– Immersione!
Il secondo e me scendiamo di due livelli, dopo avere rinchiuso il boccaporto della torre, per raggiungere il centrale. Allungo la scala metallica che scende nel ventre del Wyznoscafo sentiamo ancora il suono dell’acqua che avvolge il sommergibile e sentiamo anche il rumore della torre che sparisce sotto la superficie. Abbiamo ricevuto l’ordine di missione ieri sera e non avremo difficolta a localizzare il nostro obbiettivo; prima perché si trova dietro due rilievi cartografati bene e poi abbiamo lasciato un gavitello di fondo, vicino alla loro prima uscita chiamata “Caro estinto”
– Rotta nel 270, avanti due quarti, profondità 080. Jones? Cercami il segnale del gavitello lasciato su l’Eco del baratro.
-Aye aye, sir!
“Azione” l’album del Eco del baratro è uscito da poco. Mi focalizzo sul modo di abbordare questa pubblicazione, dopo il sorvolo del primo album; un opus a contro corrente, alieno, con queste due voci che cantavano su due metriche diverse, su questo suono ruvido, dissonante e potente: L’ascolto ripetuto dell’opera intera aveva portato a galla sensazioni difficili da descrivere, ma ne avevo tirato una lesione: “Se devi andare a scuola per imparare a scrivere, devi andare nelle Giudicarie per imparare ad ascoltare”. Ho in memoria questa massima estratta da una canzone del Eco del Baratro: “Quando le voci che Io ho diventeranno un suono unico, troverò pace ma poi, chi sa, mi stuferò”. Dopo le sessioni di registrazione fatte questa volta in studio, cosa rimarrà dello spirito di “Ti ascolto”, del “Cappuccino grosso” e dell’unicità bi-tonale del tormento di “Caro estinto”? Quale sarà l’influenza di una persona esterna al gruppo? Come saranno canalizzate le composizioni? Prendiamo il tempo messo a disposizione per ascoltare il rapporto del Capo Centrale:
– Allora, il gruppo si forma a Pieve di Bono del 2004, con Stefano Nicolini alla chitarra e voce, Francesco Armani al basso e voce, Dennis Valenti alla batteria. Nicolini e Armani fanno anche parte di una Tribute band di Litfiba chiamata Piume d’equino con Stefano Bonazza alla batteria e Emilio Scaia al basso, mentre Nicolini fa i vocali e Armani passa alla chitarra. Tutte le canzoni sono firmate dal Eco del Baratro. L’album Azione è stato registrato al Blue Noise studio di Mattarello da Fabio Depretis, il master è stato fatto da Mauro Andreolli a Das ende der dinge mastering suite.
– Grazie Capo, Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio… cominciamo!
L’album si apre con “Nuovo Giorno” e dà il tono della galletta alla prima frase. Sara una sensazione Rock con un basso che impone la sua guida al brano, progressione di accordi inusuali, sonorità aliene. Ci sono chitarre aspre e una voce tenace e determinata che vuole dire la sua e che immancabilmente contrasta con i cori alti e quasi pagliacceschi di Francesco Armani. C’è la presenza degli stessi ingredienti e delle stesse sonorità che nell’album precedente; l’identità del Eco del Baratro è rimasta intatta.
“Testa di cane” è un altro titolo i più vicino allo spirito di “Caro estinto”. Un’introduzione al basso offre suoni sformati alla pedaliera. Ma presto un ritmo sostenuto porta la canzone su un macchinario ferroviario. La voce si fa più insistente e quasi urlata fino a “fissa solo figure su uno sfondo di carta, mette tutta la piazza nel vuoto” da quel momento il macchinario impazzisce e parte in sovra-regime, accelerato dalla sua propria gravita, finché una molla si rompesse a l’interno, portando la titubante massa meccanicamente spezzata ad uno stop.
