Corrispondenze

Martina Franca (Tn). 50° Festival della Valle d’Itria. La fiaba di Aladino di Nino Rota

Martina  Franca, Palazzo Ducale, 30 LUGLIO 2024  · ore 21
ALADINO E LA LAMPADA MAGICA
di Nino Rota
Fiaba lirica in tre atti e undici quadri
su libretto di Vinci Verginelli da Le mille e una notte
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Carlo, 14 gennaio 1968
Versione originale, Edizione Schott
Direttore Francesco Lanzillotta
Regia e movimenti coreografici Rita Cosentino
Scene e costumi Leila Fteita
Disegno luci Pietro Sperduti

Aladino Marco Ciaponi tenore
Il Mago Maghrebino/ Il Re Marco Filippo Romano basso
La Principessa Badr-al-Budùr Claudia Urru soprano
La madre di Aladino Eleonora Filipponi mezzosoprano
Il Gran Ministro Rocco Cavalluzzi basso
L’orafo Omar Cepparolli basso
Il primo compagno di Aladino Pepe Hannan tenore
Il secondo compagno di Aladino Davide Zaccherini tenore
Il terzo compagno di Aladino Zachary McCulloch tenore
Un’ancella di Badr-al-Budùr Anastasia Churakova soprano
Il Genio della lampada Giovanni Accardi basso
Il Genio dell’anello Alexander Ilvakhin baritono
I mercanti, I banditori del Re, I compagni di Aladino, Le ancelle di Badr-al Budùr,
La corte del Re, Il popolo, I monelli Coro di bambini
Emanuela Boldetti, Samuel Moretti danzatori
Francesco Maria Basile, Vitantonio Blasi, Carlo Buonfrate figuranti
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli di Bari
Marco Medved maestro del coro
Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi
Angela Lacarbonara maestro del coro
Banda Musicale della Città di Martina Franca “Armonie d’Itria” banda di palcoscenico
Nuova produzione del Festival della Valle d’Itria

ph. ClarissaLapolla

Il cartellone principale di questa 50a edizione del Festiva della Valle d’Itria di Martina Franca esemplifica le motivazioni delle scelte artistiche che hanno qualificato il percorso storico della rassegna pugliese: recupero della tradizione del repertorio belcantista, teatro musicale barocco, opera del Novecento e contemporanea. L’omaggio a Nino Rota (Milano, 3 dicembre 1911 – Roma, 10 aprile 1979) nella nuova produzione di Aladino e la lampada magica “fiaba lirica” del 1968 si riallaccia al recupero ottemperata negli anni scorso dal festival delle sue composizioni liriche da Il cappello di paglia di Firenze nel 1981 e Napoli milionaria nel 2010. Nino Rota lo conosciamo principalmente come compositore di musiche da film, nel 1975 premio Oscar per la migliore colonna sonora per il film Padrino II, Con una formazione classica tra Milano, Stati Uniti e Bari conseguì il diploma di composizione con Alfredo Casella. Ci sfugge la sua produzione di composizioni classiche per musica da camera, concerti per solisti e orchestra, musica vocale e opere liriche, particolare un suo adattamento della vicenda di Ariodante fatta nel 1942. Aladino e la lampada magica fu composta su libretto dello scrittore e amico di Rota Vinci Verginelli, l’opera si ispira a una dei racconti più noti dalle Mille e una notte, ovvero Aladino e la lampada meravigliosa. Ne nasce un’opera “in cui la musica è chiamata quasi ad integrare il senso della fiaba” come ebbe a scrivere lo stesso Rota nelle sue note in occasione della prima assoluta al Teatro San Carlo di Napoli nel 1968. Una scrittura musicale di ricca inventiva melodica, che segue alla perfezione i tempi teatrali, legata alle forme classiche e alla tradizione operistica italiana. Quella di Aladino è una favola a più livelli di lettura, adatta sia per i piccoli che per i grandi. Fiaba di contenuto esoterico, pratica seguita dallo stesso Rota esperto di riti iniziatici. Racconta la regista italoargentina Rita Cosentino. “I racconti ci aiutano a conoscere chi siamo, a sapere da dove veniamo, visto che in essi sopravvivono le tradizioni. Le parole di questi racconti sono la scintilla fondazionale che attiva la nostra immaginazione ogni volta che cominciamo a leggere un libro. Ed è così come comincia quest’opera, con una scintilla magica sulle pagine di un libro, svegliato dalla curiosità di un bambino”.

