– Immersione!
Ci hanno lasciato pochi giorni di riposo e siamo già pronti a sparire sott’acqua nel bacino della base segreta, per poi entrare in alto mare, dal passaggio segreto, lasciando dietro di noi la cascata di Sardagna che nasconde l’entrata della base Nibraforbe, seguendo il segnale dei quattro gavitelli immersi, che ci permettono di entrare ed uscire della base segreta senza graffiare i fianchi del Wyznoscafo. Spero al meno che questo sarà una missione corta perché l’ordine di missione ci manda a poche miglia pieno Est della base, per ritrovare tre schedati in una nuova formazione. Il capo centrale ha già il suo rapporto pronto, raccolto al volo sulla piattaforma, prima di saltare abbordo, ma lo lascio tranquillo per il momento, devo informare l’operatore sonar:
– Jones? cercami il segnale dei The Long Johns nel quadrante 070-110. Ci sono tre schedati nella formazione…
– Aye, aye sir!
– Capo? cosa ha raccolto dal Intel, questa volta?
– Allora, i nostri tre schedati sono Daniel Sartori alla chitarre e voce, ha formato il duo Otterloop con Luca Bertoldi alla batteria, il gruppo si scioglie nel 2016, poi passa brevemente nei Black Circus con Denis Rossi dei Matleys alla chitarra, imbarca con Samsa Dilemma per due album e monta il suo progetto personale nel inizio 2021 con Fabrizio Brix Keller: batteria e cori, anche lui proveniente dei Samsa Dilemma, precedentemente era negli “Dingo” che hanno fatto tre album intitolati Garage sessions volume 1, 2 e 3. Si aggiunge durante l’estate 2021 Alessandro Gobbi: basso e cori, prima scheda per “Due di bastoni” un duo chitarra e basso con Giulio Bazzanella, dei attuali Radio Palinka. Alessandro appare per un po’ nei Darvazza Wave prima di fondare il suo progetto personale “Smell of Rain”. Da aprile 2022 scelgono il nome del gruppo che sarebbe tradotto come le calze maglie: un indumento fatto per combattere il freddo alle gambe. L’album viene registrato nello studio privato di “Soltieri Basement” da Michele Cologna ex chitarrista dei Blame e Reversibile. Il missaggio e il master sono stati fatti da Marco Ober dello Artifact Studio. Nel mese di settembre 2022 è uscito il video autoprodotto del primo singolo estratto dall’album “Story with No sense” L’album è disponibile su Compact disc con copertine tutte diverse fatte a mano, decorate in modo diverso e numerate da 1 a 50.
– Managgia! c’è un po’ di interconnessione qua intorno… mi sembra anche normale. Vedremo cosa ne viene fuori.
– Segnale nel 081, rotta nel 140, distanza 6 miglia, velocita 4 nodi, profondità 075.
– Rotta nel 110, avanti un quarto, profondità 075. Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio. Cominciamo!
A guardare i primi dati che escono dallo scanner, la formazione produce un rock classico, tinto di power pop, con leggere tendenze e sonorità punk e grunge. Non posso trovare un motivo per scegliere l’inglese per i testi. La madre lingua distilla messaggi chiari, perché rilegarla in seconda scelta? Ma vabbè si può cantare in inglese; è una libertà, si può prendere, secondo me porta poco o niente. Conquistiamo prima il vicino e l’amico del villaggio, prima di sognare a l’estero. Poi io dovrei anche stare zito sull’argomento, al visto delle mie patetiche capacita nella lingua di Dante. Solo a guardare i dati penso che l’autore e compositore sia Daniel Sartori e penso che certe canzoni presente qua sono sulla carta da un bel po’, riconosciamo “Human being” ovviamente, che risale a l’epoca di Otterloop nel 2014, ma solo dal naso, penso che molte altre tracce dell’album qui presente, sono state scritte negli anni successivi e Daniel trova qui l’opportunità di proporre queste composizioni come struttura portante, agli innesti e modifiche dei suoi compagni di gruppo, perché si trova fiducioso di potere farlo. Magari mi sbaglio del tutto, ma non sarei veramente il Capitan, se non lasciasse il mio quinto senso e mezzo guidare la mia piuma, quando lo sento. Devo anche ammettere che i primi ascolti sono stati un po’ difficili su certe tracce, ma l’ascolto ripetuto, in vista ad uno studio accurato, gomma certe asprezze.