“Divisione” è fatto di due toni diversi; un ritmo meccanicamente dettagliato che conduce dopo qualche battute verso un ritmo nervoso, su un dialogo di accordi dissonanti fra basso e chitarra. Come per un licantropo, una trasformazione si opera: “Sono diviso, nero in viso”. Stefano si affaccia a la sua dicotomia urlando alla luna, mentre Francesco pontifica in secondo piano.
“Sballata” rimane da lontano il brano il più rifinito dell’album. Offre un canto a due voci che spingono di concerto nei versi. Nonostante il pezzo sia un rock potente è grintoso, sembra essere la traccia la più accessibile al pubblico generale. Di fatti è proposta come single per la promozione dell’album ed è anche l’oggetto di un video in bianco e nero, ripreso e montato da Tom Strong. Poi definisce da sé, la direzione generale presa: la creatività del Eco rimane, ma è molto più canalizzata ed accessibile ad un pubblico più largo.
“Muse d’acqua” arriva con un ritmo più pesante. Ci ritroviamo due voci, due metriche, due testi ma leggermente meno antagonisti che su l’album precedente. L’Eco del Baratro è di ritorno. Francesco si incarica vocalmente del finale da solo, allungo un cambio notevole di struttura del brano.
“Carcassa silente” è un invito saltante al pogo e allo sfogo del davanti scena. Promette una bella sudata al batterista che mantiene una partitura ricca di interventi con passaggi a 100 a l’ora. La voce di Francesco nei cori rientra più in riga, e rivela l’intreccio quasi logico delle due metriche dei canti combinate alle partiture di ogni strumento; basso e chitarra. Il meccanismo della creazione dei brani del Eco è rivelato più precisamente in questa traccia.
“Nemico sbagliato” lascia Stefano cantare da solo. C’è un notevole cambio di ritmo e di struttura dopo l’introduzione del pezzo. Stessa rabbia, stessa energia, ma con una messa a punto micrometrica. Nonostante l’apparizione di un ordine meno dissonante e quasi più pulito, che avvolge la totalità del album, ci si nota in questo brano la determinazione di non creare tracce lineare. La vera identità del Eco si trova in questo album importante alieno ed innovativo.
A questo momento dell’album “Su l’erba”, ci rivela la via che il trio vuole aprire. Il loro senso del controcorrente, il loro senso del dissonante, il loro senso del non lineare. Francesco propone due stratti del suo canto e anche tre sul finale della canzone. Avendo studiato in cerchio chiuso questo album, sto pensando a tutte queste persone che hanno respinto queste creazioni al primo ascolto, per essere un po’ bizzarre. Peccato; sostanza c’è!
“Gioia eterna” sopporta questa tesi. La chitarra si fa ancora più dissonante e quasi disturbante. Esistono cori questa volta, fatti da Stefano e Francesco assieme “Forse ora, non ancora, forse ora, ora” Il brano segue il percorso di un crescendo che giunge un apice prima di crollare del tutto.
Poi dopo una buona dose di riff rock n’ roll della più bella tradizione ribelle, chiudiamo l’opus con il ruttino finale di “Otto secondi di stupore” che sbatte chiusa la porta. L’architettura di tutte queste canzoni non è sbilenca, ma assomiglia ad una carpenteria audace, con angoli mai provati, in dimensioni mai provate prima.
L’Eco del baratro è un gruppo importante solo per avere aperto questi ‘novi sinter’ con “Caro estinto” e sono riusciti a portare avanti uno stile unico, verso un pubblico più grande, con questo CD “Azione” che ritengo essere indispensabile. Questo trio parte come i altri dalla vale, per finire come i altri in cima. Ma sul loro percorso aprono vie che un arrampicatore potrà trovare inutile, pericolose, non necessarie, non estetiche o troppo complicate per essere capite dal comune dei mortali. Ovviamente è la via del Eco. In fine la domanda è: sono troppo importanti per essere solo regionali? Troppo innovativi per rimanere solo in questa vale?
Missione computa è tempo di tornare alla base Nibraforbe, leggermente più confidenti di quanto l’abbiamo lasciata qualche giorno fa…