Pesaro, Teatro Sperimentale 14 agosto, ore 11.00

ROSSINIMANIA
Cantata in morte di M.F. Malibran
Musiche di G. Donizetti, G. Pacini, S. Mercadante, P.A. Coppola, N. Vaccaj
Testi di Antonio Piazza
Direttore DIEGO CERETTA
INTERPRETI
LYAILA ALAMANOVA
GIULIANA GIANFALDONI
SHACHAR LAVI
DAVE MONACO
GIORGI MANOSHVILI
MICHAEL MOFIDIAN
CORO DEL TEATRO DELLA FORTUNA
Maestro del Coro MIRCA ROSCIANI
FILARMONICA GIOACHINO ROSSINI

Pesaro, Teatro Sperimentale, 15 agosto, ore 16.00
CANTATA IN ONORE DEL SOMMO PONTEFICE PIO IX
Direttore CHRISTOPHER FRANKLIN
L’Amor pubblico PIETRO ADAÍNI
La Speranza MARINA MONZÓ
Il Genio cristiano MICHAEL MOFIDIAN
Corifeo ANTONIO GARÉS
CORO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
Maestro del Coro: GIOVANNI FARINA
FILARMONICA GIOACHINO ROSSINI

 

Rof 2023. Cantata in morte di Maria Malibran

Quest’anno, al 44° Rossini Opera Festival, la prima rappresentazione in tempi moderni di Eduardo e Cristina è affiancata da due cantate con le quali condivide la sorte di mancare dalle sale da lungo tempo, quella “In morte di Maria Felicita Malibran” e quella “In onore del Sommo Pontefice Pio IX”, eseguite al Teatro Sperimentale di Pesaro rispettivamente il 14 e il 15 agosto. Maria Malibran (1808-1836) fu il più grande soprano dell’Ottocento, come la Callas lo fu per il secolo scorso; in più, Malibran mieteva soltanto elogi, mentre alla Callas non furono risparmiate anche delle critiche. Quando morì, il 23 settembre 1836, aveva appena 28 anni ma alle spalle una vita già piena; francese di nascita ma di famiglia spagnola, all’anagrafe Maria Felicia García, era figlia di Manuel García, il tenore per cui Rossini scrisse la parte del conte di Almaviva nel Barbiere di Siviglia e la parte di Norfolk in Elisabetta regina d’Inghilterra, nonché sorella di Manuel jr. (noto baritono, didatta e foniatra) e di Pauline Viardot (il più grande contralto del secondo Ottocento, oltre che compositrice, musa di Berlioz, amante di Turgenev). Il cognome lo deve al marito François-Eugène Malibran, di 27 anni più anziano, conosciuto a New York nel 1825 durante le recite del “Barbiere di Siviglia”, prima opera italiana in assoluto a esservi rappresentata. L’unione durò poco e, mentre il marito rimaneva in America, lei fece una carriera stellare in Europa, accompagnandosi a Charles-Auguste de Bériot, uno dei più famosi violinisti; nonostante il suo successo abbagliante, nessun compositore scrisse mai un’opera per lei. Autori della cantata in suo onore furono i maggiori compositori d’opera del momento, dato che Bellini era già morto e Verdi avrebbe debuttato in teatro solo due anni dopo: Gaetano Donizetti (sua la Sinfonia), Giovanni Pacini (Il cippo di Manchester), Saverio Mercadante (L’inaugurazione), Pietro Antonio Coppola (La Corona), Nicola Vaccaj (Il monumento di Milano). Rossini, che di Maria Malibran era innamorato, come tutti, vi manca e non se ne sa il motivo; non vi è notizia che qualcuno gli avesse chiesto di partecipare a questo progetto e che lui avesse rifiutato. Questa cantata fu preceduta da un’altra, composta da Carl Otto Nicolai ed eseguita al Teatro Comunale di Bologna poco dopo la morte della cantante. Come indicano i titoli dei movimenti, la cantata in argomento non fu specificamente composta in occasione della scomparsa della cantante, ma più tardi, per finanziare l’opera dello scultore Pompeo Marchesi, che aveva eseguito un busto collocato poi al Teatro alla Scala; fu eseguita per la prima e unica volta al Teatro alla Scala il 17 marzo 1837. La citazione più toccante è nella Sinfonia di Donizetti, che riprende, affidandolo al corno inglese, il tema di Romeo da “I Capuleti e i Montecchi”, ruolo en travesti del quale è memorabile l’interpretazione di Malibran nell’ultimo atto, che la cantante era solita sostituire con quello di “Giulietta e Romeo” di Vaccaj: “Ah, se tu dormi, svegliati, sorgi mio ben, mia speme”.

Questa rara occasione di ascoltare la “Cantata in morte di Maria F. Malibran” (su testi di Antonio Piazza) vedeva protagonisti, con l’indefettibile direzione di Diego Ceretta, l’Orchestra Filarmonica “Gioachino Rossini” e il Coro del Teatro della Fortuna di Fano preparato da Mirca Rosciani, una formazione di provetta esperienza nel teatro musicale, in costante collaborazione con il Festival. In primo piano le voci soliste dei soprani Giuliana Gianfaldoni e Lyaila Alamanova, del mezzosoprano Shachar Lavi che si distingueva in un mirabile “solo” nell’episodio musicato da Coppola, di Dave Monaco (tenore), Michael Mofidian (baritono) e Giorgi Manoshvili (basso). Una sala partecipe ed entusiasta tributava lunghi applausi dopo un’esecuzione intensa e apprezzata al massimo grado; era percettibile il forte coinvolgimento dei musicisti, che tutti si sono prodigati in un’espressività generosa; ottime anche le voci, impegnate in tessiture a volte non semplici, anche a cinque e sei voci ognuna delle quali con una sua linea a fiancheggiare orchestra e coro.

