Ho un po’ di difficolta ad infilarmi i pantaloni. Vero che il periodo delle feste è stato ricco di cibi abbondanti, bicchieri riempiti generosamente e povero in esercizi sportivi. Mi sto dirigendo verso la base Nibraforbe col pullman e so che lo spazio in quale sto per passare il più chiaro del mio tempo, non dà la possibilità di correre. Poi non ho neanche voglia. Eccolo finalmente, in fondo alla piattaforma, nero, riempito come me, e pronto a partire, spero solo che nessuno nota che i tre bottoni della giacca del mio uniforme sono un po’ tesi. L’equipaggio è al completo e siamo pronti a sparire sotto le onde…- Immersione!
– Dove andiamo, Capitan? Chiede il secondo.
– Un giretto di controllo in zona sud per annusare quello che è uscito ultimamente, niente di preciso. Andiamo a l’avventura, senza scopo. Una missione di routine in somma, rimaniamo vicino alla superfice e in contatto con l’Intel.
– Nuovo segnale! No… Nuovi segnali!
Ecco, avevo dimenticato la melodia, ma mi ricordavo ancora delle parole, e il ritornello mi era famigliare. Jones al Sonar riprende il suo assolo:
– Nel 176, rotta nel 270, distanza 14 miglia, velocita 9 nodi, profondità 029. Firma sonar in trattamento.
– Ok, Avanti 05, Rotta nel 240, profondità 035.
– Matteo Armellini, strumentali, 4 mini album, due usciti ultimamente.
– 4 Mini album? E lo scopriamo solo adesso? Capo, fammi una domanda di dossier a l’Intel e aprimi una scheda per l’archivio.
– Da subit, Capitan!
– Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio… Cominciamo.
Mentre la strumentazione ronza a pieno regime, il capo centrale si è piantato davanti al telex della rete flash e sta già leggendo la carta perforata, che si sta ripiegando nell’apposita cesta sottostante.
– Allora, ho poco per il momento, ma Matteo è un autodidatta alla batteria e tastiere che inizia a suonare da molto giovane, è un fan di Generis e Weather Report ascolta prevalentemente rock progressista. Tutte le tastiere e percussioni sono suonate da Matteo Armellini, tutti album registrati nel suo modesto studio privato. Master realizzato da Mauro Andreolli a Das ender der dinge mastering suite. 4 mini album di tre pezzi ciascuno sono pubblicati. Il primo; “L’era solare” nel 2018. Segue “Posso passare” nel 2019, fine 2020 esce “In attesa” e in fine “Punto di partenza” nel 2021. Tutte le copertine degli album sono realizzate da Massimo Armellini che è il fratello di Matteo, da novembre scorso Tutti gli EP sono scaricabili su Bandcamp. Tutto li.
– Ok, sorvoliamo i due primi EP e poi ci attardiamo più precisamente sui due ultimi.
“L’era solare” il primo opus contiene brani di varia essenza; da “Lem” giovane, leggermente novellino ma ritmato, segue l’eponima traccia “era solare” un lento costruito con più esperienza, includendo la chitarra elettrica di Mirko Gubert per spettinare il finale. “Instante Genesisiani” terza e ultima traccia del EP, tira il cappello Tony Banks. “Posso passare” del 2019 sorprende d’entrata con “Karpathos” un brano notevole, con suoni più elaborati, una batteria volontaria e la presenza della chitarra di Massimo Armellini il fratello, un attacco più deciso, stacchi di batteria e un’atmosfera che ricorda più le composizioni di Emerson, Lake and Palmer. “Buon Mattino” propone cambi di ritmi, partiture più intricate e l’aiuto di uno schedato, nella persona di Silvano Leonelli, alle tastiere. Il secondo Ep si conclude su “Un altro Mondo” un brano più sognatore, che si espande su un dialogo fra un suono di pianoforte e delle tastiere più ampie. Suoni di corale gonfiano il finale su una nota enfatica. Niente programmazioni, ne sequenze su questi due EP ma tracce genuine suonate a mano.
Le due recenti creazioni, oggetto della nostra attenzione, hanno ancora questo retro gusto di atmosfere e influenze di qualcosa fra “Steps Ahead” e ancora di Emerson, Lake and Palmer, anche se il riflesso può anche essere suggerito dalla presenza prevalente delle tastiere a creare struttura portante, melodie e frasi musicali che definiscono i brani.
