– Segnale nel 080, rotta nel 290, distanza 17 miglia, velocita 4 nodi, profondità 050, nuova firma sonar in trattamento. Uno schedato.
– Uno schedato? E chi sarebbe?
– Alessandro Coppola, Capitan!
– Uhuuuu! Festa abbordo ragazzi… Rotta nel 300, avanti un quarto!
Tanto siamo già a profondità e questa scoperta ci riporta anche più vicino alla base Nibraforbe. Mi sento pronto a trattare accuratamente questa missione e staccare sul fine album per tornare alla base. Magari ormeggiare di pomeriggio e scendere col pullman in cita per un aperitivo da Huggy bear… sento già i ghiaccioli tintinnare nel bicchiere, speriamo che farà bello, ho bisogno di fare il pieno di vitamina D, prenderò posto in terrazza, in pieno sole.
– Capo? Domanda di file a l’Intel! Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio, voglio dati!
A pensarci bene il sior Coppola naviga da tempo i nostri mari. Era già presente negli Twaddlers con un altro caso clinico: Giacomo Pallaver il creatore del gruppo “Light whales”… Alessandro ha già un dossier di bello spessore nel nostro archivio con I Mondo Frowno ed è arrivato al secondo posto del concorso Upload durante 2020 con una nuova formazione: Cartapesta con quale è sparito recentemente in un oscuro studio di Firenze per registrare un album o un EP, con varda un po’ chi si rivede; Giacomo Pallaver al basso, Fabrizio Lettieri del Opera di Amanda e Humus alla batteria e Federico Reich alle tastiere, che suona la tromba nei Eravamo Sunday drivers. Poi in fine, di mezzo a tutto questo, un progetto solista e personale Hyppoch, il nostro rilevamento. Tanto, il capo centrale torna con il suo rapporto:
– Allora Hyppoch inizia le sue pubblicazioni su Bandcamp in Luglio 2020 con “Heaven is for you” Un EP di tre tracce, subito seguito da “River” pubblicato come single. Segue un mini album stranissimo in aprile 2021: “I’m tired, I’m lazy and I hate you” che vuole dire “son stanco, son pigro e vi oddio” un titolo che pizzica la curiosità. Lo strano suono subacqueo rappresenta il disco in sé, Alessandro aveva voglia di un suono alieno e ha passato tutte le tracce dentro ad un organo Hammond Leslie virtuale, perché così non si sentiva la bassa qualità delle registrazioni. Il risultato finale è originale e curioso. Il titolo dell’album GG WP viene dal gergo fra giocatori di video giochi on line e significa “Good game well played”, tradotto come “Bella partita, giocata bene”. Il tutto registrato tra settembre 2020 e gennaio 2021, una parte dell’album è stato messo in scatola a casa da Alessandro in camera sua, il resto: batteria e basso è stato registrato a Londra da Omid Jazi con Giuseppe La Rezza alla batteria e Alessandro Mezzone al basso. Missaggio, mastering e produzione di Omid Jazi sopranominato kazemijazi. Tutto lì…
– Grazie Capo! Cominciamo!
La prima cosa da notare nei dati dello spettrometro è la capacita che Alessandro ha di trovare metriche di canto accattivante ed inaspettate, penso anche che lo fa naturalmente. Questo si sente attraverso le sue canzoni in Mondo Frowno e penso che confermerà, quando l’album di Cartapesta vedrà il giorno. La seconda cosa è che la chitarra folk e onnipresente attraverso l’album e testimonia dal modo iniziale di comporre le canzoni, le partiture di essa sono quasi classiche, l’attenzione dell’uditore e quindi trasferita verso molteplici strati vocali, che Alessandro maneggia con tempismo e dosaggio. Campionamenti brevi di rumori domestici o naturali sono cosparsi attraverso certe registrazioni. Che sia pioggia o rumore urbano, la loro presenza breve macchia l’immagine contemplativa di una canzone, al modo di Jean Michel Basquiat.
“A for song” e il suo fondo di violini fa già girare la testa dalla sua orchestrazione. Presto batteria e basso entrano in scena, mentre una chitarra elettrica fa lunghezze in secondo piano. La voce si raddoppia e si campa su un canale o destra, o sinistra. La canzone si gonfia con l’andare e accentua l’intensità del suo testo. “Watch me cry and drink so much”.
