Modena, Teatro Comunale Pavarotti-Freni, domenica 5 novembre, ore 15.30
Giuseppe Verdi
DON CARLO
‘Versione Milano’
Opera in quattro atti su libretto di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini tratto dall’omonima tragedia di Friedrich Schiller
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Filippo II re di Spagna Michele Pertusi
Don Carlo, infante di Spagna Piero Pretti
Elisabetta di Valois Anna Pirozzi
Rodrigo, marchese di Posa Ernesto Petti
Il grande Inquisitore Ramaz Chikviladze
Un frate Andrea Pellegrini
Tebaldo, paggio di Elisabetta e Una voce dal cielo Michela Antenucci
La principessa Eboli Teresa Romano
Il Conte di Lerma e L’araldo reale Andrea Galli
Direttore Jordi Bernàcer
Regia Joseph Franconi-Lee
Regista collaboratore e movimenti scenici Daniela Zedda
Scene e costumi Alessandro Ciammarughi
Luci Claudio Schmid
Assistente ai costumi Letizia Parlanti
Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini
Coro Lirico di Modena
Maestro del Coro Giovanni Farina
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Galli di Rimini
Allestimento Teatro Comunale di Modena
Quello del Don Carlo è un racconto di potere, rivalità familiari, speculazioni politiche e contrasti ideologici. Un intreccio complesso che coinvolge un ampio spettro di sentimenti, la cui trascrizione in musica non poteva che risultare in un’opera altrettanto articolata e spettacolare. Tra i lavori di Verdi si distingue per quel carattere enigmatico che avvolge tanto la musica quanto la vicenda, ma anche per l’indubbia laboriosità che la sua produzione comporta. Registi, orchestre, direttori e soprattutto cantanti si scontrano con un lavoro monumentale, seppur talvolta ripreso in versioni leggermente ridotte. Come quella milanese, in quattro atti, proposta quest’anno dal Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena.
L’allestimento riprende gli elementi dalla produzione del 2012, a cura dello stesso teatro, e colloca la vicenda esattamente al suo posto. Tempo e luogo appaiono infatti aderenti alle indicazioni del libretto (dettaglio che oggi – nel bene e nel male – è tutt’altro che scontato), e l’interpretazione registica si limita a mettere in scena gli avvenimenti in modo semplice e lineare, ma mai banale. Joseph Franconi-Lee ottiene in questo modo un risultato estremamente efficace, che valorizza la natura articolata dell’opera senza perdersi in superflue reinterpretazioni o letture concettuali. Gli spazi, le scene, le luci e i movimenti sono sempre funzionali allo svolgersi degli eventi, e risultano di grande impatto pur mantenendo un’impronta di sostanziale sobrietà. Degni di menzione i costumi, curati come le scene da Alessandro Ciammarughi, che grazie a notevole cura e raffinatezza conferiscono all’allestimento un gran tocco di eleganza.
Non è da meno il cast, che vede impegnati – nei difficili ed affascinanti ruoli – importanti nomi del panorama nazionale ed internazionale. Michele Pertusi domina la scena nei panni di uno strabiliante Filippo II, che conquista il pubblico con una combinazione vincente di interpretazione scenica e musicale. La voce è come sempre profonda, sonora e curata in tutti i registri, e la lettura della parte dimostra una mirabile attenzione al fraseggio. La capacità esemplare di cogliere con tecnica le sfumature del personaggio raggiunge il culmine nell’aria “Ella giammai m’amò”, al termine della quale il teatro intero premia il basso con un’ovazione che dura minuti. Al suo fianco, la contesa Elisabetta di Valois è il soprano Anna Pirozzi, che mette in campo un ineccepibile strumento vocale. L’interpretazione è precisa e musicale, e l’ampia escursione di dinamica rende efficaci tanto i tratti più riflessivi del carattere della regina, quanto i momenti più drammatici ed intensi. Meritatissimo anche per lei il generoso apprezzamento del pubblico.
Deciso e convincente Piero Pretti, nel ruolo del titolo, che con notevole capacità tecnica dà vita ad un Carlo appassionato ma allo stesso tempo disinvolto. Vocalmente è anch’egli preciso e sonoro, senza apparenti difficoltà in alcun registro. Il suo fidatissimo Rodrigo è Ernesto Petti, il cui timbro spicca per colore ed eleganza. La sua interpretazione è curata sia scenicamente che tecnicamente, e l’indole del personaggio è resa con successo attraverso una lettura intensa ed attenta.
La principessa Eboli spetta a Teresa Romano, che impersona il carattere con convincente presenza scenica e ottima performance vocale. Ramaz Chikviladze è un inquisitore severo e profondo, così come il frate di Andrea Pellegrini. Completano egregiamente il cast Michela Antenucci, Tebaldo, paggio di Elisabetta e Una voce dal cielo, e Andrea Galli, Conte di Lerma e araldo reale.
Dal podio Jordi Bernàcer conduce la complessa macchina del lavoro verdiano con intelligenza e gusto. Particolare attenzione pare rivolta al carattere prettamente musicale, quasi sinfonico, di un’opera la cui orchestrazione è minuziosa ed elegante, e merita di certo un lavoro di concertazione accorto e tutt’altro che generico. Nulla però è a scapito del palco, che rimane protagonista della rappresentazione e ben si fonde, per suono e per insieme, con i musicisti in buca. Bene l’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini, coesa e precisa nella lettura musicale, e bene anche il Coro Lirico di Modena, preparato da Giovanni Farina, il cui contributo è qualitativamente pregevole, seppur a tratti un po’ carente di volume.
Domenica 5 novembre il teatro è gremito di un pubblico entusiasta e coinvolto, che premia gli artisti con generosi applausi sia alla fine della rappresentazione, sia al termine di numerose arie.