MADDALENA FINGERLE, nata a Bolzano nel 1993, di cognome tedesco ma di lingua madre italiana, ha compiuto gli studi universitari (dapprima di Germanistica per poi specializzarsi in Italianistica) a Monaco di Baviera dove risiede. Al momento è impegnata in un dottorato sulle strategie di evasione in Tasso e Marino. Nel 2021 pubblica “Lingua madre” (ItaloSvevo) che vince il Premio Italo Calvino, il Premio Comisso under 35, il Premio Flaiano under 35, il Premio Città di Girifalco, il Premio Fondazione Megamark e il Premio POP. Nel 2022 esce la monografia “Lascivia mascherata. Allegoria e travestimento in Torquato Tasso e Giovan Battista Marino” (DeGruyter).
Nel suo primo romanzo, LINGUA MADRE, principale argomento sono le ipocrisie del linguaggio e le ipocrisie del costrutto politico-sociale altoatesino temi che, filtrati attraverso la sua parabola esistenziale, sorreggono il romanzo. Ma c’è un’autentica lingua-madre scevra di convenzioni? Questione senza risposta, se non drammatica che si impone anche nella ricerca di rapporti umani.
In questo sua prova di romanzo, pubblicato dalla Mondadori, Pudore, ci si confronta sull’ambiguità di un rapporto identitario. La protagonista di questa storia è Gaia. La sua ragazza, Veronica, l’ha lasciata, e Gaia non sa proprio cosa fare. Per superare la sua prima, cocente delusione amorosa, cerca di trasformarsi nella sua amata, che per lei ha sempre rappresentato un modello irraggiungibile. Veronica, infatti, non è solo la persona di cui si è innamorata, ma anche la donna che lei vorrebbe diventare – come accade nei primi, furiosi innamoramenti. Una investigazione sulle trasformazioni identitarie in altre persone, che fa da messa in pratica di quanto sono i suoi studi sui travestimenti nella letteratura rinascimentale. Un tema problematico per la protagonista Gaia che, lasciata da Veronica, verace ragazza salentina in cui vede un’autenticità negata dalla propria famiglia borghese, cerca di identificarsi in lei assumendone aspetto e abitudini. Gaia non ha più voglia di essere se stessa: si rasa i capelli a zero e indossa parrucche, svende i suoi orecchini, si libera dell’armadio e compra un letto nuovo. Vuole ricostruire se stessa e l’ambiente in cui vive a immagine e somiglianza di Veronica: la sua amata, meravigliosa Veronica, da cui è appena stata lasciata. In un soliloquio ora arrabbiato e rivendicativo, ora spaurito e ostaggio di una miriade di sublimi ossessioni, Gaia arriverà a conoscersi meglio e sarà pronta a correre davvero dei rischi per diventare l’individuo che vuole essere.
La scrittura è densa, in rima persona costruita come un diario segreto, senza forme di dialogo.
Il libro è stato presentato nel corso di un tour che ha toccato diverse città tra cui Riva del Garda, presso l’Hotel Luise, e Rovereto, dove è stato presentato presso la libreria Arcadia di Rovereto. Molto esaustivo l’incontro condotto dalla responsabile della Libreria Arcadia che ha saputo raccogliere un buon numero di ascoltatori. Spiega di avere scelto una storia omosessuale perché pensava le avrebbe reso più facile l’operazione di identificazione della protagonista con la sua amata, anche se ora ritiene che il genere dei personaggi non avrebbe avuto importanza. Non fa mistero della sua difficoltà di rapportarsi con le aspettative generate dalla vittoria al Premio Calvino. Come non viene tralasciato anche anche il suo rapporto con il cibo e la cucina, profondamente identitario e di memoria, come le sue connessioni linguistiche che hanno importanza anche in Pudore, la cui protagonista è, come lei, un’italiana espatriata a Monaco di Baviera: “Per me i luoghi sono sempre linguistici”. Grazie al suo monologo ora arrabbiato e rivendicativo, ora masochistico, ora spaurito, ostaggio di una miriade di sublimi ossessioni, Gaia arriverà a conoscersi meglio, fino a comprendere davvero che per rinascere dalle proprie ceneri è inevitabile appiccare un incendio. La scrittrice racconta che il personaggio di Gaia le è stato ispirato dalle opere del fotografo danese Erwin Olaf, specie la ragazza in abito giallo
Nella vicenda emerge una visione dell’ambiente famigliare della protagonista, alto borghese “ricco” e “distratto” che risolve risolve i problemi con i soldi, per lei una famiglia tossica. L’unico momento in cui di immedesima in Veronica è nel ricordo del cibo del Salento, terra d’origine di Veronica. Elemento legante con la famiglia l’ha con la donna di servizio Filomena, anche lei da terre del sud con la quale costruisce un forte sentimento affettivo e accudente. Altro personaggio con entra in un rapporto di simbiosi è Emilio, terapeuta. Gaia si identifica con Veronica come se si trattasse di un lavoro teorico sul travestimento e il mascheramento. La protagonista non è un personaggio amicale, anzi risulta piuttosto respingente, come la scrittura che si fa aspra e che lascia in sospeso l’esito distruttivo di memoria e ricordi e forse di sè stessa
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