Letteratura

La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth in lettura a Merano al Südtirol Festival 2021

Merano – Kursaal, 15.09.2021, ore 20:30
Südtirol Festival Merano
Die Legende vom heiligen Trinker” di Joseph Roth (in lingua tedesca)
La leggenda del santo bevitore
Peter Simonischek, Voce recitante
Die Österreichischen Salonisten, musica
Jan David Schmitz, drammaturgia
Musiche di Edith Piaff/Norbert Glanzberg/Hubert Giraud, Erik Satie, Charles Chaplin
Alan Romans, Nino Rota, Ernesto Nazareth, Harald Saeverud, Wassili Solowjow Sedoi.

Pare che a Joseph Roth l’idea di scrivere la sua celebre “Leggenda” fosse venuta al Caffè Tournon di Parigi, che frequentava nel suo esilio parigino, ritrovo di emigranti austriaci, quando gli parlarono di un mendicante che aveva promesso di restituire un prestito con una offerta in chiesa. “Ne farò un racconto, e sarà il mio ultimo”. E’ uno specchio letterario della vita travagliata dell’autore, che un giorno, osservandosi in un suo ritratto disegnato dall’amica Mies Blomsma che lo immortalava in un bistrot, nel 1938, lo commentò con le parole: “Sono proprio io: cattivo, ubriacone, ma astuto”.   Si conosce Joseph Roth (1894 – 1939) per quei romanzi di’ambientazione “finis Austriae”, La cripta dei Cappuccini, La marcia di Radetzky i più noti. Nato da genitori ebrei nella Galizia austriaca,nell’odierna Ucraina, visse la duplice disperata condizione di ebreo errante e austriaco senza patria. A soli ventidue anni fu testimone del declino dell’impero asburgico con la morte dell’imperatore Francesco Giuseppe ai cui funerali partecipò come servizio d’ordine, e a ventiquattro, con la fine della Prima guerra mondiale, di tutto l’impero austro-ungarico. Delicato narratore della finis Austriae, nei suoi romanzi e racconti diede voce alla perdita del senso di appartenenza, di valori e convenzioni su cui si fondava un’intera epoca. Con l’ascesa al potere di Hitler nel 1933, data la sua origine ebraica, è costretto ad emigrare. Dapprima si trasferisce in Francia, poi nei Paesi Bassi e infine nuovamente in Francia. In Germania i suoi libri vengono bruciati, nei paesi che lo ospitano, rispetto a molti altri scrittori emigrati, continua ad avere la possibilità di pubblicare opere. Tra il 1937 e il 1939 la situazione economica, oltre alla salute di Roth, peggiorano: beve e viene trasferito all’ospizio dei poveri. Morì esule volontario a Parigi, testimone della follia nazista che aveva travolto l’Europa, il 27 maggio 1939 per polmonite.

Stefan Zweig e Josef Roth a Ostenda, Belgio nel 1936. (Photograph ImagnoGetty Images)

Così ce lo descrive un critico e romanziere Hermann Kesten che incontro Roth a Parigi poche settimane prima della morte “… Volevo bene a Roth. Per dodici anni avevo passato con lui una buona parte della mia vita. Sedevo tutto sobrio a scrivere accnto al Roth del mattino, che, quando scriveva, non beveva. E sedevo tutto sobrio accanto al Roth ubriaco della sera, che continuava a bere fino a notte inoltrata, e ascoltavo, divertito e commosso, la sua saggezza del giorno e la sua follia di mezzanotte, perchè anche la sua follia aveva il sapore della poesia… di fronte a Roth c’era un bicchiere o due con dentro una mistura giallo-verde, e una mezzadozzina di sottocoppe, che servono ai camerieri parigini per fare il conto di quel che i loro clienti hanno bevuto. Ed egli mi racconto la sua ultima novella La leggenda del santo bevitore che aveva appena terminato di scrivere… “Non è graziosa ?” Alla una e mezza del mattino il caffè si chiudeva e io mi alzai per andare. Con a sua incantevole e inappuntabile cortesia, Roth si alzò, mi accompagnò davanti alla porta del caffè ormai vuoto e mi tese la mano. La figura era un pò curva, un pò barcollante, il sorriso così pieno di maliconica intelligenza, e gli cchi azzurri stanchi e annebbiati, i piccolo baffi biondi e le belle mani, la voce già rauca è così cordiale…Il mio caro e vecchio amico Roth”. Il racconto della Leggenda del santo bevitore, si snoda come una vicenda in terza persona, eppure c’è tanta autobiografia dell’autore medesimo, l’angoscia del perdersi di ritrovarsi nell’azione di voler restituire il prestito da consegnare alla cappella di S. Teresa di Liseux nella chiesa di Santa Maria di Betignolles. La vita del chochard Andrea Kartak o di Joseph Roth è un perdersi tra bevute di pernod, donne, ritrovarsi di vecchi amici, immagine di un uomo estraneo alla società contemporanea, visitato da ricordi e fedele ad un unico voto, per Roth aggrapparsi alla memoria degli eventi. Come da tradizione del festival la letteratura si accompagna alla musica con incontri con le voci d’attore traendo dal mondo attoriale germanico nomi noti  al pubblico televisivo anche italiano (Senta Berger, Tobias Moretti e Karl Maria Brandauer sono stai ospiti della rassegna) che danno vita alle vita delle parole di scrittori rappresentativi dei cambiamenti epocali.

Peter Simonischek

Ecco che l’evento presentato dal Südtirol Festival Merano ha permesso di ricostruire frammenti di quella cultura di “finis Austriae” alla quale Merano stessa era parte integrante, che cerca di mantenerne il ricordo culturale nella dissoluzione delle geografie politiche e umane. L’aveva fatto l’anno precedente ricordando il soggiorno di Franz Kafka a 100 anni da quell’evento e lo ricorda con la lettura offerta dall’attore austriaco Peter Simonischek che ha offerto al pubblico che ha affollato il grande salone del Kurhaus un lettura asciutta e disincantata del breve racconto di Roth. L’accompagnamento musiale del Die Österreichischen Salonisten ha voluto ricostruire le sonorità di quel periodo proponendo musiche d’autori che hanno saputo ricreare la colonna sonora di quel periodo sgangherato degli inizi del secolo scorso che aleggiava attorno ai fumosi caffè o ai bistrot, tra Parigi e Vienna, tra Edith PiafErik Satie alle composizioni strutturate di Charles Chaplin ai walzerini e tanghi del compositore brasiliano Ernesto Nazareth o alle note sognanti di Nino Rota da Giulietta degli spiriti.

 

 

 

Federica Fanizza

Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

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