ph.Clarissa Lapolla

All’idea registica risponde la scenografia di Leila Fteita, che cura anche i costumi, dando forma ad una grande biblioteca bianca, che all’interno svela i mondi del viaggio di Aladino. La trama è come la conosciamo dalla tradizione. Lo sfaccendato Aladino, orfano di padre, viene avvicinato da un mago maghrebino che si spaccia per suo zio e lo conduce nella Caverna delle Meraviglie con l’intento di farsi consegnare la lampada magica. Il piano fallisce e il ragazzo, rimasto intrappolato, si salva grazie al Genio dell’anello che aveva ricevuto dal mago, scoprendo poi insieme con la madre anche i poteri del Genio della lampada. Madre e figlio sono così liberati dalla miseria che li opprimeva e Aladino, abbagliata la corte con le straordinarie ricchezze di cui ora dispone, può ottenere la mano della bellissima principessa Badr-al-Budùr. Il mago, però, non si dà per vinto e, camuffatosi da venditore ambulante, si impadronisce della lampada con l’inganno per trasportare con sé in Maghreb il palazzo di Aladino e la sua sposa. Il lieto fine sarà garantito ancora una volta dal Genio dell’anello e dall’astuzia di Badr-al-Budùr. Un coro di voci bianche incornicia la vicenda raccontando che “C’era una volta una grotta” che custodiva una lampada più preziosa di ogni altra cosa al mondo e che “saggio è il mortale che alla grotta scenderà”. Si caratterizza per la presenza di coro di voci bianche ma non è un’opera destinata ad un pubblico di giovanissimi ascoltatori anche se la scrittura musicale si presenta, all’apparenza, semplice e scorrevole con parti vocali cantabili e ricche di melodie. Emergono tante citazioni dal mondo musicale operistico di un incipiente Novecento italiano: si distinguono espressioni dalla Turandot di Puccini, richiami al mondo dei compositori italiani di quella parte di secolo musicale inespresso, tonale ma tentato dalle avanguardie storiche, qua e là schizzi da Richard Strauss (un Arianna a Nasso ben evidenziata dalla ripresa dell’aria di Zerbinetta). Tutta la vicenda si incentra sul personaggio di Aladino, vocalmente onnipresente in scena punto focale di tutta la narrazione. Attorno a lui prendono vita tutti personaggi della vicenda, dal Mago, alla madre, ai personaggi che animano il mercato orientale in cui il nostro eroe si arrangia per campare, all’incontro con la visione della Principessa (quanta Turandot nella scena della apparizione dell’incantatrice della principessa sottolineata anche dalla improvvisa solitudine della decisione di conquistarla!), al Re e ai Geni dell’Anello magico e della Lampada.

Un mondo fantasmagorico pienamente descritto nella musica ma anche evidenziato da un allestimento lineare ed essenziale costituito da una libreria bianca (il retro dell’impianto scenico di Norma) con alcuni battenti che si aprono e lasciato apparire visioni di palazzi orientali, tesori, paesaggi, dove anche i figuranti hanno una loro funzione di custodi di questa meraviglia. La regia di Rita Cosentino restituisce allo spettatore il mondo della lettura dei libri di fiabe e lo fa con la presenza il palco di un leggio con il libro aperto e un ragazzino che si attarda alla sua lettura, situazione funzionale anche per l’inserimento in scena del Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi dirette da Angela Lacarbonara che diventano parte integrante della scena, come il libro che si richiude al termine dell’azione scenica. Musicalmente ineccepibile la direzione di Francesco Lanzillotta, alla guida dell’orchestra del Teatro Petruzzelli, che restituisce questa complessa partitura ricca di riferimenti musicali facili da trovare ma non assolutamente scontati che è riuscito a far emergere assieme ad un lavoro sui cantanti i cui personaggi sono caratterizzati in maniera forte sia dal punto di vista vocale sia da quello teatrale. Il tutto valorizzata dal light design di Pietro Sperduti e dall’inserimento delle coreografie gestite dai due bravi ballerini, Emanuela Boldetti e Samuel Moretti.

ph. Clarissa Lapolla

Grande presenza scenica dell’Aladino di Marco Ciaponi, che con la sua voce di tenore lirico di grazia ha delineato un eroe sognatore ma furbo nel perseguire il suo intento immaginifico: con voce squillante ha saputa ben definire il passaggio dal realismo della vita di vagabondaggio al sogno dell’incanto all’apparizione della principessa lavorando anche sul canto a fil di voce. Attorno a lui, personaggi a cui è stata richiesta adattabilità vocale, come per il basso Marco Filippo Romano della duplice veste del Mago Maghrebino, truffatore, e di Re di questa terra orientale fiabesca ai confini del mondo, nonché padre della principessa Badr-al-Badur, capace di restituire la chiave comica e grottesca ai suoi due ruoli.  Al soprano Claudia Urru, dotata di voce brillante e raffinata, è stata affidata il ruolo della principessa reso anche con il giusto impegno scenico, come nelle varie situazioni sceniche ben risalto ha la madre di Aladino affidato al mezzosoprano Eleonora Filipponi. Spettacolo riuscito anche per merito del resto del cast ben caratterizzato dal punto di vista scenico e musicale, Rocco Cavalluzzi (Il Gran Ministro), Omar Cepparolli (l’Orafo), Pepe Hannan (il primo compagno di Aladino), Davide Zaccherini (il secondo compagno di Aladino), Zachary McCulloch (il terzo compagno di Aladino), Anastasia Churakova (un’ancella di Badr-al-Badur), Giovanni Accardi (il Genio della lampada), Alexander Ilvakhin (il Genio dell’anello), in un insieme che riesce pienamente a restituire il favoloso mondo della fiaba.

ph. Clarissa Lapolla

Applausi convinti ed entusiasti da parte del folto pubblico variamente composito in questa occasione, che ha decretato il successo a questa operazione di riscoperta preziosa, con il rammarico che forse rimarrà l’unica occasione di ascolto e di visione. Da più parti, un interrogativo: è anche un opera per un pubblico giovane? Dato il problema di far arrivare l’opera alle giovani generazioni di possibili spettatori. Una risposta è stata data con il progetto Mettiamoci all’Opera, laboratorio creativo dedicato proprio all’opera Aladino a cura della stessa di Rita Cosentino, condotto da alcune scuole di Martina Franca e Cisternino i cui prodotti erano in esposizione nel cortine della Fondazione Paolo Grassi.

Federica Fanizza

Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

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