Pesaro, Vitrifrigo Arena sabato 10 agosto 2024, ore 20
(altre rappresentazioni giovedì 15, domenica 18, giovedì 22 agosto)
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Commedia in due atti di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini
Rossini Opera Festival, produzione 2018
Il Conte d’Almaviva Jack Swanson
Bartolo (Dottore in medicina Tutore di Rosina) Carlo Lepore
Rosina (ricca pupilla in Casa di Bartolo) Maria Kataeva
Figaro (Barbiere) Andrzej Filonczyk
Basilio (Maestro di musica in Casa di Bartolo, ipocrita) Michele Pertusi
Berta (vecchia governante in Casa di Bartolo) Patrizia Biccirè
Fiorello (Servitore di Almaviva) – Ufficiale William Corrò
Ambrogio (Servitore di Bartolo) Armando De Ceccon
Direttore Lorenzo Passerini
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Regista collaboratore e luci Massimo Gasparon
Maestro collaboratore responsabile e fortepiano Michele D’Elia
Chitarra Eugenio Della Chiara
Assistente alle scene Serena Rocco
Assistente ai costumi Lorena Marin
Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno
Maestro del coro Giovanni Farina
Orchestra Sinfonica G. Rossini
Uno stereotipo per lungo tempo rimasto in auge vuole “Il barbiere di Siviglia” l’opera buffa per antonomasia, ma al giorno d’oggi, dopo un percorso virtuoso durato decenni col quale questo capolavoro di Rossini è stato ripensato sotto tutti gli aspetti, questo cliché suona decisamente riduttivo; se il divertimento vi si trova vivace, abbondante e garantito, l’opera si fonda soprattutto sull’intelligenza, sull’eleganza e su di una qualità musicale che ben pochi titoli eguagliano. Nel “Barbiere” hanno grande importanza, quali parti del corpo vivo dell’azione teatrale e musicale, i recitativi, che si tende a considerare materia secondaria, ma che in realtà non sono soltanto la transizione tra due numeri cantati o un’introduzione, ma piuttosto dei veri dialoghi di commedia, che esigono un’enunciazione chiara, di cui ogni sillaba deve essere comprensibile (vocali e consonanti con pari importanza), poiché è nel senso del discorso e non nelle gag (peraltro irrinunciabili) che nasce la comicità di questa commedia in musica. Quale lavoro rossiniano più rappresentato in assoluto, ha subito anche la triste sorte di essere stato il più rimaneggiato e danneggiato da una prassi che non si è mai curata di ricercarne le qualità autentiche, questo fino alla fondamentale edizione critica di Alberto Zedda, che ha restaurato la partitura depurandola da imprecisioni, errori, licenze e manomissioni, affermando un principio presto diventato un imperativo per lo studio e per l’interpretazione non del solo Rossini, vale a dire il rifiuto dell’inautentico, dell’arbitrario, dell’approssimativo.
Andata in scena alla Vitrifrigo Arena in Pesaro il 10 agosto per la 45^ edizione del Rossini Opera Festival, la “prima” del “Barbiere di Siviglia” ha confermato ancora una volta il forte richiamo che questo titolo inossidabile esercita, con un afflusso di pubblico che ha riempito gli oltre mille posti della sala. La regia di Pier Luigi Pizzi, la stessa che nel 2018 siglava una rappresentazione memorabile, lavora nel senso del solco tracciato da Zedda e rifugge da qualsiasi tono buffonesco, conferendo personalità ai caratteri; dovrebbe lavorare in questo senso anche il direttore Lorenzo Passerini, per quanto riguarda la materia specificamente musicale: per ogni singola situazione, per ogni aria anche l’orchestra dovrebbe trovare un particolare suono, quello giusto. Il podio potrebbe incontrare meglio i cantanti, oltre a farne guadagnare il suono orchestrale in colori e sfumature, staccando un ritmo meno sostenuto; una scansione veloce come quella impostata da Passerini costituisce da subito una pesante ipoteca sulle possibilità di introdurre quelle variazioni nell’agogica che vivacizzano l’esecuzione e consentono di evitare appiattimenti nell’espressività.
Complessivamente buona la prestazione della compagnia di canto; il ruolo del titolo è affidato ad Andrzej Filonczyk, che affronta la parte con irruenza ed energia, esprimendo una vocalità più impositiva che elegante, riuscendo in ogni caso a convincere e guadagnandosi la simpatia anche per la gestualità spigliata, nonostante alcune imprecisioni ricorrenti (qualche sillaba qua e là “mangiata” o poco chiara). Di pari livello l’Almaviva di Jack Swanson, una voce tenorile che gioca la carta della coerenza timbrica ed espressiva, della costanza nell’emissione (con un vibrato molto stretto) e che fa rilevare ricorrenti rigidità, oltre a un certo affaticamento nell’aria “Cessa di più resistere”, applaudita tiepidamente. Ineccepibile, da lode, il Bartolo di Carlo Lepore, che dà al personaggio il carattere che richiede, marca efficacemente la dizione con una “erre” velare (appropriato segno distintivo della sua classe sociale) e supera brillantemente lo scoglio della cabaletta col sillabato, poco aiutato dal ritmo troppo sostenuto imposto dal podio.
Michele Pertusi si conferma quale Basilio di valore paradigmatico, come a casa propria sul palcoscenico, irresistibile nell’aria della Calunnia; fantastica Maria Kataeva, una Rosina generosa di colorature e svettante negli acuti, di bel timbro tendente al contraltile, capace tanto di potenza nell’emissione quanto di suadenti morbidezze. Patrizia Biccirè, ben presente in scena come Berta, canta la sua aria garbatamente, mantenendo un profilo poco appariscente, William Corrò come Fiorello e Ufficiale mostra buona presenza in scena e fa sentire una voce robusta. In ogni caso, il successo di pubblico è stato raggiunto e gli artisti, come pure la regia e tutto lo staff, sono stati gratificati da acclamazioni e applausi, a scena aperta e in conclusione.