Il rumore delle dita che scorono sul manico della chitarra di “River” che arpeggia il suo giro immutabile di accordi. La voce è un po’ più forzata e determinata ad insistere sulla sua supplica: “Love, love me”. Un ritmo meccanico appare dopo il primo ritornello, scortato di discreti bassi programmati e grezzi di saturazione. Questo mi sembra una registrazione interamente fatta in casa.
Una tastiera è la protagonista principale di “Love will be”. Batteria, basso e chitarra folk sono belli presenti nei versi, ma sono rilegati in secondo piano, nell’ombra della sua forte presenza. La voce sa rimanere soffice tutto come il testo. La foto che illustra la traccia dipinge un compimento che pochi di noi saranno capace di archiviare sull’arco di una vita, che ci ha trasformato in individui invece che membri di una squadra o membri di una copia. La copertina della canzone si trova sul profilo facebook di Hyppoch andate a vederla.
Non prendete il vostro stereo a botte “Friends” inizia solo sul canale destro. Il pezzo rimane negli stessi colori che le tracce precedenti. Al secondo minuto il brano si espande per una trentina di secondi in uno spazio di libertà, su delle raffiche di rullante. La fuga, troppo breve, incorpora il suono di un violoncello e strati di tastiere, che invece di dare spessore, aprono orizzonti. Ci sarà felicemente una ripresa di questo tema nel finale, per il più grande piacere dell’equipaggio e del Capitan.
“Rabbit hole” è un lento dove la chitarra folk riprende posizione sul fronte del palco. La canzone ha la forma di un’onda. Parte piano, poi cresce per prendere amplitudine con l’aggiunzione degli altri strumenti nel secondo verso. E si gonfia ancora per culminare sopra il finale. Notiamo dei cori semplici ma giudiziosi, per portare il colore giusto a questo quadro.
“Fame” inizia con un chiarimento di voce lasciato lì, seguito più tardi da rumori fatti alla bocca… Mi sembra che queste macchie alla Jean Michel Basquiat, di quale parlavo prima, sono lì per dare un lato umano a l’album e contrastano con le registrazioni troppo lucidate e uniforme di consistenza, distribuite alle masse. Quindi Alessandro cerca fama, o di potere vivere della sua musica, può sicuramente farcela con quello che scrive e come lo canta, ma non è pronto a lasciarsi lucidare troppo. Qualche passi in una stanza concludo il brano prima di spegnere il registratore.
La chiarezza del suono che appare a l’entrata delle percussioni di “Evil” verso 2.06 rivela che la prima parte del brano è stata registrata con un leggero fruscio piovoso, di sotto fondo. Qui, la voce è molto più dolce e vicina, meno scalfita… Una tastiera parsimoniosa punteggia di suoni a forma di gocce, la fine delle frasi. Prima il terzo minuto un suono di percussione sintetizzato, campato nei bassi, contrasta con la calma iniziale della canzone, calpesta la plenitudine del brano, affoga i vocali nel eco e le allontana contro voglia. Il rumore iniziale invade di nuovo il brano sul finale per rivelare una pioggia persistente.
E l’arpeggio di una chitarra elettrica che rappresenta l’ossatura principale di “Dreams”. Niente batteria su questo pezzo, rimasto semplice e snudato. Il basso di Alessandro Mezzone diventa necessario nel brano e Giuseppe La Rezza si accontenta di uno shaker e un tamburino mezza luna per suggerire discretamente un ritmo.
C’è un’altra versione di “River” nell’album chiamata “Voice memo” e che mi sembra essere una registrazione demo per sigillare la melodia del canto, dopo averne trovato l’idea. Non vorrei fare dell’intellettualismo fuori posto a citare i grandi pensatori, ma un artista del 20imo secolo aveva scritto, sulle sue idee: “E a noi resta che registrarle in fretta, perché dopo svaniscono e non si ricordano più”. Non mi ricordo come si chiama o se è ancora in giro.
L’ultima macchia alla Basquiat appare e sparisce come un campionamento su l’ultimo brano dell’album ed è un rumore di pioggia breve. Il brano si chiama “W/Hating” che può essere interpretato come odiare/aspettare. E un semplice esercizio vocale a strati, su una melodia di piano dritto virtuale. Il microfono ha registrato anche il rumore dei cuscinetti dello strumento. La traccia è contemplativa ed invita alla planata mentale. Poi, ci libera verso il nostro destino.