– Jones?
– Comandi!
– Abbiamo un non-schedato da cercare: Stef Giordi. Chitarrista, tipo jazz…
– Magari avrei un’idea del quadrante in quale iniziare…
– Dimmi tutto, Jones, dimmi tutto.
– Beh, si ricorda di Got it? Il gruppo con Matteo Giordani, Lucas Olzer e Lorenzo Sighel? Missione 89 o qualcosa… Erano nel quadrante 360/020. Poi, missione 117 Mirko Pedrotti Quintet con ancora Lucas Olzer, Lorenzo Sighel, Michele Bazzanella, e Matteo Giordani che erano nel quadrante 190/010, Io penso che se puntiamo a Nord potremo scovare una traccia o un segnale…
– Inutile di cercare a Sud dalla posizione in quale siamo, sei un genio Jones. Rotta nel 00, conservare velocita due quarti, profondità 050…
Le ore passano, stiamo scrutando profondità e superficie, quando immancabilmente Jones, come un cane da tartufo, snida il primo indizio: Da lì, basta tirare sul filo rosso e risalire fino a l’entità completa:
– Segnale nel 030, rotta nel 008, distanza 31 miglia, velocita 3 nodi, profondità 035. Firma sonar Stef Giordi, registrata in banca dati, uno schedato.
– Capo? fai parte della nostra scoperta a l’Intel e chieda un dossier su questa uscita.
– Aye, aye sir!
Questa volta il telex della rete flash fornisce un rapporto dettagliato, come piace al Capo centrale e come piace a me. Ovviamente la scoperta di un musicista di tale pregio ci sorprende e ci fa riflettere sulla quantità di scoperte che abbiamo fatto di continuo, durante questi 10 anni di esplorazione subacquee. Mi sto chiedendo se riusciremo un giorno, a fare il giro completo di tutto o se divagheremo eternamente ad incrociare discografie generose ad ogni angolo del territorio.
– Allora, ancora una volta il conservatorio Francesco Antonio Bonporti di Trento e Riva forma e libera nella natura un notevole chitarrista che ha insegnato la chitarra attraverso tutta l’Europa. Ha al suo attivo 6 registrazioni: “L’ordine delle cose”, primo album di 7 brani, esce in Agosto 2010 interamente dedicato allo strumento e alla tecnica chitarristica. “Question marks (Dutch recordings)” esce in ottobre 2012 e contiene solo 5 strumentali di chitarra nuda. “Display” pubblicato in Novembre 2014 annuncia la creazione di un trio, che include il suo Fratello; Matteo Giordani, batterista di 3io, Mirko Pedrotti Quintet e Got it con l’aggiunzione di Juan Manuel Moretti un argentino residente Rovereto al basso, contiene 4 pezzi molto più estesi, la copertina rappresenta un adattatore elettrico di tipo “H” che con un po’ di immaginazione può rappresentare un viso stilizzato e diventerà una specie di logo, un segno distintivo, un simbolo d’identità. Con Juan Manuel Moretti che si incarica della registrazione, missaggio e master. Le prime voci in sovraincisioni appariscono su questo EP. Segue “Stef Giordi & Connected” dell’agosto 2016. L’album si compone di 8 generose tracce trattate con impegno. Prima registrazione e missaggio di Luca Tacconi allo studio Sotto il mare, master di Davide Saggioro. “Piecefull” e il suo titolo gioco-di-parola è pubblicato in gennaio 2020, ritorna verso lo studio dello strumento e l’elaborazione di varie tecniche per suonare. “History teaches” il nostro rilevamento, completa la collezione in Novembre 2022, con una foto copertina di giovani skateboarders che fanno figure acrobatiche sui muri. Stefano e Matteo accolgono Stefano Zecchinelli al basso e tastiere. L’album è registrato a Sotto il Mare studio da Luca Tacconi, ancora al missaggio e il master. Etichetta discografica di tutte le pubblicazioni: “Creative Cave record” che è l’etichetta discografica propria di Stefano.
