Firenze, Teatro del Maggio, Sala Zubin Mehta
86° Festival Maggio Musicale Fiorentino
14, 16 maggio 2024 ore 20
18 maggio 2024 ore 18
FABIO VACCHI
JEANNE DARK
Libretto di Stefano Jacini
Edizione: Casa Ricordi, Milano
Nuovo allestimento | Commissione del Maggio Musicale Fiorentino
Prima rappresentazione assoluta
Voltaire Elia Schilton
Jeanne Alexia Voulgaridou
Agnese Olha Smokolina
Stalliere Lorenzo Martelli
Asino Michele Galbiati
Delfino/Re/Diavolo Alfonso Zambuto
Gilles de Rais Anicio Zorzi Giustiniani
San Giorgio Giovan Battista Parodi
San Dionigi Gianluca Margheri
Frate Bordone Davide Piva
Soldato Francese/Primo Soldato Inglese Luca Tamani
Soldato Francese/Secondo Soldato Inglese Dielli Hoxha
Voci soliste Diego Barretta, Dalai Chen, Hyunmo Cho, Davide Ciarrocchi, Manuel Epis, Sergio Mutalipassi
maestro concertatore e direttore Alessandro Cadario
regia Valentino Villa
realizzazione luci Oscar Frosio
movimenti coreografici Marco Angelilli
scene Serena Rocco
costumi Gianluca Sbicca
ideazione luci Pasquale Mari
ContempoArtEnsemble
Era in origine prevista per il 2020, commissionata sotto la sovrintendenza Chiarot, salvo poi essere rimandata a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, finalmente allestita in questa edizione del 86° Maggio Musicale Fiorentino ed ecco che finalmente la Jeanne Dark, opera in un atti di Fabio Vacchi, il cui libretto porta la firma di Stefano Jacini, ispirata al personaggio di Giovanna d’Arco, figura complessa della storia di Francia, di cui è patrona, ragazza e guerriera, eretica e santa, giunge sulle scene del Maggio Musicale Fiorentino. Si tratta di un personaggio fortemente polisemico e ambiguo, da qualunque parte si voglia prendere, per capire la sua breve vita pubblica di una ragazza che a 17 anni si trovò al comando un armata reale in due anni vissuti intensamente: uno passato sui campi di battaglia contro gli Inglesi e un anno in prigione per poi morire come eretica sulla piazza di Rouen nel 1431. Un personaggio che ha colpito l’immaginario di scrittori e musicisti, con la sua scoperta della sua intera esistenza umana a inizi dell’800 romantico, protagonista di drammi, da quello di fantasia di Friedrich Schiller, trasposto in opera da Giuseppe Verdi, con la pubblicazione dei suoi processi nel 1842, e a seguire con biografie monumentali, assunta agli altari solo nel 1920, per arrivare alle riscritture novecentesche di G.B. Shaw, che la vide simbolo dell’esasperazione della lotta politica, e Paul Claudel, in un dramma ricco di figure allegoriche, che ispirò l’oratorio di Arthur Honegger del 1938. La proposta di Fabio Vacchi, va ulteriormente ad aggiungersi alle trasposizione drammaturgiche del mito dell’eroina francese nella rielaborazione del poema eroicomico, decisamente grottesco e satirico di Voltaire, La Pucelle d’Orléans, firmato dall’illuminista francese nel 1730 e terminato nel 1773, senza un finale, in cui i suoi versi beffeggiano la venerazione religiosa di Jeanne d’Arc, in una visione ricostruita del tutto inventata della vicenda storica. Messo al bando come tutte le opere dell’illuminista francese, eppur ebbe ampia diffusione. Nel 1789 Vincenzo Monti iniziò a farne una versione italiana che circolava in modo clandestino; nel 1823 era stata riferita all’ “Alta Polizia di Vienna” che il Monti traduceva la Pucelle d’Orleans. Monti affidò, come testamento, testo di Voltaire al Maffei, ne pubblicò alcuni brani nell’edizione di Le Monnier e l’intero lavoro fu depositato nella Biblioteca Civica di Bergamo (Angelo Mai), dove è tutt’ora conservato.
Strana vicenda, quindi, di un testo di satira feroce contro la chiesa e in alcuni casi anche parecchio scurrile dove non si nasconde atti di stupro e di violenza e disturbanti che il librettista Stefano Jacini ha inteso stralciare ma anche per concentrare le vicende sui personaggi principali focalizzando l’attenzione sui due santi protettori San Dionigi, santo francese, e San Giorgio, patrono inglese, che nella satira rappresentano quelle che sono le lotte da stadio di oggi e gli attuali dibattiti politici, pieni in sostanza di banalità, strumentalizzazioni e risse. Jeanne fa la cameriera in un’osteria ed è insidiata da frate Bordone, frate gaudente, che finirà all’Inferno, e dallo Stalliere, finché non si presenta San Dionigi annunciandole che è destinata a salvare la Francia dagli Inglesi invasori e dai loro alleati Borgognoni e di dare una smossa al Re/Delfino di Francia perso dietro alla sua amante Agnese.
