzione lirici fin laggiù.  Formatosi in ambito territoriale trentino,  Stefano Torboli , trombettista, ha conseguito la laurea in direzione di coro a Trento e il biennio specialistico in direzione d’orchestra a Roma con all’attivo la partecipazione a numerosi corsi di specializzazione per direzione d’orchestra; durante il corso estivo “Musicarivafestival 2014” è stato assistente di Isaac Karabtchevsky. Nell’aprile 2016 è stato ospitato dal Mongolian Academic Theater of Opera and Ballet in Ulaanbaatar (Ulan Bator) per la produzione di Eugin Onegin di Petr Ilic Cajkovskij, in collaborazione con il Mongolian state Philharmonic; un ritorno, quindi,  e questa volta come direttore del Macbeth di Giuseppe Verdi.

La prima sabato 29 aprile a Ulanbator al Teatro Statale accademico di opera e danza. a seguire repliche il 30, 6 e 7 maggio.  Si tratta di un grande evento perché è la prima volta che Macbeth viene eseguito in Mongolia opera scelta per celebrare la  60° Stagione del teatro. I solisti fanno parte del teatro, come in Germania, dove ogni realtà ha i propri cantanti solisti. Le voci mongole sono potenti, con molti colori scuri e gravi, che si adattano bene alla scrittura verdiana e in particolare a quest’opera. che si alternano tra due cast e su 4 recite.  Ben strutturata sia l’orchestra che il  coro con circa 50 elementi ciascuno, molti giovani, formati in Mongolia, Russia, Corea del Sud e anche Europa. Questo fa promettere bene per il futuro del teatro.

In coproduzione si vede la partecipazione di ESM (English school of Mongolia), che contribuisce per quanto concerne il balletto del 3º atto, alcuni interventi corali e le comparse per le grandi scene d’assieme.
Stefano Torboli esprime soddisfazione per questa rinnovata esperienza:“È stato un mese davvero speciale passato a lavorare quotidianamente in questa realtà. Macbeth è un’opera molto importante che definisce, nel repertorio verdiano, uno sviluppo del linguaggio nel vero melodramma ottocentesco, dove si vede piano piano abbandonare gli schemi e le regole dell’opera di fine settecento. 15 anni fa avevo suonato Macbeth nella banda fuori scena al Teatro Sociale di Trento sotto la bacchetta di Giampaolo Bisanti. Oggi son contento di poter eseguirlo nella sua interezza dalla parte del podio.
Un grande in bocca al lupo.

Federica Fanizza

Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

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