Rossini Opera Festival – Pesaro, mercoledì 21 agosto, Teatro Rossini, ore 16
CONCERTO DI BELCANTO
Daniela Barcellona mezzosoprano
Alessandro Vitiello pianoforte
Manuel de Falla
Siete canciones populares españolas
El paño moruno
Seguidilla murcian
Asturiana
Jota
Nana
Canción
Polo
Francesco Paolo Tosti
Quattro canzoni d’Amaranta
Lasciami! Lascia ch’io respiri”
L’alba separa dalla luce l’ombra
Invan preghi
Che dici, o parola del Saggio?
Fryderyk Chopin
Polonaise op. 26 n. 1
Gioachino Rossini
Péchés de vieillesse, Vol. 1 Album italiano
La regata veneziana (8-10)
Anzoleta avanti la regata
Anzoleta co passa la regata
Anzoleta dopo la regata
Tancredi
Recitativo “Oh patria!” e Cavatina di Tancredi “Di tanti palpiti”
Ambroise Thomas
Mignon
Air de Mignon “Connois-tu le pays”
Fryderyk Chopin
Polonaise op. 40 n. 1 “Militare”
Gaetano Donizetti
La Favorite
Récitatif “L’ai-je bien entendu” et Air de Léonor “O mon Fernand”
ph. ROF 2024 Amati Bacciardi
Un grande afflusso di pubblico ha accolto il recital di una delle beniamine del ROF, Daniela Barcellona, che ha equilibrato i contenuti del programma tra il genere cameristico e le arie d’opera, accompagnata al pianoforte da Alessandro Vitiello. Mezzosoprano che può sfoggiare un’ampia estensione, Barcellona si fa costantemente ammirare per un’emissione sicura, omogenea, morbida e anche in questa occasione non ha deluso, scatenando l’entusiasmo della sala. Non proprio calorosi gli applausi nella prima parte del recital: probabilmente una parte del pubblico avrebbe apprezzato maggiormente un programma fondato su celebri arie rossiniane, genere di cui il mezzosoprano triestino avrebbe modo di offrire un consistente assortimento. Nei teatri dove ha lavorato, Barcellona si è spesso distinta e ha brillato nell’interpretazione di opere poco rappresentate, sobbarcandosi il lavoro supplementare di ricerca e di contestualizzazione che richiede un titolo per il quale non ci sono esempi con cui confrontarsi, a differenza di quanto avviene per un’opera gettonata; nel recital per il ROF 2024 la scelta dei brani pare in linea con questo suo profilo, dal momento che si è orientata a musiche interessanti e raffinate.
Le “Sette canzoni popolari spagnole” costituiscono un punto di riferimento importante nella produzione di Falla, in quanto manifestano l’utilizzazione da parte dell’autore del folclore musicale della sua terra, secondo un processo di reinvenzione del canto popolare. “La mia modesta opinione è che in una canzone popolare lo spirito è più importante della lettera. Il ritmo, il modo e gli intervalli melodici sono la cosa principale, com’è dimostrato dal popolo con la trasformazione continua della linea melodica. Ma c’è di più: l’accompagnamento ritmico o armonico è importante almeno quanto la canzone stessa, e quindi bisogna ispirarsi in questo direttamente al popolo; chi la pensa diversamente con il suo lavoro non farà altro che un centone più o meno arguto di quello che vorrebbe realizzare nella realtà”: da questa sua dichiarazione si capisce come Falla, pur arricchendo con il suo gusto armonico una determinata melodia popolare, tramandata da questa o quella regione della Spagna, non ne tradisca mai le caratteristiche. Anche il contesto delle “Quattro canzoni d’Amaranta” è tutt’altro che banale: i testi, di Gabriele d’Annunzio, appartengono ad un progettato poema rimasto inconcluso, dedicato all’amore del poeta per la nobildonna Giuseppina Mancini Giorgi, detta Amaranta. Nel 1907, quando la vicenda amorosa stava terminando, Francesco Paolo Tosti ebbe il permesso di fornire la musica alle quattro poesie che avevano visto la luce; brani ispirati, mossi, che trascolorano e alternano momenti di buio ad altri luminosi, negli indugi di un amore devoto e nella consapevole malinconia del commiato.
Dopo l’intermezzo pianistico di una celebre Polacca di Chopin, si ascoltavano i tre episodi rossiniani della “Regata veneziana”, acclamati e a lungo applauditi, quindi con percepibile emozione, l’artista si rivolgeva al pubblico ricordando il suo exploit a Pesaro nel “Tancredi” del 1999, con la direzione di Gianluigi Gelmetti, alla memoria del quale dedicava il recitativo “Oh patria!” e la cavatina “Di tanti palpiti”. Il portato emozionale, pari alla bravura, scatenavano un’apoteosi di applausi e acclamazioni, in un crescendo di pathos che non lasciava insensibile l’interprete; tra gli ultimi due brani, anch’essi accolti calorosamente, ancora una pausa con la Polacca “Militare” di Chopin e infine il trionfo per i due artisti, decretato da un pubblico ammirato ed entusiasta.