Il cucchiaino smette di girare e punta verso, pressa poco, un Est-Nord-Est esitando ancora un po’, sicuramente dovuto alla leggera vibrazione che percorre il Wyznoscafo. Mi giro, sto per dare un ordine alla timoneria, quando Jones mi interrompe di mezzo alla mia inspirazione:
– Segnale nel 065, rotta nel 301, distanza 61 miglia, velocita 4 nodi, profondità 035. Firma sonar Felix Lalù, uno schedato solo.
Mi immobilizzo, prima perché stavo per dare l’ordine di proseguire verso il 065 e guardando di nuovo il cucchiaino che vibra leggermente, punta esattamente lì…. e secondo, perché nessuno nell’Intel ha previsto un evento del genere. Felix Lalù lascia, che lo vuole o no, degli indizi se si muove da qualche parte. Vorrei esserne sicuro. Poi la distanza non quadra: 61 miglia e largamente fuori della nostra giurisdizione. Magari sarà tornato dagli Ananda Mida per registrare altri vocali, ma sono veneti e il segnale dovrebbe venire da un quadrante fra 120 e 170 circa. Cosa sta succedendo?
– Capo, faccia parte della nostra scoperta a l’Intel e chieda un dossier. Avanti tutta! rotta nel 065 per 30 miglia poi ridurre a velocita 5 nodi, profondità 035. Strumentazione in moto, vediamo cosa possiamo registrare a questa distanza.
– Capitan? L’intel chiede un po’ di tempo per radunare dati, non hanno niente per il momento, sorpresa totale.
In tanto noi ci ravviciniamo dall’obiettivo, storia di raccogliere un segnale chiaro. Abbiamo quasi percorso 30 miglia, che il capo centrale arriva, subito prima di ridurre la nostra velocita.
– Allora, sembra che il sior Lalù si è recato in una residenza del Friuli per scrivere due o tre canzoni, ed in fine ha pensato, scritto, registrato, missato e chiuso le 11 tracce di un album completo, tra il 16 e il 22 ottobre 2022 nell’appartamento n.4 di Casa Pesarina a Pesariis di Prato. Nel villaggio si trova il museo dell’orologeria Pesarina e l’album è tematicamente basato sul tempo. Li, ha fatto campionamenti di campane, orologi, clavicembali auto costruiti, asfaltatrici e gatti in calore. Ha giocato a morra, incontrato gente, e incluso nelle registrazioni un rapper localissimo chiamato River/Sama: e un duo di voci femminile Margherita Cogoi, Marta Savorgnan del Duo confusione. Ha campionato Alberto Gangi che suona il mandolino, Alessandro Leita che suona il clavicembalo costruito da lui e il fratello Michele. Ha cominciato domenica 16 mattina con il pc, gli strumenti e la tisana. Sabato 22 pomeriggio alle 17 ha chiuso il disco e mezzora dopo l’ha presentato in un bar durante un piccolo live incendiario. I pezzi non hanno più subito modifiche. L’album fu pubblicato due giorni dopo, proprio ieri 24 Ottobre ed eco perché lo becchiamo così presto. Le canzoni sono cantate soprattutto in nones, ma anche in furlan, cjarniel che sono dialetti friulani, poi in inglese, italiano e spagnolo. Tutti testi sono di Felix tranne su G’È TEMP coscritto da Felix Lalù e River/Sama, e su LO VERÀS: testo di Juaninacka un rapper spagnolo estratto dalla sua canzone “Introspecciòn”. La copertina è di Denis Blarasin con dei polaroid di Felix Lalù e Denis Blarasin. Credo sia tutto…
– Grazie Capo! Abbiamo un po’ di dati? Buon! Cominciamo!
Cjalor” include la registrazione di un gatto visibilmente non al suo aggio, si trasforma in un campionato che, richiudendosi in una fibbia, da un ritmo trap al brano. Due chitarre si incaricano di costruire una melodia, separate sui canali destra e sinistra, mentre un’altra più aspra prende il ruolo del basso e si accaparra il ruolo principale. Il testo è in noneso ermetico senza traduzione qualsiasi.  Si capisce al meno che il tempo è come un torrente, non torna mai indietro, va sempre dal monte al mare e che in fondo, meglio bere alla fonte.
Lucky lies” diventa immediatamente più elettronico e programmato, rinchiuso in una sequenza all’aspetto ruvido. Una chitarra saturata oltre ragione, alla partitura poco definibile, ricopre il tutto del suo suono aspro. Non so bene se c’è una morale in questo testo: Fare a botte a volte è come scapare, Bere a volte è come mangiare, tacere a volte è come parlare troppo, tornare a casa a volte è come andare al bar.
Voci femminile si inseriscono perfettamente nel ritmo groove e funk di “Contento” offrendo un’atmosfera che contrasta totalmente con l’inizio dell’album. Va bene che conosciamo il rapporto dell’Intel e che sappiamo che Margherita Cogoi e Marta Savorgnan cantano divinamente la loro parte, ma abbiamo al meno l’illusione di ritrovare gli accenti della voce di Francesca Endrizzi in certe intonazioni. Al meno, di ritorno a casa, la versione live avrà un ruolo per lei.
