Torno dalla mia cabina, ho fatto un gancio strategico dal Mess ufficiali per impugnare un bel tazzone di caffe, e torno nel Centrale per vedere una riunione fra il Secondo, Jones e il Capo centrale che ha già il naso nei suoi appunti. Sono in piede nel corridoio nel passaggio di accesso al centrale le guardo fare, non che la scena è inabituale ma il mio quinto senso e mezzo mi dice che ci si nasconde qualcosa alla mia attenzione. La gomitata discreta che il Capo centrale dà al Secondo, dopo avermi notato dalla coda dell’occhio, mi rivela indizi. In Tant’ siamo in strada per la base Nibraforbe per rendere alla vita odierna i tre civili che abbiamo abbordo. Abbiamo più di un’ora e mezza di transito prima di tornare alla base.
– Novità? Chiedo al momento di riprendere il mio posto nella poltrona del centrale.
– Niente più dei soliti segnali, di quale non ci occupiamo. Missioni non richieste da l’Intel per la maggior parte.
– Quanti c’è ne sono?
– Uno.
– E di solito quanti c’è ne sono.
– ‘na decina… Varia… cinque, sei… Roba del genere.
– Jones, azimut e distanza?
– Nel 180, 26 miglia.
– Vediamo se la strumentazione le becca a quest’angolo. Dai! Storia di vedere…. Per calibrazione…
I due ingegneri del cantiere si chiedono se devono ricollegare al meno un lap top e li faccio segno col mento che sarebbe meglio…
– Jenkins mettimi tutto in moto, Capo centrale? che c’è sul suo blocco, che è già fornito di fogli.
– Un file che viene con i rilevamenti sparsi, chi sono, se sono schedati, se c’è un album già pubblicato… queste robe qui in somma. Generalità su tutti rilevamenti presenti.
– Quanti?
– Uno.
– Secondo, li lascio la manovra per entrare alla base. Capo, è sul nostro rilevamento gli appunti che hai?
– Si, vuole che faccio un rapporto?
Solevo lo sguardo e considero tutto il Centrale Operativo, in un’osservazione circolare per fare capire che siamo in immersione e che non c’è un migliore posto, per fare una lettura ad alta voce.
– La band si compone di Jacopo Coen alla voce chitarra, Matteo Bertagnolli al basso e seconda voce, Andrea Spellini – batteria. La Demo del trio Herr “LOVE IS IN THE HERR” è stata registrata e mixata in quarantena, al Roccia Studios, uno studio personale di Molveno, a casa di Andrea. Caso vuole che subito dopo il Premier Conte impone il lockdown e i tre si ritrovano in quarantena in studio. Le tracce sono state mandate a Giuseppe Sogaro al Mastering e missaggio White Beech di Liverpool che decide di partecipare al progetto, da dove dirige la loro inettitudine nel registrare, e fa il lavoro di missaggio e mastering. Il suono del gruppo sono i groove funky creati da una simbiosi a tratti punk tra batteria, basso e chitarra con sporadici elementi elettronici. Sulle basi Jago incastra dei rap con quello che gli frulla per la testa. La copertina e di Jacopo Coen.
– Rap? Jenkins? Mie pillole per favore!
