Venezia, Teatro La Fenice, domenica 21 marzo 2021 ore 17.30
in streaming sul canale youtube Teatro La Fenice
50 anni senza Stravinsky. Omaggio della Fenice e della città di Venezia al compositore
Igor Stravinsky
Le sacre du printemps (La sagra della Primavera). Quadri della Russia pagana in due parti
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore John Axelrod
riprese video a cura di Zeta Group
audio Teatro La Fenice
Igor Stravinsky morì a New York il 6 aprile 1971, a ottantotto anni, e per suo espresso desiderio venne sepolto a Venezia nell’isola di San Michele, vicino alla tomba del suo collaboratore di vecchia data, Djagilev, il giorno 15 dello stesso mese. Ebbe un rapporto particolare con Venezia: scelse la città lagunare per far debuttare la sua opera La carriera di un libertino l’11 settembre 1951, al teatro La Fenice, con protagonista Elizabeth Schwarzkopf, direttore lui stesso a capo dell’orchestra del Teatro alla Scala nell’ambito della Biennale Musica. Vi ritornò nel 1956, per un concerto di musica sacra appositamente composte. Visitò tra le tante chiese di Venezia quale fosse la migliore ad accogliere queste sue composizioni, la Basilica di San Marco, dove ad accoglierlo fu il patriarca Angelo Roncalli. Particolarmente ispirato dall’iconografia dell’apparato iconografico, convinse il futuro Giovanni XXIII ad aprire la Basilica di San Marco alla musica orchestrale e vi diresse di persona il suo Canticum Sacrum ad honorem Sancti Marci nominis, dedicato alla città di Venezia Fu un successo enorme, la stessa Piazza San Marco, grazie all’installazione di alcuni altoparlanti, si trasformò in una gigantesca sala da concerto. Ancora nel 1958 trascorse un periodo in laguna dove poteva contare amici quali Peggy Guggenheim. Rapporti non fittissimi ma di grande affetto per questa città dimostrato dalla scelta come riposo finale con accanto anche la moglie Vera anche lei accolta nel Cimitero dell’Isola di San Michele.
A 50 anni dalla morte, Venezia quindi, ha voluto celebrare il grande compositore russo di origine, affidando alla streaming dal Teatro La Fenice il concerto in programma nel giorno dell’equinozio di primavera, domenica 21 marzo 2021 ore 17.30, che prevedeva l’esecuzione di Le Sacre du printemps di Igor Stravinsky diretto da John Axelrod, anziché, come inizialmente previsto, da Joana Carneiro causa le misure restrittive e degli obblighi di quarantena previsti dalle normative anti-Covid. Onore è stato celebrare l’inizio della primavera con un doppio omaggio al compositore russo tramite la composizione certamente la più inquieta della sua produzione. Musica per balletto, La Sagra della Primavera, prima rappresentazione avvenuta a Parigi al Théâtre des Champs-Élysées il 29 maggio 1913, che segnò un momento fondamentale non solo nella carriera del suo autore, ma anche per la storia del teatro musicale. L’innovazione straordinaria della musica, la coreografia e l’argomento stesso crearono un enorme scandalo e, nonostante le successive schermaglie fra ammiratori entusiasti e acerrimi denigratori, l’opera fu destinata a rimanere una pietra miliare nella letteratura musicale del XX secolo. La ricorda lo stesso Claude Debussy “…Ho sempre impresso nella memoria il ricordo di quando, a casa di Laloy, suonammo la vostra Sagra della Primavera… Mi ossessiona come un magnifico incubo e cerco, invano, di rievocare quell’impressione terrificante.”. Del resto quello che accadde la sera del 29 maggio 1913 debutto della composizione è rimasto registrato come una delle più grandi baruffe della storia della musica. Fin dalle prime note acute del fagotto, si sollevarono mormorii che diventarono presto risate e battute; all’inizio erano solo casi isolati ma, all’alzarsi del sipario con il proseguo della musica si fecero sempre più insistenti; per reazione un’altra parte dei presenti, di opinione contraria, si espresse con urla e insulti creando in poco tempo un baccano infernale. Le due fazioni, i benpensanti legati alla tradizione e alla bella musica, e le avanguardie amanti delle novità a tutti i costi, trovarono terreno fertile. Il chiasso durò fino a metà della seconda parte, quando andò scemando; la finale Danza sacrificale dell’Eletta si svolse in una calma apparente. Molti, fra il pubblico, furono gli ospiti illustri sostenitori del progetto di Stravinskij: Debussy, molto vicino a Stravinskij, lo sostenne strenuamente; Maurice Ravel se ne uscì urlando “Genio!”; Gabriele D’Annunzio da un palco si scagliò contro coloro che si prendevano gioco del lavoro, appoggiato subito da Alfredo Casella, così come testimonia Gian Francesco Malipiero. Le Sacre du Printemps è infatti un’opera essenzialmente musicale; vi è ben poco di descrittivo nella sua partitura, nulla che abbia a che fare con la musica a programma. Espressione di una modernità nella tradizione della composizione tonale, che punta sul ritmo e sulla variazione improvvisa di temi e di contrasti sonori. Ben coadiuvato dall’Orchestra del Teatro la Fenice la gestione di John Axelrod ne è risulta secca e asciutta dando al suo gesto un senso essenzialmente ritmico. La sua conduzione ha puntato ad evidenziare la ritmicità insita nella composizione, piuttosto che a ricercare altri mondi sonori, quale una modernità dissonante, estranea al compositore russo. Qui si va alla ricerca di antichi mondi ancestrali e perduti dei tempi che la trama del balletto rievoca: del resto la composizione è una rievocazione di miti dell’antica Russia pagana dediti ai sacrifici umani. Suggestivo lo spazio Fenice con la platea dove è stata collocato il complesso dell’orchestra, illuminazione al completo della sala e gioco di luci cangianti nei palchi. Peccato le riprese, tra un tutto campo e alcune riprese non a sincrono o con l’orchestra in pausa.
