Corrispondenze

Bergamo. Donizetti Opera 2024. Zoraide di Granada da battaglia

Bergamo, Teatro Sociale, 17 novembre 2024, ore 20.00
Donizetti Opera 2024
Zoraida di Granata
Melodramma eroico di Bartolomeo Merelli e Jacopo Ferretti
(versione rinnovata)
Musica di Gaetano Donizetti
Prima rappresentazione: Teatro Argentina, Roma, 7 gennaio 1824
(versione rinnovata)
Edizione critica a cura di Edoardo Cavalli © Fondazione Teatro Donizetti
Progetto #Donizetti200
Direttore Alberto Zanardi
Regia Bruno Ravella
Scene e costumi Gary McCann
Luci Daniele Naldi
Costumista collaboratrice Gabriella Ingram
Assistente alla regia Filippo Rotondo
Assistente scenografa Gloria Bolchini
Assistente alle luci Paolo Bonapace
Maestro alle armi Carmine De Amicis
Almuzir Konu Kim
Zoraida Zuzana Marková
Abenamet Cecilia Molinari
Almanzor Tuty Hernàndez*
Ines Lilla Takács*
Alì Zegri Valerio Morelli*
*Allievi della Bottega DonizettiFiguranti Giorgio Maffeis, Samuele Migone, Nadia Mentasti, Matilde Piantoni
Orchestra Gli Originali
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del Coro Salvo SgròNuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti in coproduzione con il Wexford Festival Opera
ph.©Gianfranco Rota

Il titolo scelto per il progetto #donizetti200, che consiste nel mettere in scena in ogni edizione del Festival un’opera scritta da Donizetti esattamente due secoli prima, è Zoraida di Granata nella seconda versione, quella appunto del 1824. In realtà, l’opera aveva debuttato due anni prima, il 28 gennaio 1822, al Teatro Argentina di Roma, e fu il primo grande successo della carriera di Donizetti, benché all’ultimo momento Donizeti avesse dovuto riscrivere per un mezzosoprano en travesti la parte del protagonista maschile, Abenamet, inizialmente composta per un tenore, fulminato da un aneurisma sul palcoscenico pochi giorni prima, mentre cantava un’opera di Pacini. Due anni dopo, l’impresario Paterni chiese a Donizetti di rivedere la partitura, ampliando la parte di Abenamet a beneficio del grande contralto Rosmunda Pisaroni. In questa nuova versione, l’opera fu presentata, sempre all’Argentina, il 7 gennaio 1824, senza ottenere lo stesso trionfo di due anni prima: ma più per l’inesausta sete di novità del pubblico dell’epoca che per un’effettiva debolezza dell’opera, fra le più interessanti della prima stagione creativa di Donizetti, prima tappa del Donizetti serie. Si tratta anche di un’opera di grande importanza, poiché il suo successo portò Donizetti a ottenere un contratto con l’impresario Domenico Barbaja che gli aprì la strada verso Napoli. Tanta musica ma anche tanto canto sono una sapiente successione di arie solistiche anche lunghe e pezzi d’insieme che crescono di intensità e di complessità man mano si procede nel corso dell’opera con tanti riferimenti al Rossini tragico. Lo sfondo storico della Zoraide di Donizetti si colloca nel periodo della Reconquista spagnola che sottomise definitivamente l’Andalusia e Granada nel 1480 alla corona spagnola. Tratta di una delle tante contese tra arabi e cristiani che hanno segnato la storia del Mediterraneo. A quel mondo moresco nel cuore della penisola iberica i romantici guardarono come ad una forma di esotismo.
Qui la vicenda del libretto ripercorre una fase della caduta di Granada lacerata dalla rivalità di clan rivali, vicenda storica che transitò come materia letteraria e teatrale anche per una certa similitudine con i cicli cavallereschi e per un verso non dissimile dal Tancredi rossiniano. L’allestimento in coproduzione con il Wexford festival che l’ha presentato nell’ottobre del 2023 per la regia di Bruno Ravella ricolloca l’ambientazione in tempi moderni con il riferimento alla guerra di Bosnia e alla distrutta Biblioteca di Sarajevo ricreata dallo scenografo Gary McCann nel suo stile moresco che costituisce fondale all’opera.  Quindi nessun riferimento al mondo moresco di fine ‘400 niente riferimento agli Spagnoli conquistatori ma ad una generica guerra con soldati in tuta mimetica da tiratore scelto in riferimento all’attualità che dalle guerre tutto si perde. Si ha paura del Moro sconfitto politicamente scorretto?

Donne in semplici vestiti in stile collegiale anni’60 mentre per i tiranni, Almuzir e Almanzor, vestiti in giacca e cravatta che certamente non restituiscono il clima da assedio e di guerra intestina che fa da sfondo alla trama. Ci aggiungiamo la comparsa di un doppio mimo di Zoraide che per due volte interagisce con lei per poi sparire nel nulla viene da chiedersi la funzione di queste trovate sceniche fine a se stesse che non aggiungono nulla alla narrazione. Gran lavoro invece dal punto di vista musicale con l’esecuzione affidata al complesso musicale Gli Originali con strumenti d’epoca che restituiscono al insieme orchestrale la morbidezza di un suono pastoso che ben si adatta allo spazio e alla struttura del Teatro Sociale con il suo soffitto a capriate lignee, qui guidati dal giovane direttore Alberto Zanardi che cura con precisione i vari passaggi sonori prestando molta attenzione alle vocalità in palco. Il coro, ancora una volta quello dell’Accademia della Scala di Salvo Sgrò, nella sua unica componente maschile, ha svolto con competenza anche la sua funzione scenica di movimento.
Partiamo dalla protagonista del titolo Zoraide affidata al soprano Zuzana Marková, che si presenta con una voce lirica abile nel risolvere le agilità con suoni brillanti come le parti più cantabili e di mestizia brava nel risolvere i lunghi e complessi cantabili.  Gli è stata a fianco nel ruolo per cui fu riscritta l’opera nl 1824 per il contralto Rosmunda Pisaroni, il mezzosoprano Cecilia Molinari nel ruolo di Abenamet facendo valere le sue competenze di cantante squisitamente rossiniana specie nel complesso rondò finale di giubilo, ma anche il suo percorso nel canto barocco con precisi affondi chiaroscurali nella prima parte dell’opera, delineando un eroe senza macchia e senza paura (Tancredi in fieri?).
Nelle parti maschili già nel cast a Wexford il nel ruolo del cattivo Almuzir, che alla fine si pente e e mette tutti d’accordi, un ruolo che fu concepito per il leggendario tenore anzi baritenore Domenico Donzelli, che richiede una voce non d’agilità ma potente e scura,  il tenore coreano Konu Kim, che pur con qualche difficoltà di fraseggio ha risolto il suo ruolo con impeto. La Ines del soprano Lilla Takacs e l’Almanzor del basso Tuty Hernández, che provengono dagli “Allievi della Bottega Donizetti”; si sono disimpegnati molto bene per tutto il corso d’opera, impegnati in ampi recitativi e con la ricompensa di un’aria ciascuno, molto ben eseguita. Successo pieno e convinto in un teatro esaurito da un pubblico avanti d’età ma internazionale.

 

Federica Fanizza

Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

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