Per questo compito non potrà avere a disposizione un cavallo bianco, ma dovrà accontentarsi di un asino, pur se con le ali. Rispetto al poema di Voltaire si è invece aggiunto un personaggio, quel Gilles de Rais che, realmente, combatté contro i francesi al fianco di Giovanna d’Arco, un’invenzione parziale al posto del volterriano cavalier Dunois. Gilles de Rais è inoltre citato da Voltaire stesso in un suo scritto come una di quelle figure mandate a morte a causa di inconcepibili superstizioni e oscurantismi. In tutto questa situazione è il personaggio di Voltaire stesso, a cui viene affidata la parte narrante tra l’ironico e il burlesco, l’attore Elia Schilton, colui che tiene in mano le fila della storia, sotto lo sguardo della disanima della vicenda giocando fino in fondo con l’ambiguità. Come volutamente ambigua la scena del castello, in cui si ritrovano Gilles e Jeanne, dell’Ermafrodito, un essere che è femmina solo di notte e all’alba, mentre di giorno è uomo dove si attenta alla virtù di Jeanne, un luogo dove ci si perde e ci si ritrova e dove si smarrisce la mente. La Giovanna storica compare negli ultimi quadri nella riproposizione della sua cattura e il processo. Qui Voltaire veste i panni del giudice Cauchon (Porco) e interroga Jeanne cercando d’incastrarla. Ripresa la propria identità di narratore spiega come in realtà Jeanne sia stata condannata perché si ostinava a vestirsi da uomo. In carcere Jeanne è raggiunta dall’asino alato che le confessa di essere sempre stato innamorato di lei e le propone di fuggire con lui nel mondo della luna. A loro si unisce Gilles de Rais. E cosi si scrive quel finale rimasto sospeso.
La composizione di Vacchi risulta accompagnatoria alle vicende della drammaturgia, una musica che riesce a farsi ascoltare specie da quegli ascoltatori che hanno pratica con le sonorità delle avanguardie storiche. Certamente è un progetto che lavora sulla fluidità di una musica atonale, ma senza rompere gli schemi dell’opera tradizionale e alla fine si caratterizza con scene d’assolo, assiemi, momenti di puro sarcasmo, come momenti in cui traspare una certa liricità come la scena a due tra Jeanne e Gilles nel castello di Ermafrodito. Il canto quindi si inscrive nel solco dello “sprechgesang” lavorando sull’intonazione della singola parola, ma cercando creare una partecipazione ad un percorso compositivo contemporaneo tramite un linguaggio comunicativo che nelle sue varie articolazione e attiva una narrazione musicale senza estremismi.
L’allestimento, nell’impianto scenico di Serena Rocco, ricostruisce un gioco di stanze moderne a vari livelli, dove passaggi e porte permettono ai personaggi rapidi transiti in palco e la regia di Valentino Villa ha la funzione di organizzare tutti questa gestione di sequenza a quadri creando una interconnessione tra di loro anche in funzione del gioco di luci di Pasquale Mari. I costumi di Gianluca Sbicca, tra il moderno e il simbolico permettono di qualificare i vari personaggi. In questa prima rappresentazione, il pubblico ha accolto con favore lo spettacolo in tutte le sue componenti. Merito anche della gestione musicale di Alessandro Cadario alla guida ContempoArtEnsemble e del coro costituito da alcuni elemento dell’organico del Maggio Musicale (voci soliste Diego Barretta, Dalai Chen, Hyunmo Cho, Davide Ciarrocchi, Manuel Epis, Sergio Mutalipassi). La compagnia di canto si è destreggiata in questa faticosa scrittura vocale con la protagonista Alexia Voulgaridou, con il Gilles di Anicio Zorzi Giustiniani, del Re di Alfonso Zambuto assieme ad un nutrito di numero di talenti ed ex talenti dell’Accademia del Maggio fra i protagonisti in scena: Olha Smokolina interpreta Agnese, Lorenzo Martelli, reduce dalla recente Turandot allestina al Maggio, nei panni dello Stalliere, Michele Galbiati come ruolo dell’Asino, Davide Piva, il gaudente Frate Bordone, senza dimenticare Giovan Battista Parodi, in San Dionigi, mentre San Giorgio ha la voce Gianluca Margheri. Come funzionale e ben caratterizzati i personaggi minori di Luca Tamanini e Dielli Hoxka , soldati di ambo i fronti. Una buona prova per dare slancio alle nuove composizione per l’opera contemporanea su una trama storicamente riconoscibile che mette tutti d’accordo.