Pesaro, Teatro Rossini, giovedì 8, lunedì 12, venerdì 16, mercoledì 21 agosto 2024 ore 20.
Rossini Opera Festival, produzione 2019 (allestimento)
L’EQUIVOCO STRAVAGANTE
Dramma giocoso in due atti di Gaetano Gasbarri
Musica di Gioachino Rossini
Ernestina (figlia di Gamberotto che affetta letteratura) Maria Barakova
Gamberotto (villano nobilitato) Nicola Alaimo
Buralicchio (giovane ricco, e sciocco promesso sposo di Ernestina) Carles Pachon
Ermanno (giovane povero amante di Ernestina) Pietro Adaini
Rosalia (cameriera di Ernestina) Patricia Calvache
Frontino (cameriere astuto di Gamberotto, e confidente d’Ermanno) Matteo Macchioni
Direttore Michele Spotti
Regia Moshe Leiser e Patrice Caurier
Scene Christian Fenouillat
Costumi Agostino Cavalca
Luci Christophe Forey
Maestro collaboratore e fortepiano Giorgio D’Alonzo
Assistente alla regia Eike Mann
Assistente ai costumi Camilla Massellis
Coro del Teatro della Fortuna di Fano
Maestra del coro Mirca Rosciani
Orchestra Filarmonica Gioachino Rossini
Al Rossini Opera Festival di Pesaro “L’equivoco stravagante” ritorna a casa: andato in scena nel 2019 sull’ampio palco della Vitrifrigo Arena per la regia di Moshe Leiser e Patrice Caurier, viene riallestito quest’anno al Teatro Rossini (il suo luogo ideale, secondo Leiser), dove già nel 2008 era stato rappresentato con la regia di Emilio Sagi e con l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento diretta da Umberto Benedetti Michelangeli. Data a Bologna nel 1811 con tre sole repliche, l’opera è frutto del lavoro di un Rossini in fase di maturazione e non vi è ancora quella definizione formale netta che sarà conseguita in seguito, opera dopo opera. Vi si notano avvisaglie di quello che sarà il Rossini maturo, come la felice invenzione melodica, il ritmo indiavolato, il famoso “crescendo rossiniano” che faranno la fortuna del Pesarese; l’unico articolo di critica dell’epoca di cui si è a conoscenza (apparso sul “Redattore del Reno” il 29 ottobre 1811), nello stroncare le “idee sconcie” del libretto, loda invece la musica del giovane Rossini. L’opera terminò sul nascere la sua parabola non tanto per un insuccesso di pubblico, che invece ne ebbe un genuino divertimento, quanto perché censurata dall’autorità civile per il libretto “contrario alla pubblica decenza”, così bollato nella lettera del Direttore Generale di Polizia che prosegue “Oltre allo stile ripieno tutto di Laide espressioni, e di frasi allusive alle più basse scurrilità, il nodo stesso dell’azione riposto tutto nell’equivoco di Ernestina, che per artificio di Frontino supponesi essere non una donna , ma un eunuco, bastar doveva perché questo Dramma non fosse permesso”.
E in effetti i doppi sensi e le allusioni salaci vi traboccano, veicolate con stile iperbolico da un’antilingua che si pone come grottesco alter ego del lessico aulico.
Nell’”Equivoco stravagante” la parte teatrale è preponderante rispetto alla musica, agli interpreti sono richieste buone qualità attoriali nella stessa misura di quelle canore, determinante è inoltre l’interazione tra regia e direttore d’orchestra. Leiser e Caurier ne enfatizzano ulteriormente la teatralità facendo indossare a tutti, coro compreso, dei nasi finti quale sineddoche della maschera teatrale, a significare che tutto è falso, con l’eccezione del sentimento. Al netto dell’anacronistico moralismo che ne stroncò l’esordio, tanto il libretto quanto la musica sono geniali, in grado di ottenere il massimo gradimento e di provocare incontenibile ilarità, al giorno d’oggi come allora; tutto il potenziale dell’opera si è sprigionato al Teatro Rossini in una rappresentazione brillante, trionfanti l’umorismo, l’intelligenza e la maestria interpretativa e strumentale.
Michele Spotti dirige con precisione e puntiglio, oltre che con elegante leggerezza e, rivolgendosi tanto alla compagnia di canto quanto alle sezioni strumentali, esprime il suo stile in una visione completa dell’opera. Spotti richiede sovente ritmi molto sostenuti, ben corrisposto da una compagnia di canto di eccezionale bravura, ammirevole per virtuosismo nelle colorature e nei vertiginosi sillabati. Incantevole Maria Barakova nel ruolo di Ernestina, svolto con dizione chiara e articolazione nitida; gran mattatore Nicola Alaimo quale Gamberotto, strabiliante per artifici vocali e irresistibile nella caricatura del villano rifatto. Gli tiene testa onorevolmente il Buralicchio di Carles Pachon, grottesco all’estremo e cantato/recitato senza cali di tensione; il timbro chiaro di Pietro Adaini ben si adegua alle diverse situazioni e si fa ammirare per enfasi drammatica nella sua aria.
Non sfigurano affatto le parti di Frontino e di Rosalia, secondarie ma non troppo, anzi, piuttosto vicine ai ruoli principali per consistenza e molto ben interpretate da Matteo Macchioni e Patricia Calvache; ammirevole il coro, che interagisce paritariamente, versatile come squadra di servitori, gruppo di letterati e compagnia di militari. Tutti quanti meritevoli dell’ovazione finale, tributata da un teatro gremito in tutta la capienza.