Milano | Teatro alla Scala | 3 luglio 2024, ore 20 |
Stagione sinfonica 2023/2024
W.A. Mozart Requiem in re min. K 626 (completamento di F.X. Süssmayr)
Juliana Grigoryan, soprano
Cecilia Molinari, mezzosoprano
Giovanni Sala, tenore
Adam Plachetka, basso
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala | Maestro del coro Alberto Malazzi
Thomas Guggeis, direttore
Thomas Guggeis, trentenne festeggiato al suo debutto scaligero lo scorso febbraio per la ripresa di Die Entführung aus dem Serail nello spettacolo di Strehler, torna a dirigere Mozart alla Scala con il suo Requiem per la Stagione Sinfonica e le tre date (29 giugno, 3 e 5 luglio), che concludono l’attività sinfonica del Teatro prima della pausa estiva, registrano il tutto esaurito. Le circostanze misteriose che avvolgono il Requiem di Mozart conferiscono all’opera un’aura duratura di romanticismo e mistero, di certo sappiamo che il compositore non ne vedrà mai la fine, lasciandola incompiuta alla sua morte il 5 dicembre 1791. Quello che si ascolta da secoli è un capolavoro composto dal genio austriaco e dal suo ultimo allievo Franz Xaver Süssmayr, il cui grado di intervento resterà sempre nebuloso. Il Coro della Scala è in ottima forma, perfettamente lineare e ben amalgamato tra le sezioni: il suono è chiaro e snello, aiutato da un’articolazione molto precisa. Anche l’apporto del giovane quartetto di solisti è degno di nota, sia nei momenti individuali che in quelli d’insieme. Il basso Adam Plachetka canta dall’inizio alla fine con potenza e padronanza, mentre il tenore Giovanni Sala mostra un timbro meravigliosamente brillante e raffinato. Il soprano di Juliana Grigoryan fa fluttuare le sue note con fascino, mentre il morbido mezzosoprano di Cecilia Molinari sorregge con estrema eleganza l’intero cast.
Commovente ed esilarante ma sempre equilibrata sotto ogni punto di vista, l’effervescente concertazione di Thomas Guggeis. Con strumenti moderni, Guggeis mantiene un suono caldo e delicato, lasciando che il peso emerga dalle mutevoli armonie, dal contrappunto e dal canto appassionato. Guggeis modella le linee melodiche e nel contempo scandisce con vigore i ritmi, soprattutto nei grandiosi cori della Sequentia e le grandi fughe (Kyrie, Quam olim Abrahae) sono energiche e potenti. L’Introitus è maestoso e cupo e il Lacrimosa un accorato lamento. Impeccabile il solo del primo trombone (Daniele Morandini) nel Tuba Mirum.
Chiunque abbia scritto cosa, quando e perché, questa è un’opera gloriosa e contraddittoria, a tratti sontuosa e terribilmente cruda che ci spinge ad inchinarci di fronte alla potenza e alla maestosità della musica così come al suo sorprendente percorso dai dolori della morte alla luce eterna, dalle preghiere e dalle suppliche alla libertà. Dopo qualche istante di piacevole smarrimento e commozione, il pubblico che ha gremito la sala tributa giustamente numerosi e forti applausi a tutti.
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