“In attesa” EP del 2020 inizia con lo stupendo “Labirinto ipogeo” e sopporta completamente questa tesi. Da molto lontano tornano il ricordo delle casette scambiate a scuola: Dai, mi registri “Brain salad surgery” o “Tarkus” ci si chiedeva al ragazzo più fortunato con vinili e ensemble Hi fi in camera. Ma da tutto l’insieme, stacchi, cambi di accordi e sonorità presente dopo il secondo minuto, nel ponte, e le frasi distillate al terzo minuto, non mentono. Mi riportano lì, nel suono disastroso delle cassette a due soldi, poco importava; mia giovane mente era portata in orbita dalla musica.
“Chiave misteriosa” è tirata da un suono strano a metta strada fra chitarra wha-wha e sintetizzatore. Alla mia grande sorpresa, il suono viene da una tastiera e Matteo si campa da solo dietro tutti strumenti, sui due mini album recenti. La batteria distilla le sedicesime di nota a piacere, le tastiere dialogano fra multiple voci, il brano non è lineare, ma è un insieme di variazioni intorno a un tema, ci sono cambi di ritmo intorno a 3.40, e nonostante l’aspetto ibrido del insieme la composizione rimane stranamente omogena.
“Prima del alba” è un titolo che ci prepara a un brano calmo e contemplativo. Ma non dobbiamo dimenticare che il pezzo è composto da un batterista e che non può decentemente annoiarsi mentre suona. Il brano comporta un primo stacco ripido al primo minuto, belle frasi musicali sopportate precisamente dalle percussioni per accentuarne gli accenti.
“Punto di partenza” l’ultimo mini album inizia su un gradino ancora più alto nell’elaborazione, la complessità della partitura, con l’aggiunzione di un ingrediente primordiale: il groove. L’aggiunzione di suoni più vicini a un basso o una chitarra per esempio, distribuisce equabilmente i compiti fra strumenti e dà l’illusione palpabile di un’orchestra al completo.
“Area Protetta” aggancia subito l’orecchio con un’amplitudine sonora, una batteria maestrale, un ritmo sollevato, stacchi numerosi, delle frasi musicale alla Keith Emerson e delle partiture che sembrano, nel finale, suonate da un basso vero, in un dialogo con il suono di una chitarra.
“Giro di Boa” è il pezzo il più notevole di tutti EP presentati qui. Composizione lunga; oltre sei minuti, impiega ancora una volta dei suoni capaci di figurare la presenza di un basso e una chitarra, scelta più divertente che le sonorità classiche attribuite agli sintetizzatori. Buonissimo lavoro sul Hi-hat della batteria a 3.49, un esercizio tutto in delicatezza e in precisione.
“Il museo dei Giochi” è più ritmato e sollevato. Prende degli accenti progressisti nelle partiture parallele tastiera-batteria dell’introduzione. Il pezzo non sembra descrivere la beata contemplazione infantile davanti al museo dei Giochi, ma la carica rumorosa di ragazzi e ragazze che desiderano toccare e giocare a TUTTO in un corto tempo concesso. La traccia e gioiosa; le dita si snodano più particolarmente sulla tastiera intricandone la melodia, marcando silenzi, saltando da un suono a l’altro.
In tutte queste composizioni la batteria non è un semplice utensile per tenere un ritmo; soleva passaggi, partecipa attivamente alla partitura delle tastiere, incolla alle melodie, si separa per prendere altitudine, ritorna in picchiata su un tema, propone uno stacco inaspettato, raffica in sincronia, spinge, tira, si accaparra la guida. Mi ricorda un po’ Billy Cobham nel album “Picture this” al meno, ha la stessa intensione. Notevole ricerca nei suoni delle tastiere specialmente quelli destinati a figurare sia basso che chitarra. La progressione marcata dal primo mini album lascia presagire che la prossima creazione sarà su questa stessa strada ascendente. Al meno, merita il gavitello di fondo che lasciamo su questa posizione.Sarà Jones a stupire l’intero centrale operativo, con un intervento inaspettato.
– E beh, questa non è mai successo prima…
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