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Siamo ancora abbordo il Wyznoscafo per proseguire con la nostra missione nella musica regionale. Ho un po’ di Nostalgia a ricordarmi della fine del 20 imo secolo, a l’epoca in quale non avevo idea di ritrovarmi un giorno qui dentro, con galloni sulle spalle. Se qualcuno mi chiedeva: conosci un gruppo Trentino? Rispondevo: “Ho sentito parlare degli the Rolged Stones e credo sia tutto!” Ed era anche vero, colpa di una casetta arrivata per caso di mezzo ad una festa, dove mi trovavo. Ora capitano di un sottomarino culturale, ho l’impressione di avere aperto la scatola di Pandora. Più ne conosci, più n’è scopri, “Pu ne ven fora…” Poi considerando che generi musicali come reggae e metal non sono ancora stati presi in considerazione, ho l’impressione di essere davanti ad un oceano: è grande, ma vedi solo la superficie. Parole poco sante per un capitano in immersione.
Quindi non perdiamo il nord, rimaniamo metodici: seguiamo Matteo Scotton e Felix Lalù che ci porteranno alla maggior parte dell’entità. Jones, l’operatore sonar mi tira fuori del mio torpore, di mezzo al nostro transito.
– Capitan! Non capisco, abbiamo l’eco sonar degli “Green day” davanti!! nel 090, rotta nel 179, distanza 18 miglia, velocita 6 nodi, profondità 095.
– Nen da vedere, rotta nel 120 avanti, 1 quarto, profondità 095. Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio, voglio dati!
Alla lettura dei dati dello spettrometro siamo veramente lontano dagli Green Day. Caspita! E Il primo album dei “Bastard sons of Dioniso” “Great tits heat” che apre su “Ever full bag” una rabbia di chitarre affilate su voce alla Billy Joe Armstrong. Peccato di gioventù alla ricerca di un’identità. Le influenze sono palpabile su questa galletta cantata tutta in Inglese. Rimarrà in mente “The happy fake surgeon” e il suo ritornello ossessivo e poi “Alice in Wonderland” e il suo assolo di chitarra arruffato.
Questa band si impegna non solo a fare musica, ma a cantare insieme, con la stessa tecnica di una corale o un coro di montagna. “Even Lemmy sometime sleeps” tende provare questo, anche sotto il giudizio spietato della registrazione dal vivo: niente sovraincisioni, tal e cal. Poi la formazione fa un salto nel nulla a provar d’avere l”X-tractor”… Una volta arrivati al secondo posto arriva l’album “In stasi perpetua”.
Sulla copertina del disco un personaggio a occhiali sta per colpire con la massa. L’Intel non ha la più pallida idea di chi è ma l’incrociamo un po’ troppo spesso per essere ignorato. Canta “Godi anche tu, con il disco di Lalù” sul video promozionale di “El se sentiva soul“, è il felice eletto a passare la mano dove non si può, nel video del “Amore carnale“, taglia veste su misura nel video” Lucidare gli tagli” è seduto intorno al fuoco per far cori sul video “Locals only“, sulla copertina del disco successivo tiene una canna da pesca con il segno “Per non fermarsi mai” su un pedalo motorizzato dal cronico Lalù e Floriozzy, Il cantante dei Squirties. Sembra che partecipa attivamente alla vita musicale locale. E come Jacopo Broseghini, del resto, fa cori su “El se sentiva soul” di Felix Lalù, cresce fuori della terra su “Rosie” il video dei Squirties. È comparsa sul video “Buon Natale” dell’insondabile Lalù. Appare nel giro di queste collaborazioni anche Stefano Bellumat il batterista dei Squirties, se non mi sbaglio e regista di video per The Bastard sons of Dioniso, Johnny Mox e the sQuirties ovviamente, ma anche di un clip importante “Fin qui tutto bene” che cristallizza nelle memorie la strage di Stava, con Felix Lalù e “Coyotus” il figlio di Brodolfo Sgangan dei Supercanifradiciadespiaredosi. Considerando l’intensità degli scambi, fra queste persone e a questo livello, non c’è più dubbio: siamo al nodo principale dell’entità video-musicale-creativa Trentina.
Ma torniamo agli “Bastards” e “Stasi perpetua”. Finalmente ci si canta in Italiano su “Se t’annoi” e “Mi par che adesso” con il bel coro vocale di un album cantato bene da cima a fondo.
Semplice cambio di titolo per l”Happy fake surgeon” che diventa “Nothing to talk about” e che non perde nella sua intensità nella nuova registrazione. La “canzone probabilmente inutile” rimane un aggancio pop con gli suoi “tu ru turu tutu” e accoglie le prime tastiere dell’album che ritroviamo su l’apertura di “Non compro più speranza” una canzone che può pretendere al posto di hit potenziale, e si distingua con gli stacchi delle sue partiture vocale.
“Senza colore” un tempo medio, è il vero hit che apre il lato “B” (rimaneva solo il vinile da comprare!) del disco, testo poetico su tastiere planante, lascia ogni membro della band esprimersi individualmente al microfono.
Si ri-tuturutu-turluta ancora un po’ a l’apertura “Dal risveglio in poi” bel titolo energetico che si conclude con pazzia.
Arpeggio di chitarra per una bella ballata folk di “Verso la mia testa” che poteva proseguire tutto allungo con il suo aspetto folk ma che soffre della sua elettrizzazione finale.
Ci si ritorna verso il rock nervoso a gran passi per una “Pine night” e anche su “Ease my pain” che conclude l’album, con una ripresa di “Mi serve il quart” di Felix Lalù, occhiolino di circostanza storia di stipolare: Qua, giochiamo in famiglia.
“Per non fermarsi mai” è interamente cantato in Italiano e registrato in casa. Marca anche l’indipendenza del trio. “Avvoltoi” e “Porta in Faccia” aprono su un bel tono Rock caratteristico del gruppo. “Rumore Nero” si apre quasi alla moda “Led Zep” ma è cantato al modo Valsugana.
Da “Sangue stasera” a “Ministri della parola” passando dal bellissimo “Veleno” il rock dei Bastards si accomoda a varie salse. Introduzioni o cori provano di essere di colori diversi, e definiscono l’identità profonda dell’album: si prende un pezzo e se lo cucina una volta a l’aglio, poi a l’olio, una volta al forno, un’altra ancora agli ferri. Rimangono tessiture varie, gusti esotici, sapori gradevoli, paesaggi nuovi ad ogni traccia. Tutto questo ci porta alle voci telefonate di “Mai e poi mai” e suoi cambi di tempo e suoni. L’album si conclude sinfonicamente con “Lucidare i tagli” e suoi riffs micidiali, sostenuto dal un video magico firmato Bellumat.
Basta che il prossimo album sia registrato con la stessa libertà per far che gli irriducibili si mettono finalmente a pensare: era già un gruppo Rock prima del “X tractor”, lo è rimasto durante, lo e ancora, lo sarà anche dopo.

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