Roma | Sala Santa Cecilia
Auditorium Parco della Musica | 11 maggio 2024, ore 18
Stagione Sinfonica 2023/2024
G. Gershwin | Cuban Overture
M. Bates | Concerto per pianoforte (prima esecuzione italiana)
S. Rachmaninoff | Danze sinfoniche op. 45
Daniil Trifonov pianoforte
Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia
Jakub Hrůša direttore
Jakub Hrůša torna, in qualità di direttore ospite principale, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia per la “prima” italiana del Concerto per pianoforte del compositore statunitense Mason Bates, dedicato e affidato al virtuosismo di Daniil Trifonov, «il pianista più sbalorditivo della nostra epoca» secondo il Times.
Bates è un artista a tutto tondo: nato nel 1977 a Philadelphia, ha pubblicato le prime composizioni a 16 anni; ha scritto un’opera ispirata al fondatore della Apple, Steve Jobs, commissionata dalla Santa Fe Opera (The [R]evolution of Steve Jobs); musiche per il film The Sea of Trees del regista Gus van Sant, un Concerto per violino per Gil Shaham, attualmente è first composer-in-residence al Kennedy Center di Washington e, parallelamente, si esibisce come deejay salendo in consolle con il nome d’arte di DJ Masonic: in questa veste si è prodotto in questi stessi giorni all’American Academy di Roma. Su commissione dalla Philadelphia Orchestra e dalla San Francisco Symphony, Bates ha composto il concerto durante la pandemia pensando a Trifonov. Raramente compositore e solista possono risultare così in sintonia. Trifonov e l’orchestra hanno fatto leva sulle idee attraverso un’invisibile rete da tennis musicale (negli stessi giorni a Roma si gioca il più importante torneo tennistico italiano), intrecciando i temi con eleganza e grazia. Trifonov interpreta la musica di Bates a memoria, portando avanti la trama musicale fin dall’inizio. Dopo alcune misure di ambientazione orchestrale, il movimento di apertura inizia con un corale a quattro parti del pianoforte che si sviluppa in un vivace motivo di danza. I botta e risposta tra il solista e l’orchestra sono colorati da corde strimpellate e percussioni. Il movimento è un paese delle meraviglie di tortuosi percorsi musicali, in cui i fiati trafiggono le nuvole scure e le terzine piovono da una parte e dall’altra. Un trionfale inno di ottoni introduce morbidi accordi di pianoforte mentre l’opera scivola nel secondo movimento, ricco di dolci e tristi melodie. Le note iniziali del pianoforte possono ricordare alcuni dei preludi più introspettivi di Rachmaninoff (o la versione pianistica di Isle of the Dead), cui l’orchestra risponde con distensione, danzando in tonalità maggiori. Ci vuole quasi tutto il movimento, ma alla fine l’orchestra riesce a risollevare il morale del solista. Su un accordo finale di riposo, il pianoforte introduce un ritmo sincopato su una sola nota. L’orchestra lo riprende, lo espande e si parte per un’avventura guidata da ritmi da dance-club e da una serie di succulenti climax. Mentre la tensione cresce, Trifonov passa dalle note basse a quelle alte, raggiungendo i massimi livelli di decibel che il grancoda può evocare. L’orchestra ruggisce e i tamburi tuonano. Hrůša dirige assecondando questa follia, eppure il concerto si conclude nel perfetto connubio tra ragione ed emozione, tenerezza e clamore di suono.
Il programma è completato da due capolavori della prima metà del Novecento caratterizzati entrambi da una grande varietà di ritmi e momenti espressivi. In apertura la Cuban Overture di George Gershwin resa con la colorata teatralità che ben si confà al poco addomesticato son cubano che il giovane statunitense ascoltò dalla viva voce dei percussionisti all’Havana. Campanacci, maracas, guiros, conga, bongo, claves per dieci minuti “rumba orchestrale”… pura vivacità ritmica e melodie suadenti.
A chiudere il concerto le Danze Sinfoniche, vero e proprio testamento spirituale di Sergej Rachmaninoff, in cui è impiegata una vasta orchestra sinfonica, che comprende strumenti come sassofono, pianoforte, xilofono e di nuovo molte percussioni. Hrůša e l’orchestra danno il meglio di sé, mettendo in risalto lo scintillio dell’orchestrazione senza ostacolare l’insieme. Massimo risalto all’ottimo assolo del sassofono del primo movimento, mentre gli altri risultano sapientemente integrati nella tessitura e, per i primi due movimenti, il tono generale è di pacata disinvoltura piuttosto che di teatrale spavalderia. Nel movimento finale, il tema del Dies irae è libero di crescere attraverso un bizzarro bagliore macabro e allegro al tempo stesso, fino a una formidabile esultanza e a un finale entusiasmante, traboccante di energia cui il pubblico reagisce con numerosi applausi.
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