Modena Teatro Comunale Pavarotti Freni
venerdì 10 Maggio 2024 – 20:00
domenica 12 Maggio 2024 – 15:30
ModenaBelcanto Festival
I PURITANI
melodramma serio in tre parti su libretto di Carlo Pepoli
musica di Vincenzo Bellini
Personaggi e interpreti principali
Arturo Talbo Ruzil Gatin
Elvira Ruth Iniesta
Sir Riccardo Forth Alessandro Luongo
Enrichetta di Francia Nozomi Kato
Sir Giorgio Luca Tittoto
Lord Gualtiero Andrea Pellegrini
Sir Bruno Roberton Matteo Macchioni
Francesco Esposito regia e costumi
Rinaldo Rinaldi, Cervetti Maria Grazia scene
Andrea Ricci luci
Elena Gaiani assistente ai costumi
Alessandro d’Agostini direttore
Filarmonica del Teatro Comunale di Modena
Coro Lirico di Modena
Giovanni Farina maestro del coro
Allestimento Fondazione Teatro Comunale di Modena
La messinscena de I Puritani di Vincenzo Bellini a Modena ha costituito l’evento principale di un nuovo format che il Teatro Comunale di Modena Freni Pavarotti ha messo in campo a fine della tradizionale stagione lirica: Modena belcanto festival che presenta, dal 8 maggio e fino alla fine dell’anno in corso, un programma ricco di eventi variamente articolati. Si tratta di un progetto che non riguarda esclusivamente l’opera lirica ma che vuole porre attenzione sull’uso della voce a supporto della musica non solo nell’accezione classica di belcanto ma anche delle composizioni vocali del contemporaneità, tra lezioni, concerti e riflessioni sull’attualità sociale. Del resto era doveroso una riflessione dedicata alla vocalità della musica lirica in un momento in cui il canto lirico all’italiana è riconosciuto come Patrimonio immateriale UNESCO e in una città, quale Modena, terra di Luciano Pavarotti e di Mirella Freni, rappresentanti d’eccellenza del canto lirico all’italiana, assieme al Conservatorio Vecchi Tonelli, alla scuola di canto di Rajna Kabaivanska, fucina di giovani leve di cantanti. Scorrendo il programma si tratta di un evento per mettere in relazione i vari soggetti e luoghi dove si fa musica in città, più che una riflessione sullo stato dell’arte del canto. Per la definizione di Belcanto e dell’inquadramento storico de I Puritani nel teatro dell’opera, occorre affidarsi alle brevi note di Alberto Mattioli e di Marco Beghelli del programma di sala. E I Puritani di Vincenzo Bellini rappresentano per eccellenza il manifesto del Belcanto. Si è trattato di un allestimento dignitoso prodotto in casa, già allestito nel 2017, con il recupero di alcuni ruoli di allora quali l’Enrichetta di Nozomi Kato e il sir Giorgio di Luca Tittoto, curato da Francesco Esposito che realizza anche i costumi in epoca, tra corazze e alabarde, trucchi e parruccheria in pieno stile seicentesco inglese, su un impianto scenico di Rinaldo Rinaldi e Maria Grazia Cervetti, che ricreava una fortezza articolata su ponteggi e praticabili scorrevoli che definivano i vari ambienti come dal libretto.
Allestimento funzionale nella sua semplicità e, quando tutto è chiaro e comprensibile in scena, il pubblico non ha fatto mancare il suo consenso fatto di applausi calorosi egualmente condivisi tra chi era in scena. Interessante nella scena della follia di Elvira il gioco di specchi frantumati. Del resto non è facile allestire i Puritani, proprio per le difficoltà vocali che Bellini inserisce nel tessuto musicale, un titolo che compare in repertorio in fase alterne, proprio per la necessità di un quartetto di voci al limite, un soprano che sappia esprimere le arditezze vocali insite della parte di Elvira, adesso che si può contare sull’ edizione critica di Fabrizio Della Seta. L’interesse era incentrato sugli interpreti in grado di reggere l’opera con una locandina che aveva il suo punto di forza nel soprano spagnolo Ruth Iniesta, come Elvira, voce molto interessante per la sua vocalità di coloratura capace di sostenere le agilità. Ha definito un personaggio complesso dando spessore drammatico alla musica gestendo il tutto con misura e dosaggio nei suoi mezzi vocali di qualità usati con molta attenzione nell’impegnativa polacca Son vergine vezzosa, come a farsi interprete nella celebre scena della pazzia di Elvira Qui la voce sua soave … Vien, diletto, rimanendo ben incanalata nei binari della filologia belliniana belcantista. Peccato per una gestualità manierata che la definiva fin dall’inizio squilibrata, una gestualità anche banale condivisa anche sui altri personaggi tra sguainar di spade e rotear di mantelli.
Accanto a lei si inseriva a pieno titolo il tenore Ruzil Gatin che ha dimostrato di avere buone opportunità nel ruolo di Arturo il tutto da perfezionare ma di saper gestire con responsabilità i suoi mezzi vocali, fatta di una coloratura leggera e acuta, dimostrando sicurezza nell’aria A te, o cara, come nell’improvvida aria finale Vieni tra queste braccia, complessa per i passaggi in acuto richiesti presi con misura piuttosto che lanciati. Bella prestazione del basso Luca Tittoto, sir Giorgio, nelle sue arie come la parte del baritono Alessandro Luogo alle prese con il ruolo infido di Riccardo Forth per una sua propria non ben definita caratterizzazione vocale di baritono al quale si richiedono agilità. In un rituale tutto da teatro da provincia il duetto tra basso e baritono Suona la tromba intrepido viene bissato a furor di pubblico e divertente è risultata la trattativa con il direttore da quale battuta ripetere. Funzionali i ruoli di Lord Gualtiero con Andrea Pellegrini e di Sir Bruno Roberton con Matteo Macchioni. Bella la gestione del Coro Lirico di Modena operata con competenza dal maestro del coro Giovanni Farina.
La direzione orchestrale è stato forse l’elemento debole della produzione, condotta da Alessandro d’Agostini, a tratti rumorosa e scoordinata nella componente dei fiati e ottoni e non sempre allineata con la gestione del palcoscenico, a cui gli artisti hanno posto rimedio rientrando prontamente nei tempi dell’orchestra. Meglio la seconda parte e il finale gestito con maggior attenzione. Nel complesso si ha avuto la percezione di tanto lavoro e fatica sprecata all’interno di una rassegna che ha bisogno di un rodaggio e una precisa linea di indirizzo. Per il resto i bravi e le ovazioni ai singoli interpreti non si sono sprecate da parte del pubblico modenese che nella pomeridiana domenicale si presentava variamente composito per età in un teatro esaurito e che non ha lesinato applausi anche agli attrezzisti, la vera macchina teatrale, che sono sfilati sul proscenio.