“Fever” apre gioiosamente l’album, sembra essere la traccia la più rifinita e la più melodica dell’opus, la più impronta di tendenze pop. Ci sono stacchi, cori, un ponte musicale con ritmo dimezzato, un basso che esplora la totalità del suo manico ed una batteria energetica. Sicuramente la più influenzata da tutti membri del trio.
“Try my Game” utilizza una chitarra in sovraincisione, come sulla maggior parte dell’album, del resto, per sollevare leggermente la melodia del pezzo. La voce, leggermente più avanti, evidenza un inglese semplice cantato con un accento scolastico. Il secondo verso lascia molto spazio al basso. Il gioco descritto sembra svolgersi in camera da letto, con gara di rapidità per fare il più bel mucchio di vestiti.
“Shooting star” è un po’ più energetico ed è sollevato per lo meno da strati di chitarre melodiche e dei cori semplici, alla Buzzcocks. Uno stacco un po’ più calmo e temperato arriva a meta traccia, storia di spezzare la lignea del pezzo ed è coperto di woho ho ho… fino al suo finale.
Ritrovo con piacere una nuova versione di “Human Being” con una orchestrazione rivisitata dagli tre musicisti, deploro un po’ l’assenza di cori, come quelli di Luca Bertoldi nella versione originale, che potevano sollevare ancora di più, il bel lavoro già fatto dagli tre strumenti con questi nuovi arrangiamenti, ricchi di brevi stacchi, in quali basso e batteria trovano spazio di farci un occhiolino. La nuova versione è, per lo meno, notevole.
C’è un bel dialogo basso-chitarra nelle prime battute di “I wanna be out”. La voce si fa più rauca, questa volta, per descrivere un viaggio nel cielo. Visto le possibilità che offre il territorio e la alta probabilità di avere un amico che vola in deltaplano o in parapendio, l’opportunità di ritrovarsi nel cielo è notevolmente più alta che per un cittadino qualunque. Che sia figurativa o reale, la passeggiata fra le nuvole inspira sempre.
“Story with no sense” è illustrato da un video fresco di tubo, piuttosto une serie di fotogrammi per illustrare le multiple sessioni di registrazione dell’album. Il brano comincia come un lento, ma dalle prime battute si sente che la canzone appartiene ad un ritmo molto più rapido, di fatti prima del minuto Fabrizio alla batteria mette il pezzo in orbita. C’è ancora un retro gusto di Buzzcocks in questa creazione tutto come lo stacco del terzo minuto, con il suo assolo di chitarra dettagliato. “Venus” è da lontano la traccia la più sbilenca dell’album, sembra galleggiare sopra una base soffice e devia sopra la materia inconsistente dei suoi accordi. Solo i ritornelli sembrano più solidi. La traccia sembra essere costruita in una maniera gommosa, al meno ha una consistenza ectoplastica.
Un basso avvia “Vasp” da solo, su questo ritmo medio e lascia spazio ad un dialogo armonico fra due chitarre, che rimane l’aspetto il più gradevole della canzone. Il basso si ritrova rilegato in secondo piano nei versi, ma sua presenza risale nel ponte musicale. La voce di Daniele si increspa mentre dà più potenza a suoi vocali. Bel pezzo.
“Burning hands”, un bel brano nervoso, conclude l’album sbattendo chiusa la porta, dopo una canzone corta, perché sotto i tre minuti. Le chitarre sono taglienti, la batteria raffica a piena potenza. Prima del secondo minuto uno stacco prende l’aspetto di battute sbilenche, con colpi sulla rullante spostati, che danno un aspetto zoppicante, al breve gruppo di misure. Che bel effetto. Questo è un brano molto importante che potrebbe indicare una direzione da provare, per la formazione. Penso che la band dovrebbe, con i tre compositori che la compongono, avventurarsi in uno sforzo comune di creazioni verso influenze più distese fra i membri e magari provare dei testi in madre lingua, magari solo per distaccarsi della massa di gruppi che ascoltano gruppi anglo-sassoni e che devono comporre come loro, perché li viene più naturalmente cosi. Mentre siamo in immersione direi di andare ad annusare le profondità regionali. Ultimamente, girando la forchetta a caso, avevo puntato il Wyznoscafo a Sud. Cosa facciamo adesso, Nord? Pieno Ovest, o proseguire più in la, verso Est, dove siamo puntati? Appoggio il cucchiaino della mia tazza di caffe sul plexiglass sotto-illuminato della tavola delle carte e lo faccio rapidamente girare…
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