Ritmo da tartaruga con freno a mano per “Mezanot” che cammina passo a passo per descrivere il tempo che passa in fretta. Anzi troppo in fretta: “Di dietro al Monte Roen arriva il sole, è già parecchio su, poi si butta nel Brenta ed è già mezza notte. Guarda che uno è morto ad aspettarti…” Ci sono cose da fare e ci sono 24 ore solo in un giorno. Beh visto il tempo impegnato a scrivere, provare, registrare questo album, direi che il tempo è stato utilizzato bene. “Ué bondì, Mes amì”
Mi sono ricordato che “la os” in noneso vuole dire la voce, avevo fatto una lezione su l’argomento in una precedente recensione. “E che me tegnia la os, E no me veglia la tos” mi sembra una preghiera giusta da augurarsi. “La cros” si appoggia su un loop limpido di campane locali, su di quale una batteria rock e una chitarra robusta vengono aggregarsi. Sorpresa totale al secondo minuto con l’apparizione di suoni dei caraibi e percussioni legnose, che si ricollegano stranamente bene con le sonorità del campanile. Idea puramente geniale.
Il mandolino di Alberto Gangi ribadisce una frase musicale che sembra venir da una canzone tradizionale su “Santa busa bagnada” Il testo mi risulta essere il più ermetico e sembra in dialetto locale ed è una collana di immagini che si seguono. Passano; un matrimonio fra due persone locale, una signora con la barba, e uno Zio Rolando che brontola perché non sa far funzionare il telecomando. Sono anche incluse parole in inglese nel ritornello che aggiungono perplessità al significato della canzone.
Ci sono sonorità tropicale di Steel drum e ritmi di percussioni manuali in “Senza zucer”, di fatti ci sono quasi solo percussioni in questa traccia.  L’unica parola in inglese del testo è “Hangover” e da un indizio preciso su l’uso della tisana senza zucchero: Ho mal di testa, non so più dove sono, né quando siamo nell’arco dell’anno, sono anche troppo vecchio per fare il pagliaccio come l’ho fatto ieri sera. Un’asfaltatrice indifferente, spalma catrame su una strada.
G’è temp” è una miscela di dialetti. Uno sembra essere il Noneso cantato da Felix. L’altro, cantato da River/sama. Dalla presenza della “C” e “I lunga” in molte parole, sembra essere questo cjarniel, nominato prima dal Capo centrale, tutto come nella prima canzone “Cjalor”. Da l’apparizione di capelli bianchi in testa e nella barba, al ciclo di stelle che esplodano per seminare lo spazio di elementi complessi, le lancette girano per tutti. La scala cosmica e la scala umana sono presentate qui, in un modo ovviamente disproporzionato.
Entriamo nel museo dell’orologeria Presarina per “Mini pare”. Un antico meccanismo è l’ossatura ritmica di questo brano, su di quale un sitar e una tastiera appariscono con parsimonia. Il testo, si articola su qualche parola e stipola che il tempo rimane e che noi passiamo. La canzone si conclude su un testo che sembra, a prima vista, ripetitivo ma che distila un significato bene distinto: Mini pare de fora, Mili pare de fum, Mini bale da fora, Mili bale de ful, Mini bare de fora, Mili bare o de pu, Mini Vale da fora, Mini Vale che fu. Poesia e filosofia in due righe.
Ringrazio qui Tommaso Santini dei Malaga Flo che riconosce il preludio in Do maggiore che apre “Lo veras”. La progressione fu ripresa da Gounod per il suo “Ave maria”. Comunque la canzone è in spagnolo ed è un corto estratto dalla canzone “Introspecciòn” del rapper Juaninacka. Le due voci di Margherita Cogoi e Marta Savorgnan sono messe a contribuzione per vocalizzare liberamente sopra il testo declamato da Felix. Il finale è divertente perché finisce con un’inaspettata nota alta e lirica. Gli applausi e la registrazione lasciata scorrere, testimonia del lato libero e improvvisato della registrazione, attimo quasi irrepetibile, catturato al momento. E veramente successo, bisognava essere nella stanza.
Scarillon” conclude l’album sull’ultimo fotogramma scattato al villaggio; multipli stratti di registrazione del Carillon di Pesariis si intrecciano. Certi canali sono sformati, modificati da variazioni di velocita della registrazione, il resto si perde nel eco. Lasciamo il museo degli orologi di Pesariis dietro di noi, salutano la nostra partenza.
In fine, anche noi abbiamo concluso il rapporto di missione in solo due giorni intensi, per incollare il più possibile a l’atteggiamento della creazione stessa del disco. Non abbiamo guardato alle traduzioni dei testi in dialetto, arrivati dopo la pubblicazione dei testi originali su Bandcamp. Questo, in ordine di ritrovare da noi stessi, un senso con le poche base radunate durante le recensioni dei due primi album in Noneso fatti da Felix e che sono “No hablo Ladino” e “Tut bon”. Abbiamo avuto un avvicinamento sensoriale con i testi… Giuste o sbagliate le nostre percezioni rimarranno tal e cal. Siamo il 26 e sono le 17, concludiamo il rapporto e non ci saranno modifiche fino al reso conto a l’Intel sabato mattina. E tempo di tornare verso la base, siamo ai limiti della nostra giurisdizione e ci sarà tanta strada prima di raggiungere la base… Chi sa cosa incrocerà il nostro tragitto.

 

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