Milano | Teatro alla Scala | 4 luglio 2024, ore 20 | Stagione d’opera e balletto 2023/2024
Nel centenario della morte di Giacomo Puccini
Turandot
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri di Giacomo Puccini
Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
La principessa Turandot Anna Netrebko
L’imperatore Altoum Raúl Giménez
Timur Vitalij Kowaljow
Il Principe Ignoto (Calaf) Yusif Eyvazov
Liù Rosa Feola
Ping Sung-Hwan Damien Park
Pang Chuan Wang
Pong Jinxu Xiahou
Un Mandarino Adriano Gramigni
Prima ancella Silvia Spruzzola*
Seconda ancella Vittoria Vimercati*
Il principino di Persia Haiyang Guo**
*Artiste del Coro del Teatro alla Scala | **Allievo dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala | Maestro del coro Alberto Malazzi
Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala | Maestro del coro Marco De Gaspari
Direttore Michele Gamba
Regia Davide Livermore | Scene Eleonora Peronetti, Paolo Gep Cucco, Davide Livermore | Costumi Mariana Fracasso | Luci Antonio Castro |Video D-WOK
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Turandot che si rincorrono in questa prima parte di estate 2024 che vuole celebrare il centenario del suo autore, Giacomo Puccini. Se a Verona è stata l’opera inaugurale della 101a stagione in Arena (leggi recensione) nell’immaginifico allestimento di Franco Zeffirelli, Milano risponde con la collocazione del titolo nella parte estiva della stagione 2023-24. Se Verona poco importa su chi completò le ultimissime frasi dell’opera, Milano ha voluto evidenziare la cesura compositiva di Puccini, morì di cancro all’età di 66 anni, lasciando l’opera incompleta e Franco Alfano che approntò un possibile finale. I restanti dieci minuti di musica furono infatti completati da Franco Alfano dopo alcune dispute tra gli eredi del compositore, il direttore d’orchestra Arturo Toscanini e l’editore di Puccini, Ricordi. Come è noto, alla prima in questo stesso teatro nel 1926, Toscanini smise di dirigere dopo la morte di Liù, l’ultima pagina composta e completamente orchestrata da Puccini, si rivolse al pubblico e disse: “Qui l’opera finisce, perché il Maestro è morto” e così, per ricreare questo momento, il Teatro ha distribuito a ogni spettatore dei lumini, la musica si è fermata e tutti i membri del coro e del pubblico hanno acceso le loro luci, osservando un minuto di silenzio. Interessante anche il confronto a distanza tra due giovani direttori italiani: a Verona, Michele Spotti, a Milano, Michele Gamba. Certo a Milano non ci sono gli inconvenienti metereologici che hanno compromesso la visione e anche l’ascolto della rappresentazione del 29 giugno in Arena tra continue sospensioni, riprese facendo finire la rappresentazione in piena notte, disperdendo così attenzione ad un visione che si stava facendo interessante per merito di un cast ben combinato (Turandot Olga Maslova , Il principe ignoto (Calaf) Yusif Eyvazov , Liù Mariangela Sicilia, Timur Riccardo Fassi).
Ph.Teatro alla Scala Brescia Amisano
Qui a Milano si ergeva Anna Netrebko che offre una Turandot potente con un suono sontuoso che naviga con forza tra le impegnative altezze del ruolo (a “quel grido” il teatro trema!). Riesce comunque ad addolcire quando serve, in incantevoli pianissimi come ad affondare senza indugio nel suo registro più basso. Domina il palco e costringe tutti alla sottomissione con la pura potenza della sua voce, come giusto che sia per la Principessa di Ghiaccio. Accanto, e non si sa fino a quanto, Il Principe Ignoto (Calaf) di Yusif Eyvazov pur non avendo un timbro propriamente “baciato dagli dei”, sfodera una tecnica impeccabile, con fraseggi di ottimo gusto, dinamiche ponderate e un grande controllo del respiro. Le sue note alte son sicure e ce le fa sentire per bene tutte, scatenando l’unico applauso a scena aperta. Come accennato, il tenore Yusif Eyvazov era reduce da alcune recite nello stesso ruolo in Arena dove è stato accolto da grandi ovazioni per lui e per l’intera produzione cesellata in maniera sopraffina dalla direzione di Michele Spotti. Liù ha la voce di Rosa Feola, il cui soprano si sposa perfettamente con quello della Netrebko: brillante nelle note alte, con teneri pianissimi, una dolcezza naturale che ha catturato ogni cuore, ma anche una gran forza di carattere, insolita per il personaggio. La sua morte è stata emozionante e appassionata, commovente. Il direttore d’orchestra Michele Gamba (subentrato in corsa per sostituire Daniel Harding) riesce quasi sempre a gestire l’imponente orchestrazione della partitura (dalle sei trombe, ai tromboni fino alle percussioni orientali), mantenendo buoni equilibri tra buca, palcoscenico e platea e supportando al meglio il suo ottimo cast. Qualche problema negli insiemi con il coro, la cui esecuzione risulta comunque eccellente tra le innumerevoli insidie vocali e ritmiche. Trasparenti ed elegantemente precise le sequenze più poetiche, come l’invocazione alla luna.
Il regista Davide Livermore crea un nuovo mondo per la sua Turandot, ritroviamo elementi riconoscibili dell’Asia moderna capaci di rimandare ad un universo fantasmagorico. Numerose le idee e i riferimenti visivi, immagini attraenti, audaci e a tratti mozzafiato. I video di D-Wok abbagliano, con una luna gigantesca al centro del palco che ruota, diventa rosso sangue, trasparente, si riempie di fiori o di veli. L’approccio psicoanalitico di Livermore affida ai tre Ping, Pang e Pong la coscienza di Calaf, il suo buonsenso che cerca di dissuaderlo dal rischiare la vita per il sogno di amare Turandot. Il fantasma di Lo-u-Ling, l’antenata stuprata e uccisa che la principessa di gelo vuole vendicare è presente sul palco come un’attrice vestita con paramenti argentati, che imita i movimenti di Turandot, interpretando visivamente il possesso della sua anima. Solo quando si libera dalla sua presenza minacciosa, Turandot può iniziare a vivere pienamente e liberare il regno dall’orrore che gli aveva imposto. A fine spettacolo, applausi calorosi per tutti (in particolar modo per Feola, Eyvazov e Netrebko).
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