Verona, Teatro Filarmonico, venerdì 27 ottobre ore 20.00
Stagione Lirica 2023
Amleto
Tragedia lirica in quattro atti di Franco Faccio
Libretto di Arrigo Boito
DIRETTORE Giuseppe Grazioli
REGIA Paolo Valerio
SCENE E PROJECTION DESIGN Ezio Antonelli
COSTUMI Silvia Bonetti
LUCI Claudio Schmid

Personaggi e interpreti
AMLETO Samuele Simoncini
CLAUDIO Damiano Salerno
POLONIO Francesco Leone
ORAZIO Alessandro Abis
MARCELLO Davide Procaccini
LAERTE Saverio Fiore
OFELIA Eleonora Bellocci
GELTRUDE Marta Torbidoni
LO SPETTRO Abramo Rosalen
UN ARALDO Enrico Zara
IL RE DI GONZAGA Francesco Pittari
LA REGINA Marianna Mappa
LUCIANO Nicolò Rigano
UN SACERDOTE Maurizio Pantò
PRIMO BECCHINO Valentino Perera

Amleto EnneviFoto

Quella di Amleto, seconda ed ultima opera del compositore veronese Franco Faccio, fu fin dalle origini una storia travagliata. Faccio, nato a Verona nel 1840, la compose alla giovane età di 25 anni insieme all’amico Arrigo Boito. I due erano legati  da una lunga amicizia nata in Conservatorio e durata per tutta la vita. La prima rappresentazione dell’opera, avvenuta a Genova nel 1865, fu applaudita, tant’è che i due la rimaneggiarono per ammorbidirla e adattarla al pubblico scaligero. Ma la prima al Teatro alla Scala del 9 febbraio 1871 fu un fiasco; l’opera venne fischiata (si dice per l’indisposizione del tenore di allora Mario Tiberini), e  Faccio ritirò la partitura non volendo più farla eseguire in futuro. Fu così che il notevole lavoro di Faccio fu ingiustamente condannato all’oblio. Dopo 143 anni di assenza dalle scene teatrali, l’opera torna in scena ad Albuquerque, nell’autunno del 2014, grazie al lavoro per l’edizione critica dell’opera iniziato nel 2003 dal Maestro Anthony Barrese. Nella primavera del 2016 è a Wilmington e nell’estate dello stesso anno debutta al Festival di Bregenz. Lo spettacolo di Bregenz viene ripreso due anni dopo a Chemnitz.
Per la prima rappresentazione italiana in tempi moderni si è atteso fino al 2020, quando l’opera venne messa nel cartellone della stagione lirica del Filarmonico ma la pandemia ne ha impedito l’esecuzione. Finalmente siamo giunti a poterla ascoltare nella stagione 2023 del Teatro Filarmonico: non senza intoppi visto che una rappresentazione (quella di mercoledì 25 ottobre) è saltata per sciopero dei lavoratori della Fondazione Arena.

Amleto EnneviFoto

Fondazione Arena, per questa rappresentazione inedita, mette in scena uno spettacolo di grande qualità scenica ed esecutiva, con una scelta di voci di tutto rispetto. Il pubblico non manca di affollare il teatro nonostante la rappresentazione infrasettimanale (venerdì). Un pubblico curioso e attento per un’opera che richiede un ascolto e un approccio diverso: ascoltare per la prima volta un’opera completamente sconosciuta fa scattare immediata mente la voglia di paragonarla a tutto ciò che è già in repertorio. Ma la musica e l’orchestrazione sono sorprendenti e imprevedibili e difficilmente inquadrabili negli schemi del melodramma ai quali siamo abituati. Colori strumentali inediti, registri vocali portati ai limiti della tessitura, recitativi bisbigliati, ricerca di spazialità sonora fra voci, cori, bande fuori scena e quartetto d’archi. Tutto ciò si può spiegare con l’età del compositore al momento della creazione dell’opera: 25 anni, età di ingenuità e inesperienza, ma anche di grande energia, freschezza e voglia di stupire. Passando alle voci emergono su tutti i due protagonisti: l’Amleto di Samuele Simoncini: drammatico e potente, voce squillante su tutti i registri per un’interpretazione intensa e mai sopra le righe. Ofelia della notevole Eleonora Bellocci si distingue per fraseggio e vocalità adeguata alla parte, ha regalato una raffinata e delicata interpretazione del solo alla fine del terzo atto, prima di cadere morta sulle rive del fiume. Convincono anche Polonio di Francesco Leone e il Re di Danimarca Damiano Salerno. Bene anche la voce di Gertrude Marta Torbidoni, intensa e piena. Laerte interpretato da Saverio Fiore piace per la rotondità dell’emissione.
Hanno ben figurato tutti gli altri: Orazio di Alessandro Abis più del Marcello di Davide Procaccini; Abramo Rosalen (lo spettro); Enrico Zara (un araldo), Francesco Pittari (il re di Gonzaga), Marianna Mappa (la regina), Nicolò Rigano (Luciano), Maurizio Pantò (un sacerdote) e Valentino Perera (primo becchino).
Notevole prova drammatica e interpretativa del coro diretto da Roberto Gabbiani.
La direzione di Giuseppe Grazioli, precisa e fedele alla partitura, ha saputo coniugare e amalgamare una notevole varietà timbrica, strumentale e stereofonica: sapendo gestire con brillantezza la banda fuori scena e il quartetto d’archi con arpa durante la scena della rappresentazione teatrale.

Amleto EnneviFoto

“Pochi ed essenziali elementi scenici, per creare uno spazio indefinito ed evocativo, dove la parola poetica di Arrigo Boito e le armonie sospese di Franco Faccio si attraversano e si mescolano alla ricerca di una sinestesia, per ascoltare le immagini e vedere la musica”. Queste le note di regia di Paolo Valerio, che ha puntato tutto sull’essenzialità e il minimalismo; scelta azzeccata che ha permesso di mettere in risalto l’aspetto più drammatico e profondo della personalità di Amleto. Molto interessante l’idea di proiettare la partitura di Faccio ad ogni inizio e fine atto, come a volerci ricordare unicità dello spettacolo al quale stiamo assistendo.

Amleto EnneviFoto

I graziosi costumi di Silvia Bonetti hanno invece caratterizzato i personaggi con dei gruppi di colore: bianco per il coro, rosso per il Re e Gertrude, blu-azzurro per Ofelia, Polonio e Laerte, nero per Amleto. Uno spettacolo sicuramente riuscito e partecipato per una scelta di cartellone fuori dagli schemi ma che ha saputo incontrare la curiosità del pubblico; chi conosceva Franco Faccio come direttore d’orchestra (diresse anche importanti prime verdiane) ha scoperto un inedito giovane compositore frenato forse prematuramente dalla fredda accoglienza dei suoi primi spettatori.

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