Steve McCurry – CHILDREN
Genova, Palazzo Ducale, Sottoporticato, fino al 10 marzo 2024
a cura di Biba Giacchetti e Melissa Camilli, con Peter Bottazzi, promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura – Genova e “Civita Mostre e Musei”, in collaborazione con “SudEst57” e con l’organizzazione internazionale “Defence for Children Italia”.
Orario: da martedì a domenica, dalle ore 10 alle ore 19 (la biglietteria chiude un’ora prima); lunedì chiuso.
Lasciandosi guidare dalle immagini di uno dei più grandi fotografi del mondo, si compie un viaggio ideale attraverso numerose civiltà, tradizioni, usi e costumi, con l’universo dell’infanzia quale denominatore comune e con la consapevolezza che tutti i bambini del mondo hanno gli stessi diritti. Una notevole serie di figure in primo piano e di immagini prese in contesti estremamente problematici, nella quale predominano i ritratti (la forma in cui Steve McCurry eccelle), ci comunica in modo diretto significati, sensazioni, suggestioni e pensieri. Circa cento gli scatti, affiancati da proiezioni video, che creano un universo fatto di guerra, di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e di ironia, di impegno e di diritti negati. I volti dei bambini ci conducono ad attraversare India, Birmania, Giappone, Africa, Sudest asiatico, Tibet, Nepal, Cina, Brasile, Messico, Medio Oriente, Stati Uniti, Italia, Francia e ci mettono in contatto con etnie lontane e prossime, con le condizioni sociali più disparate, lungo un percorso scandito dagli articoli della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Si incontrano bambini profughi, lavoratori, bambini immemori del pericolo che giocano ad arrampicarsi su di un cannone, che si divertono nel fango, che rincorrono un pallone durante un acquazzone monsonico, che affermano la propria identità mediante il gioco anche nelle situazioni più proibitive, nelle grandi città come nei villaggi rurali. Nel volto decorato con il thanaka di un bambino birmano McCurry fissa non solo un’immagine dell’infanzia, ma una tradizione della cultura burma che va scomparendo; il thanaka è una crema a base di corteccia macinata che ha effetti benefici, usata soprattutto da donne e bambini.
Il documentare tradizioni e usanze di varie culture è una costante del lavoro di McCurry; il popolo etiope dei Karo, insediato nella Valle del fiume Omo, usa dipingere i corpi col bianco ricavato da un minerale gessoso e col rosso di una terra ricca di ferro. Lo scatto fissa una scena collettiva dove un bambino conduce un gruppo in una danza rituale, una pratica destinata a scomparire: le decorazioni tribali lasciano oggi spazio a tute da ginnastica e ad altri prodotti della modernità.
Lo sguardo fiero e pieno di dignità di una bambina del Rajastan (India) che trasporta sulla testa una pietra troppo pesante per la sua tenera età richiama le molteplici situazioni di sfruttamento di cui sono vittime i minori in molte parti del mondo, ma in questo caso non vi è costrizione: è una figlia che aiuta il padre nella costruzione della casa familiare, tra vicoli sterrati e abitazioni fatiscenti; la sua voglia di contribuire alla vita della famiglia nasce in una situazione di estrema necessità. Tematiche alle quali la mostra dà grande rilievo sono il gioco, il lavoro minorile e il coinvolgimento dei bambini nei conflitti. Immagini di grande forza fanno riferimento all’art. 31 della Convenzione ONU: Ogni bambino e bambina ha diritto al gioco e ad attività ricreative adatte alla sua età, al tempo libero e al riposo, a partecipare attivamente alla vita culturale e artistica.
Dei bambini giocano arrampicandosi su di un cannone abbandonato in Libano; tra le mani dei piccoli monaci tibetani rifugiati in India spuntano, in una pausa che interrompe le impegnative pratiche religiose e di studio, dei videogiochi e un’inattesa pistola giocattolo; il gioco del cricket occupa i novizi tibetani nella regione indiana del Darjeeling, meta e rifugio per i monaci buddisti fuggiti dopo l’occupazione cinese del loro paese. Nel percorso verso la vita adulta il noviziato è una tappa importante, obbligatoria (“Per diventare uomo devi prima diventare monaco”), temporanea per alcuni, scelta di vita definitiva per altri.
Vi sono poi le terribili situazioni dell’infanzia negata, dei piccoli uomini impegnati in lavori che sarebbero duri anche per un adulto e di quelli costretti a imbracciare le armi, come è per il bambino che a Kabul deve presidiare una barricata. L’Afghanistan è come una seconda casa per Steve McCurry: ha cominciato a percorrerlo da giovanissimo, è stato accolto amichevolmente dalla popolazione e con il servizio realizzato nel 1980 per la rivista Time ha ottenuto la Medaglia d’oro Robert Capa. In uno scatto riesce a concentrare, scritta nel viso di una bambina che si stringe al padre, la spossatezza di una famiglia che ritorna nella sua terra dopo dodici anni trascorsi nei campi profughi. È stato realizzato in un campo di profughi afghani uno dei suoi scatti più famosi, il ritratto di una ragazza dallo sguardo di toccante intensità, con il quale l’immagine guida della mostra è in analogia. Sharbat Gula Shinwari, il cui sguardo nel 1985 fece il giro del mondo sulla copertina del National Geographic, oggi ha 47 anni e nel 2022 è fuggita da Kabul per raggiungere l’Italia, intenzionata a incominciare una nuova vita.
Alcune delle immagini esposte a Genova, realizzate in quasi cinquant’anni di attività, sono inedite per l’Europa; i bambini ritratti dall’obiettivo di McCurry in ogni angolo del mondo esprimono lo stesso sentire con la loro inesauribile energia, gioia e capacità di giocare. La mostra “Children”, inaugurata nel novembre 2023 a ridosso della Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, ha visto l’incontro del grande fotografo con “Defence for Children Italia” per l’obiettivo comune di un omaggio a un periodo straordinario della vita, che ha preso forma in una narrazione dell’infanzia in tutte le sue sfaccettature attraverso lo sguardo dell’innocenza. Un’occasione per ricordare che i bambini devono essere protetti e i loro diritti assicurati e resi concreti.
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