Pesaro, Vitrifrigo Arena venerdì 9 agosto 2024. ore 20
(altre date martedì 13, sabato 17, martedì 20 agosto 2024)
ERMIONE
Azione tragica in due atti di Andrea Leone Tottola
Musica di Gioachino Rossini
Rossini Opera Festival, nuova produzione
Ermione Anastasia Bartoli
Andromaca Victoria Yarovaya
Pirro Enea Scala
Oreste Juan Diego Florez
Pilade Antonio Mandrillo
Fenicio Michael Mofidian
Cleone Martiniana Antonie
Cefisa Paola Leguizamon
Attalo Tianxuefei Sun
Direttore Michele Mariotti
Regia Johannes Erath
Scene Heike Scheele
Costumi Jorge Jara
Video Bibi Abel
Luci Fabio Antoci
Maestro collaboratore responsabile Giulio Zappa
Direttore banda di palcoscenico Alessandro Bombonati
Assistente alla regia Lorenzo Nencini
Assistente alle scene Greta Carmelini
Collaboratrice ai costumi Uta Baatz
Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno
Maestro del coro Giovanni Farina
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
È andata in scena il 9 agosto alla Vitrifrigo Arena di Pesaro la “prima” di “Ermione”, titolo assente dalla programmazione del Rossini Opera Festival dal 2008, quando venne rappresentata con una compagnia di canto stellare. Opera tra le più problematiche nella produzione seria di Rossini, è anche tra le più intense e stupefacenti, un capolavoro a lungo misconosciuto in grado di catturare l’attenzione, di impressionare profondamente e di incantare. La cospicua affluenza di pubblico nella vasta sala dell’Arena testimonia le aspettative e la curiosità che questo titolo suscita, incentivate dalla presenza di interpreti davvero all’altezza dell’impresa; atteso anche il ritorno al ROF di Michele Mariotti, direttore tra i più illustri, che sarebbe riduttivo (oltre che inappropriato) etichettare come rossiniano soltanto per le sue origini pesaresi. Mariotti in ogni caso coltiva la passione per il Rossini serio e colossale, con titoli quali “Semiramide”, “Guillaume Tell”, “La donna del lago” al suo attivo; il pieno, assoluto successo ottenuto da questa rappresentazione di “Ermione” dà la misura dell’accuratezza e della profondità con cui Mariotti legge questa partitura, di grande pregio e impegnativa. Dramma definito come “sperimentale” da buona parte della critica (da Stendhal in avanti), è invece piuttosto un’opera di svolta, con la quale Rossini si proietta al futuro e inferisce evidenti rotture agli schemi classici, iniziando con una sinfonia che viene interrotta dal coro, fino ai numeri dove il declamato e le pause hanno valore equivalente al cantato. Possiamo considerare questo tra le probabili cause dell’insuccesso degli esordi, sulle quali poco di certo ci è dato sapere, dato che le fonti sono scarse (nessuna italiana) e non del tutto attendibili: nelle conversazioni dell’autore con Ferdinand Hiller (1855) e nella precedente biografia rossiniana dei fratelli Escudier (1854) è difficile determinare, a proposito di “Ermione”, quanto sia stato effettivamente detto da Rossini e quanto invece gli sia stato messo in bocca. Di sicuro, “Ermione” era troppo avanti per l’epoca e Rossini stesso (questo è certo) disse che il pubblico, disorientato dalla sua partitura, l’avrebbe capita solo in seguito, forse dopo tre o quattro anni. Nella gran scena di Ermione del II Atto, ad esempio, c’è un cambio continuo di stati emotivi, dove la protagonista passa repentinamente dalla rabbia alla dolcezza: qui la musica segue queste emozioni altalenanti e un’idea non viene mai sviluppata fino in fondo, oppure viene cambiata generando incertezza, instabilità. Tutta la forza di questo dramma degli amori non corrisposti, che richiede agli interpreti un’attorialità di presenza piuttosto che di azione, si è sprigionata nella rappresentazione, con una compagnia di canto che ha affrontato egregiamente l’impresa e ha brillato per bravura, sostenuta da una regia molto attenta agli aspetti musicali del dramma.
Una scenografia elegante nella sua essenzialità, nella quale domina il nero, è intrecciata a installazioni video di carattere cupo, che hanno il gran pregio della discrezione; i costumi sciorinano una bella miscellanea di stili, con cromie non troppo appariscenti. Puntuali ed efficaci le entrate del coro, anche fuori scena, come pure i numeri della banda sul palco. Enea Scala nei panni di Pirro dà vita con vocalità indefettibile e grande energia al personaggio psicologicamente meno complicato, il re che impone il suo volere a dispetto di tutti, in una scrittura che richiede l’estensione del baritenore.
Veramente grande Anastasia Bartoli nel ruolo del titolo, una parte incredibilmente complessa anche per i diversi stati d’animo da rappresentare: inizia ottimamente, con emissione potente alla quale non difettano agilità e versatilità, esprimendo poi tutte le doti necessarie alla Scena nell’Atto Secondo; una celebrità qual è Juan Diego Florez copre la parte di Oreste, di entità più ridotta, accolta in ogni caso da una sonora ovazione dopo la prima aria; acclamazioni e ben meritati applausi a scena aperta per l’inappuntabile Andromaca, resa con la voce satura e ben timbrata di Victoria Yarovaya.
Se i rimanenti ruoli non godono della stessa visibilità dei protagonisti (solo nella breve Scena 4^ dell’Atto Secondo Fenicio e Pilade hanno un recitativo con duetto), è indispensabile che siano svolti quanto meglio possibile per sostenere adeguatamente dialoghi e transizioni e questo hanno fatto, egregiamente, gli interpreti di Cleone, Pilade, Cefisa, Attalo e Fenicio. Michele Mariotti e l’orchestra hanno costruito una solidarietà ammirevole: di eccezionale raffinatezza sono la tessitura orchestrale e le dinamiche, ricco e seducente il suono d’insieme, come pure quello delle singole sezioni, incantevoli gli assolo dei fiati nella Sinfonia. Si resta col fiato sospeso fino alla conclusione, suggellata da dieci minuti di acclamazioni e vigorosi applausi, dove la catastrofe è plenaria: Pirro morto, Oreste semifolle, strumentalizzato, omicida suo malgrado senza per questo ottenere l’amore di Ermione, la protagonista che viene meno, lacerata da pentimento, rimorso e disperazione.
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