– Ustia di pedigree, mi sa che siamo davanti ad un cliente serio. Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio, cominciamo:
“History teaches” è ovviamente un album strumentale, e già da suoi primi secondi accerta che chi suona su questo opus, ha dietro di sé abbastanza mestiere, per mandare nella direzione dell’uditore tutta una serie di stacchi, cambi di ritmo, sedicesime accurate, per significare che le composizioni presentate sulla galletta sono state pensate, elaborate, progettate e ripetute seriamente per portare avanti la coesione che esiste fra i tre musicisti.
“From West to East” è il pezzo il più vicino al ricamato sottile tipo dentella, di tutto l’album, il più intricato, il meno lineare, il più complesso sicuramente. Ovviamente chi passa casualmente da queste parti, deve essere colpito dagli primi secondi del primo pezzo. Stranamente il “Bouquet final,” del fuoco d’artificio si trova proprio qui, nella prima traccia del disco. C’è dentro questo jazz, una tendenza che si ancora nella “Fusion” ma che richiama allo stile sud americano. Non saprei dire chi, di questi tre fenomeni, fa di più girare la testa, brillando tutti da una tecnicità esagerata su ogni strumento. Iniziamo forte… Magari un po’ troppo?
“Disparo” calma il gioco su un ritmo più quieto. In sotto fondo un suono di sintetizzatore vibra di interferenze e si intercala alla partitura del Basso. C’è un notevole crescendo che sembra spinto dalla batteria. La sua progressione è lentissima ma inesorabile. Il titolo “disparo” poteva creare l’intuizione di misure dispare come 7/8 per esempio. Ma la disparita evocata, parla da quella che le donne subiscono, in un modo quasi istituzionale, ancora oggi, nel 21imo secolo.
“Exit Poll” aggancia l’orecchio intorno ad una frase di chitarra, che scorre come un tema ripetuto, ma declinato, sotto tutte forme possibili. Nella parte media del pezzo, la chitarra si distacca dal monotono della ripetizione per avventurarsi, come un adolescente nelle sue prime esplorazioni, fuori del cerchio famigliare e scopre l’ebbrezza della libertà. Il richiamo della sequenza iniziale del tema crea un aspetto di conforto, una zona sicura e piacevole, che autorizza il viaggio esplorativo nel canto della chitarra, ma richiama al conforto di una casa sicura, calda e confortevole. Pezzo magnifico.
“Automn lives” inizia come un pezzo decisamente più ritmato nella sua introduzione. C’è una batteria che spara precisamente tempi e contrattempi, ci sono delle tastiere in sottofondo, che increspano il fondale della scena, e un basso strutturale che conduce discretamente alla spiaggia calma, campata di mezzo al brano, con una chitarra che distilla armoniche, sopra la guida paterna del basso. Dopo il secondo minuto il pezzo riprende progressivamente energia, per gemellarsi di nuovo con la tessitura dell’introduzione.
“Bells play once” si può tradure come “le campane suonano una volta sola” possiamo ammettere che siamo tutti campane che suonano una volta sola. Un tema musicale si declina progressivamente allungo questo pezzo, con la destrezza e la tecnicità del trio, che è ormai superflua descrivere ancora qui. Poi il suono della chitarra si dilata, per lasciare posto al discorso dello scientifico il più acuto dei nostri tempi: Neil de Grasse Tyson, sul contrasto tra la vita eterna e la vita a termine, l’emergenza di complire qualcosa di significativo e di evitare di chiudere gli occhi pensando: “Avrei potuto fare questo o questo e non l’ho fatto” …
A dire la verità inciampo sul significato di “Easy (per un C)” brano temperato e calmo, mosso dalle triplette del basso che sistemano il ritmo, a passo di camminata contemplativa. La parte centrale dello strumentale offre un campo libero in quale i tre strumenti trovano uno spazio aperto, per staccarsi del sentiero e snodarsi le gambe. Il ritmo rimane costante ma diventa più intenso, il suono della chitarra si raddoppia di sonorità sintetiche, il suo suono si espande in chiarezza, per tornare tranquillamente sul sentiero, una volta lo sfogo concluso, per un finale che ricorda l’introduzione.
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