– Normalmente non trattiamo quel tipo di rilevamenti…
– Capisco, capo. Guardiamo i dati lo stesso…
Allora cosa troviamo di diverso con altri gruppi di rap. Beh già, il giro musicale diverso. Non si tratta di un loop o di un DJ che aggiunge scratches a una base lap top. Non abbiamo tutte le “introduzioni” vocali composte di “Uh!” e di “Ahaaa”, “Mc blabla is in the place” e altri condimenti orbitali che si fanno comunamente e quasi automaticamente. Non c’è l’attitudine provocante e la gestuale piene di mimiche, viste tre milioni di volte, (hanno le mani impegnate sugli strumenti) un po’ come quelli di “Got it” di quale abbiamo già parlato, solo con reazioni allergiche minori. Di comune abbiamo la lunghezza dei testi, le parolacce nei testi (poche a dira la verità), gli spinelli nei testi, e metriche usuale che cadono naturalmente sulla musica, senza avventurarsi nell’innovazione, ne l’originalità. Per la grafica, il logo della band sembra essere stato ricavato dall’identificazione di un flight-case con pezzi di adesivo elettrico. Preso in foto e lasciato cosi. Al meno è originale. Buon, andiamo fare un giro, con il loro disaggio: “Numeri” mi fa notare un bel basso messo avanti, come mi piace. E spero già ritrovare queste proporzioni allungo l’album. La batteria non è troppo invasiva e sta arretrata con la chitarra per lasciare la raffica di “numeri, numeri, numeri, numeri, numeri, numeri…” prendere il sopravento. Una tastiera aggiunge colori, come un contorno su un piatto di restaurante. Il tutto e piacevole allo sguardo come al gusto. Mi riprendo una pillola. Perché rimangono ancora 4 brani.
Felicemente ritroviamo le stesse proporzioni di strumenti sulla seconda traccia “Cinico” e penso che questo sarà il tono del album. Tranne che la chitarra si incarica di adornare i versi di frase corte e ripetitive lasciate in overdub sopra la chitarra originale che scivola sulla pedala wha-wha alla moda new yorkese. Leggero “Tongue twister” equivalente a trenta trote trentine che trottolano: “Che han gusto a tirare limiti fatti di lividi Crimini cinici di bravissimi medici” occupa la posizione strategica degli “numeri, numeri” della traccia precedente. “Mood” e il pezzo più funky del album e comincia con un mix di testo fra inglese e italiano in un’atmosfera affumicata di erbe a proprietà tribale e spirituale. La tastiera appare solo discretamente nel ritornello, rappresenta un’interferenza continua che segue i cambi di tonalità. “Chica” richiama i cori del trio per punteggiare di HEY! ogni misura, dei fine versi, come la ricetta richiede. La chitarra si sposta un po’ più avanti, per sostenere i vocali che scaricano raffiche di consonanti risonanti, sottolineate dall’appoggio della seconda voce, secondo schemi classici nel rap: Bum, bum, tcia!
“Sottochiave” è condito di molte più tastiere che guidano melodicamente la traccia. La chitarra si fa ritmica e rimane campata nel suo giro. Il basso che fa bollicine, crea la trama su di quale la voce rimbalza. Ci si sente Salvini (credo) che invita immigrati a fare le valige. Io vorrei avere la sua convinzione, ho quello che fuma. La sua orbita e stabile sopra le realtà del mondo, in fine le parole delle canzoni son più vicine alla vita odierna, che quelle di un eletto.
Herr si allontana a misura che l’effetto delle mie pillole si dissipa. La strumentazione è stata capace di beccare tutto il segnale, nonostante l’angolo della sua provenienza. La capacita di letteralmente suonare strumenti dal vivo e di depositare un testo sopra la performance musicale, le distacca un po’ dal branco, in questo settore del Hip hop. Quello che mi irrita un po’ in questo genere e la fotocopia automatica e fedele di mimiche, teste che dondolano come cagnolini sulla spiaggia del retro finestra della macchina, pause, segni digitale della gengha, attitudini di disdegno e superiorità di cartone. Felicemente il Trio Herr sembra distaccarsi con la loro capacita di suonare FUNK, già prima di depositare vocali di qualsiasi tipo sopra. Tanto l’acqua della cascata di Sardagna cade sullo scafo del sommergibile, i due ingeneri dell’arsenale hanno ripiegato i lap tops e sono contenti della calibrazione. Il capo cantiere sorride, sia del suo lavoro che dal suo ritorno sulla terra ferma. Ma già sulla piattaforma ci aspetta verdura fresca e frutta. Questo vuole dire che dobbiamo ripartire fra poche ore. Destinazione ovviamente sconosciuta.
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