Nello stretto corridoio degli ufficiali, a pochi metri dal centrale, appoggio il mio sguardo su l’unica maniglia dorata della corsia. La mia. Questo è il mio traguardo per godermi un momentino da solo, magari assaporare un po’ di grappa alle ortiche che ho nascosto in fondo al cassetto della mia scrivania. Quello che chiude a chiave. Mentre tendo la mano per aggrapparla, sto salivando solo dal pensiero, so bene che a bordo non si può assolutamente bere, ma è il mio piccolo piacere segreto. Tanto c’è ne solo una fiaschetta in argento di un quarto di litro. Il mio occhio, già brillante, deve rinunciare a questa prospettiva.
– Segnale…
E’ Jones… uno degli uomini i più seri e qualificati del bordo. Non posso mandarlo al diavolo, per la voglia che ho di pensare ad altre cose. Calzo la mia maschera sorridente dopo avere respirato profondamente ed espulso rapidamente tutta l’aria, con un notevole ribasso delle spalle.
– Cosa abbiamo? Chiedo, dopo una giravolta che mi riconduce verso la mia poltrona nel centrale.
– Eeeeh… è strano, viene da sotto di noi… Spettrometro solo… Aspetto che la sabbia e il fango sollevato dalla nostra risalita si deposita un po’. Schiarisce il segnale…
– Avanti un quarto per mezzo minuto, poi giriamo intorno a nostra posizione iniziale, velocita minima. Comando, mentre il capo centrale rilega l’ordine al meccanico di propulsione e alla timoneria, che rende conto, secondo la procedura.
– Risale alla verticale… 5 metri al minuto e prende velocita. Credo che eravamo appoggiati sopra e l’abbiamo distaccato dal fondo… annuncia Jones.
– Per le trippe di Richard Dawkins! Magari sarà un alieno o magari peggio. Nettuno Stridente! Scanner, spettrometro, doppler, decoder audio. Vorrei sapere cosa abbiamo riportato all’oscurità del fondo mare (e non alla luce!)
– E peggio Capitan… e una reliquia del 2002 e ci sono solo schedati dentro…
C’è un momento di silenzio… Io mi sto chiedendo cosa facevo nel 2002, cercando un ricordo, una memoria, un punto di aggancio, qualcosa. Però niente. Più di un decennio prima di prendere commando del Wyznoscafo… Svago del tutto. Tanto Il capo centrale è già sul telex della rete flash, Jenkins raduna dati dello scanner, il Secondo è alla manovra, io son perso nei miei pensieri:
– E chi sono sti schedati? Chiedo mezzo perso, lo sguardo nel nulla…
– Simone Bernardi chitarrista nei “Fango”, Irene Bonadiman, che ha suonato con Felix Lalù su La Spuma Per El Bocia e “No Hablo Ladino” e… Felix Lalù!
– Cosa? Sclamo, mentre tutto ritorna a fuoco nel mio campo visivo.
– “Piccolo male puro”! Interviene il Capo centrale che legge al volo il contenuto della carta perforata ancora sul telex… Un gruppo attivo fra 2000 e 2005, una sola registrazione studio che è stata la prima sessione di studio per tutti membri: Felix Lalù al Basso e canto, Irene Bonadiman alla batteria e Simone Bernardi alla chitarra e canto. Notiamo che Irene e Felix hanno qualche bands sul loro percorso: S.Klero (1995-2000) poi Bue e Lova Lova Lovarie, sembra essere la sua compagna musicale nei 200 ultimi anni… E un gruppo universitario; Felix, Irene e Simone studiavano psicologia a Padova. È stato registrato presso Studio Zem Bolzano da Carmelo Giacchino. Tre lingue utilizzate sul disco: Inglese, Italiano e un po’ di francese. La band aveva anche scritto in spagnolo e portoghese. L’album è disponibile per tutti in Scarico gratuito. E si può ascoltare Anche sul tubo.
– Stiamo girando intorno al rilevamento, manovra conclusa Capitan! conferma il Secondo.
– Ecco i dati dello scanner, rende conto Jenkins.
– Risale esponenzialmente più veloce; 8 metri al minuto ora… Informa Jones.
– Rimaniamo a profondità, tanto sarà a portata di strumentazione fino alla superficie, Cominciamo.
Pazzesco! Scoviamo un Ep di 18 anni fa. Ci attardiamo su questo caso per completare l’archivio. Sopra tutto per sapere cosa faceva Felix a l’epoca: Rock! Ecco perché nostro giullare del neomelodico alpino, può confortevolmente integrarsi a band come Ananda mida e sentirsi come un pesce nell’acqua. Poi a vedere i primi dati dello scanner sembra un disco a spalle larghe, piuttosto quadrato con ripieno di energia. C’è una sorprendente presenza di Irene alla batteria e il ricordo della voce di Simone come nei più bei momenti di “Johnny Christ” del EP “Nel buio” di “Fango”, e vi incoraggio a scavare per scovarlo gratuitamente. Il genere e grunge rock con accenti di “Sonic youth”, delle esplosioni vocale alla “Smashing pumkins” delle chitarre alla Nirvana, il tutto con un retro gusto di Melvins. Tre dei 4 brani si stendono oltre 5 minuti: viene della scelta di privilegiare l’espressione invece di provare di entrare nel calibro radiofonico.
L’introduzione di “Emo” comincia l’EP come un rock grasso e appiccicoso al limite dell’heavy. La traccia si sviluppa allungo varie diramazione che il gruppo esplora pienamente. Quasi al minuto la prima spiaggia di calma segue la voce sussurrata de Felix. Il pezzo si gonfia durante un ritornello quasi strumentale e ripropone un altro giro accentuando il tono psicopatico della voce. L’ultima parte del pezzo riprende la struttura del intro, condita di parole fra l’urlato e il mormorato bipolare. Il finale e un vortice di parole al rovescio su una chitarra limpida. Divertente.
Altra introduzione lenta, quella di “Morbinson garden” un lento nevrotico che decolla seriamente al minuto e mezzo. Cantato a due voci, Felix per i versi e Simone sui ritornelli, questo rock ruvido è martellato in un modo pesante ma preciso da Irene; mi lascia a bocca aperta. A guardare le foto Irene e piuttosto di statura alta e fine, il morfo tipo delle atlete di salto in alto: slanciata. Sembra avere un martello in ogni mano per distruggere suoi timpani. Simone, lui, spinge la sua voce rauca e precisa per lasciare un’impronta profonda nell’identità del Pezzo.
Pezzo alieno del EP “Candy mandible” e una perla pop pura che mi ricorda i “Smashing pumkins” nella carezza melodica delle chitarre nella sua introduzione, le frasi di basso alla Peter Hook nella parte intermedia (1.54) e l’esplosione vocale (2.56) della parte finale. Da lontano il mio pezzo preferito dell’album. Peccato sia cosi corto.
“Post lemuri” inizia con un’avvertenza chiara: “Aaaah, Aaaah, Monster, Monster”. Cantato alternativamente da Simone e Felix il brano è un bel rock potente che ci propone un grunge ruvido per oltre 7 minuti. C’è una bella spiaggia strumentale di un minuto, un bel campo libero per lasciarsi andare del tutto nell’ebbrezza di un basso suonato ancora una volta, nella parte bassa del manico, prima che la band si sfogasse vocalmente per concludere la faccenda. NON ermetico, l’ultimo messaggio satanico e desatanizzato appositamente per il più grande bene di tutti…sembra che si parla della val di Non.
Questo EP non è solo il ricordo di un periodo per i nostri tre schedati, ma si inserisce senza vergogna nello spirito del periodo, con la qualità di composizione dovuta, la voce tagliante di Simone, il basso di Felix e un Irene imperiale dietro suoi fusti. Da lì, “Nel Buio” e “Icarus” si profilano più logicamente. Passato la sorpresa della scoperta, ci rimane solo da lasciare questo EP strappare la superfice ed essere condiviso di nuovo. Che li sia dato un’altra vita! Mi sto chiedendo se possiamo rimettere la mano su “Bue”, “Lova lova lovarie” solo per includerli in archivio dopo analisi.
– Buono! Secondo li lascio il centrale, facciamo strada verso la base Nibraforbe, mi ritiro in cabina. Chiamatemi a tre miglia del passaggio segreto, che prendo in mano la manovra…