In programma anche ll’Histoire du soldat, sempre di Igor Stravinskij , inizialmente prevista per il 26 marzo, che è stata posticipata al 16 aprile 2021.
Venezia Teatro Malibran, 16 aprile 2021
https://www.youtube.com/watch?v=nipWS854BQw&t=2536s
Histoire du soldat
storia da leggere, recitare e danzare in due parti
per voce narrante e piccola orchestra
libretto di Charles-Ferdinand Ramuz
musica di Igor Stravinsky
adattamento teatrale in lingua italiana
prima rappresentazione assoluta:
Losanna, Théâtre Municipal, 28 settembre 1918
edizioni Chester Music
rappresentante per l’Italia Casa Ricordi, Milano
danzatrice e coreografa Emanuela Bonora
costumista Marta Del Fabbro
luci Fabio Barettin
attore e regista Francesco Bortolozzo
maestro concertatore e direttore Alessandro Cappelletto
Strumentisti dell’Orchesta del Teatro La Fenice
Roberto Baraldi violino, Matteo Liuzzi contrabbasso, Simone Simonelli clarinetto, Marco Giani fagotto, Guido Guidarelli tromba, Giuseppe Mendola trombone, Claudio Cavallini percussioni
allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Altro omaggio al genio Stravinsky con la sua Histoire du Soldat allestito al Teatro Malibran, presentato in anteprima agli istituti scolastici il 16 aprile sul canale Yuotube del teatro e reso poi disponibile. Spettacolo leggero non per la certo per la storia ma per la sua configurazione. Non è una storia di guerra, ma riflette il sentimento della guerra, la perdita della centralità della vita del teatro. Stravinskij la compose nel luglio del 1918. Scrisse quest’opera per sette strumenti, (clarinetto, fagotto, cornetta a pistoni, trombone, violino, contrabbasso, percussioni), una voce recitante, un danzatore per un motivo pratico, oltre che drammaturgico: avere una composizione di impatto fortissimo, ma allo stesso tempo snella, adatta ad andare in tutte le piazze. Scenografia quasi inesistente, addirittura da portare in baule o in valigia. E vinse la scommessa, costruendo un lavoro solidissimo e allo stesso tempo trasportabile La favola del soldato,” in cammino da Trieste a Miramar“, che cede anima e violino al demonio era una leggenda molto popolare all’epoca del reclutamento forzato specie in Russia e risale al tempo dei racconti fiabeschi di Aleksandr Afanas’ev. Pochi i personaggi: il Narratore, Joseph il soldato, il Diavolo e la Principessa resa da una danzatrice.
L’Histoire venne rappresentata il 28 settembre 1918 al Teatro di Losanna. Non esattamente la piazza di un villaggio vaudese Stravinsky pensava insieme al librettista svizzero Charles-Ferdinand Ramuz, Veri e propri protagonisti della produzione del 1918 furono il direttore d’orchestra Ernest Ansermet, il poeta Charles-Ferdinand Ramuz e il finanziatore dell’impresa, industriale e clarinettista dilettante Werner Reinhart. L’originalità musicale fu invece garantita proprio dalla scelta dell’organico, che prende in considerazione quasi sempre strumenti ‘estremi’ della singola famiglia orchestrale: violino e contrabbasso (il più acuto e il più grave) per gli archi, cornetta e trombone, per gli ottoni, e clarinetto e fagotto per i legni. E l’importanza dell’orchestra è rimarcata dal suo posizionamento su un lato della scena, quindi sempre decisamente in piena vista per il pubblico.
Spettacolo in sospeso tra narrazione e opera da camera, che qui al Teatro Malibran, allestimento a cura del Teatro La Fenice, era sostenuta
dall’ attore e regista stesso Francesco Bortolozzo che dà voce alle varie parti della storia, coadiuvato dalla coreografa Emanuela Bonora. Non si è trattato di una novità: era andata in scena già lo scorso agosto, nel giorno della nascita di Peggy Guggenheim. Allestimento scarno, fatto da pochi oggetti funzionali alla drammaturgia, una sedia, una poltrona, come scarna la recitazione stessa, astratta, che lascia trasparire qua là qualche sbavatura, sia nella recitazione che negli inserimenti di lettura. Strumentisti dell’Orchestra del Teatro La Fenice, Roberto Baraldi violino, Matteo Liuzzi contrabbasso, Simone Simonelli clarinetto, Marco Giani fagotto, Guido Guidarelli tromba, Giuseppe Mendola trombone, Claudio Cavallini percussioni, guidati con professionalità dal giovane direttore Alessandro Cappelletto che dalle file dei violini dell’orchestra del Teatro sta emergendo come concertatore e direttore d’orchestra. Un segno, un omaggio ad un grande della musica del ‘900.
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