Rof 2023. Catata in onore di Pio IX Monzo,Franklin,Adaini,Gares,Mofidian

Dopo breve intervallo (il giorno successivo), è giunto il turno di un’altra rarità, la “Cantata in onore del Sommo Pontefice Pio IX”, con musica di Gioachino Rossini su testo poetico di Giovanni Marchetti, anch’essa eseguita al Teatro Sperimentale. Come è destino dei brani di questo genere, destinati a un’unica celebrazione, dopo una sola esecuzione la cantata dedicata a Pio IX fu ben presto dimenticata. La tensione patriottica vi convive con l’intento celebrativo; quando Giovanni Maria Mastai Ferretti, nato a Senigallia, viene eletto papa col nome di Pio IX (nel giugno 1846, due anni prima del Quarantotto), siamo in un’Italia ancora divisa e a molti patrioti sembrò che proprio Pio IX potesse essere la persona giusta per portare a compimento quel progetto di unificazione della penisola, sotto la guida sia spirituale sia politica di un pontefice, secondo il progetto teorizzato da Vincenzo Gioberti. Queste speranze si fecero più concrete quando Pio IX, dopo poche settimane dall’elezione, concesse l’amnistia ai prigionieri politici: vi furono festeggiamenti in tutta la penisola, ai quali partecipò lo stesso Rossini. A Bologna, dove il compositore allora risiedeva, approntò una partitura dal titolo “Grido di esultazione riconoscente alla paterna clemenza di Pio IX”; Bologna faceva ancora parte dello Stato pontificio e il papa era pertanto visto come sovrano. Il “Grido” venne eseguito a Bologna sulla scalinata di S. Petronio, con 500 esecutori tra professionisti e dilettanti, diretti dallo stesso Rossini. Rossini aveva fatto in realtà poca fatica: aveva preso un coro da “La donna del lago” chiedendo a un poeta di mettervi dei versi di tripudio adatti alla circostanza, lo stesso coro che aveva riciclato due anni prima per celebrare il terzo centenario della nascita di Torquato Tasso. Quando gli venne chiesto di spendere un impegno maggiore in onore del papa scrivendo una cantata, dapprima offrì al poeta Marchetti lo stesso coro di Bologna, al quale adattare dei versi per la circostanza e, in quanto a comporre una cantata, ricusò; “… dal 1828 deposi la lira e sarei nella impossibilità di riprenderla”. Dovette poi ricredersi, poiché dietro la richiesta c’era la potente famiglia dei Torlonia, che voleva farsi un merito con il nuovo papa e con la quale Rossini era legato anche economicamente. Così, pur controvoglia, Rossini acconsentì e il procedimento di questa cantata fu analogo a quello del “Grido” di Bologna: Rossini prese interi brani da tre delle sue opere ormai fuori repertorio (Ricciardo e Zoraide, Armida e L’assedio di Corinto) passandole a Marchetti perché apponesse nuovi versi di elogio alle vecchie musiche, limitandosi a scrivere ex novo i recitativi di raccordo, oltre che a rivederne l’orchestrazione. La cantata fu eseguita il 1° gennaio 1847, il papa non vi assistette, non era infatti nella prassi che partecipasse a eventi pubblici. Nato nello stesso anno di Rossini (il 1792), papa Mastai Ferretti amava molto la sua musica; da parte sua Rossini, il 25 aprile 1866, gli scrisse per chiedergli di abolire il divieto per le donne di cantare in chiesa, richiesta che andò delusa (il divieto fu ribadito da Pio X nel 1903 e cadde ufficialmente solo nel 1967, dopo il Concilio Vaticano II).
Eseguita per la prima volta al ROF, la “Cantata in onore del Sommo Pontefice Pio IX” vedeva sul palco l’Orchestra Filarmonica “Gioachino Rossini” con Christopher Franklin quale direttore, il Coro del Teatro Ventidio Basso preparato da Giovanni Farina e, nei ruoli di personaggi allegorici, i tenori Pietro Adaini (L’amor pubblico) e Antonio Garés (Corifeo), il soprano Marina Monzò (La Speranza), il basso-baritono Michael Mofidian (Il Genio Cristiano). Nonostante la consapevolezza di trovarsi alle prese con un ennesimo autoimprestito rossiniano, non si può non gustare a pieno questa musica eccellente, manifestazione di virtuosismo orchestrale oltre che vocale, che riesce in ogni caso a esprimere i valori adeguati alla circostanza quali solennità, tripudio, potenza, trionfo e devozione. Stupenda la prova dei cantanti, a cominciare da Pietro Adaini cui era affidato il lungo motivo introduttivo, ammirevole Marina Monzò che svettava a fianco di tre parti maschili di gran calibro in passaggi brillanti e di estensione proibitiva; ottima la prestazione di Antonio Garés e Michael Mofidian, che ricoprivano onorevolmente i loro ruoli sia in brevi “a solo” sia in polifonia; eccelleva la conduzione di Christopher Franklin, che senza un attimo di respiro ha gestito al meglio una partitura quantomai impegnativa, prodigandosi tanto nei confronti dell’orchestra quanto con i cantanti.
Un meritato successo, siglato da lunghi e convinti applausi.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui