Il Wyznoscafo ha percorso 20 miglia pieno Est e inizia a descrivere cerchi concentrici.
– Capitan abbiamo un segnale un po’ strano… interviene Jones, sembra un segnale locale, ma non corrisponde alle firme sonar locali… è nel 180, rotta nel 181, distanza 17 miglia, velocita 9 nodi, profondità 025…
– Si allontana pieno sud… Quanti altri segnali in zona?
– E l’unico… mi sembra esser doppio segnale, del resto.
– Capo centrale? Mi faccia un rapporto a l’Intel sulla scoperta e una richiesta di file sulla rete flash…
– Aye, aye sir!
– Rotta nel 180, avanti 9 nodi, profondità 025. Jenkins, mettimi solo lo scanner in moto per il momento.
Il Wyznoscaffo si inclina nella curva verso sud e punta leggermente del naso verso la superficie nella risalita a profondità 025. Il telex crepita e il suo rumore eccessivo contrasta con il nostro centrale rinnovato, credo sia uno dei rari apparecchi rimasto identico insieme alla timoneria. Il capo Centrale si serve della sua matita gialla come una spada laser e sforna la sua analisi senza preavviso:
– Il nostro primo segnale “Smalto” è il secondo album del gruppo “Incomodo” prodotto da Pietro Foresti che lavora regolarmente con Muse, Marlene Kuntz e Negramaro. L’album è su etichetta Vrec Music Label / Audioglobe. La band si forma nel 2007 a Lecce, la formazione subisce vari cambi di line up. La formazione e stabile dal 2013 ed è composta da Federico Calò alla chitarra e canto, Roberto Civino piano forte e sintetizzatori e Mirko Alfieri alla batteria. Attivi tra Lecce e Trento, dove due terzi della band ha un’attività didattica all’Università di Trento. Il secondo segnale è Il primo album “Un po’ di silenzio” esce nel 2015 “Smalto” è in uscita dal il 5 Aprile 2019 anticipato dai singoli “Non essere cattivo” e “Smalto, radio edit”. L’album è stato registrato da Andrea Ravasio, mixato e masterizzato da Matteo Agosti a Frequenze Studio (Monza, MB) nel Febbraio 2018. Tutte le foto del disco sono della fotografa Giulia Bersani, che ne ha realizzato l’artwork interamente a mano. Tutto li.
– Ecco che spiega un po’ tutto. Non sono locali, son IBRIDI! Come I Luck now… Spettrometro e Decoder Audio… Nen a vedere lo stesso… Cominciamo!
C’è un serio cambio di sostanza nei due album, che va un po’ oltre il semplice cambio di line up operato nel gruppo durante la sua storia, o anche il modo e lo studio in quale sono stati registrati. Tranne la voce che ritroviamo sulle due registrazioni, la consistenza e lo stile delle due gallette divergono radicalmente o piuttosto si giustappongono come il ying e il yang o le caselle di una scacchiera. Tanto il primo e rock, tanto il secondo e pop…
“Un attimo di silenzio” è l’opera di un trio Basso, batteria, chitarra e girava intorno a Federico Calo al canto e chitarra, un certo M.R.(??) alla batteria e Marco Cazzetta al basso per un rock tagliante e arruffato con una voce più incorporata al suono generale della band. Un generoso conto di 12 canzoni compone l’album, in quale ritroviamo varie atmosfere: Come due dita nella presa, per la prima canzone “Mescalina”. Un stupendo secondo pezzo “un po’ di silenzio” con un bel rock nervoso condito di un canto che cerca armonie sulla chitarra, accompagnato di un coro accurato sul ritornello. Ci sono tracce calme come “L’ignavo”.
“Sensi di colpa” conferma la forza del canto e la sintonia con gli strumenti. “In fede, infame” ci riporta sul viale del rock e della chitarra aggressiva che fa danni come la lama di una motosega su della carne fresca. Le chitarre si duplicano su “Alice” ma lasciano la batteria sfogarsi di raffiche strette, in un bel finale spettinato.
Un trio di tracce più temperate si raggruppano sulla seconda meta dell’album: “E andata cosi” dimostra la capacita di cambiare atmosfere con l’aggiunzione di un flauto, “Luen” si lascia guidare dal basso e “Sai, ti diro” rompe il suo aspetto intimo dopo un urlo che introduce un finale nervoso.
Questo gruppetto di tre canzoni e inquadrato da due, più isteriche con “Ora non mi va” e la sua voce che si avventura negli alti e “Miyagi’s little tree” che rimane l’unica traccia in inglese di un album che si conclude su un bonus track “Giuda” e la sua voce teatralmente forzata.
“Smalto” e radicalmente diverso e ricorda piuttosto “Keane” con il suo piano elettrico che esce come una guglia dentata fuori della massa sonora con i suoni dissonanti della prima canzone “Mangiafuoco” e impone la sua identita, gridando la sua presenza in quel modo. Scivoliamo in una pop più saggia e accessibile a una più larga porzione del pubblico. L’album diventa più romantico, più calmo, cerca il consenso, cerca di piacere, di essere notato in vetrina… la voce è messa avanti, la strumentazione ha subito una spolveratina, le composizioni sono stirate, i musicisti pettinati bene e leggermente profumati. Addio l’odore di sudore e di polvere del backstage, ora cerchiamo il palco televisivo, illuminatissimo e lucido. L’orchestrazione di “Smalto” e magniloquente e impone l’enfasi necessaria per farne un single notevole. La chitarra sparisce quasi del tutto su “Esprimi un desiderio” e suoi ritornelli saggi, le corde rimangono in secondo piano con discrezione. “Il peso della testa” o piuttosto dei pensieri è un invito alla spensieratezza e la disinibizione, quasi un appello di abbassare la guardia, suscitare qualche fiducia nella compagnia femminile perché c’è ovviamente “Fame d’amore”. To! Va là che combinazione! Avvicinati, non aver paura, vieni più vicino… che la chitarra riprende un po’ il commando delle operazioni e la voce si increspa occasionalmente di forza e volume. “Humus” e la sua voce telefonata si appoggia del tutto su tastiere, che viaggiano fra gran piano e archi. Su molte tracce di questo album la chitarra è certe volte presente ma completamente incorporata al suono delle tastiere come una presenza di sostegno. “Isola a vela” e “Dispnoica” sono stranamente tracce gemelle con la loro tessitura quasi identica. “Non essere cattivo” è il secondo single estratto da l’album ed è un po’ più sollevato e ritmato, riprende le sonorità di tastiere di “Mangiafumo” con una chitarra più presente e monolitica nei ritornelli. La voce sa decollare per impacchettare un finale magnifico. “Rubicondo” sembra affidare al mare (o al lago di Levico) un corpo ucciso durante un’esplosione di rabbia, provocata da una reazione liberatrice e incontrollata in reazione ad un eccesso di dominio… una battaglia di personalità, un rapporto di forza. Una goccia che fa sboccare il vaso. “Posso distruggere…. Distruggerò…”
“Smalto” si conclude li. Queste dieci canzoni sono lentamente entrate in mente, dopo molteplici ascolti e hanno saputo progressivamente conquistare, nonostante la dichiarata preferenza al primo album, durante i primi ascolti. Queste composizioni possono prendere posto nelle vostre preferenze, basta premere “riplay” il necessario numero di volte…
Abbiamo percorso un po’ di strada pieno sud. Quasi, quasi continuerei in questa direzione, storia di prospettare acque un po’ più calde…