Napoli, Teatro San Carlo, 13 maggio 2022, ore 17
(altre date 14-15 maggio)
7 DEATHS OF MARIA CALLAS
Direttore | Yoel Gamzou
Ideazione, Regia e Scene | Marina Abramović
Musiche | Marko Nikodijević
Costumi | Riccardo Tisci
Lighting Designer | Urs Schönebaum
Libretto | Petter Skavlan
Video | Nabil Elderkin
Sound Designer | Luka Kozlovacki
Assistente alla Regia | Georgine Balk
Scenografo Collaboratore | Anna Schöttl
Interpreti
Performer | Marina Abramović
Interprete su video | Willem Dafoe
Violetta Valery | Selene Zanetti
Floria Tosca | Valeria Sepe
Desdemona | Nino Machaidze
Cio-Cio-San | Kristine Opolais
Carmen | Annalisa Stroppa
Lucia Ashton | Jessica Pratt
Norma | Roberta Mantegna
debutto al Teatro di San Carlo
Orchestra del Teatro di San Carlo
Una Coproduzione Bayerische Staatsoper, Teatro di San Carlo, Deutsche Oper Berlin, Greek National Opera Athens, Liceu de Barcelona, Opéra National de Paris
Dopo i rinvii dovuti agli stop and go della pandemia, arriva al San Carlo di Napoli, in forma definitiva, 7 Deaths of Maria Callas, lo spettacolo di Marina Abramović dedicato alle eroine del melodramma che furono i cavalli di battaglia da Maria Callas. La regista serba, artista di punta del teatro performativo, con le sue esperienze teatrali ha sempre esplicato il rapporto tra arte e dolore, fino ad estremizzare e a spettacolarizzare il dolore fisico esercitato sul proprio corpo. In questo progetto la Abramovic giunge a confrontarsi con quanto di più tradizionale esiste nel campo dell’arte, ossia il melodramma. Lo fa, rievocando il mito di Maria Callas, donna e artista, con una rilettura in forma estetica del concetto di morte, di quelle eroine del melodramma, rese uniche dalla sue interpretazione ormai leggendarie, che muoiono di morte violenta, costruendo una realtà parallela tra la vita privata della cantante e il teatro. Come tanti dei personaggi che ha interpretato sul palco, Maria è morta per amore, di “crepacuore”. Così sette eroine tragiche della lirica, specchio di vita e dell’arte del canto della Divina sono rivissute nel corpo e nei movimenti di i (in scena e nel video): Tosca, Carmen, Violetta (La Traviata), Cio Cio-San (Madama Butterfly), Lucia (Lucia di Lammermoor), Norma e Desdemona (Otello) prendono così vita attraverso la viva voci di sette interpreti della scena internazionale.
Ma non si è trattata di un tradizionale Gala di prime donne della lirica. Sette erano le artiste della scena internazionale (Selene Zanetti con Addio del passato della Traviata verdiana, Valeria Sepe nel Vissi d’arte e d’amor dalla Tosca di Puccini, Nino Machaidze per Ave Maria dall’Otello di Verdi, Annalisa Stroppa per Habanera della Carmen di Bizet, Kristine Opolais con Un bel di vedremo dalla Butterfly di Puccini, Jessica Pratt, Ardon gli incensi dalla Lucia di Lammermoor di Donizetti, Roberta Mantegna, con Casta diva dalla Norma di Bellini) pratiche di quei ruoli in cui hanno dato voce e, per alcune, nelle quali ormai si identificano. Le artiste si esibivano senza soluzione di continuità ma non nei consueti vesti di Gala ma in anonima veste da domestiche di casa, quali fedeli custodi al servizio, con la loro voce e con la loro arte, della Divina. Particolare, ma anche abbastanza semplice la struttura dello spettacolo dove, come preludi orchestrali, eseguiti dal vivo, con l’orchestra del Teatro San Carlo guidata dal direttore Yoel Gamzou, supportati installazioni video di cieli nebulosi e tempestosi, si succedevano le musica di scena composte dal musicista serbo Marko Nikodijević, che in forma di elaborazione elettronica e strumentazione dal vivo, riprendevano e rielaboravano, mantenendo una certa riconoscibilità, le melodie delle arie prescelte. Una sorta introduzione/preludio alla scena lirica vera e propria, eseguita quindi dal vivo, supportata dai video creati dall’Abramovic, che assieme all’ attore Willem Dafoe, esemplificavano la particolare idea della morte richiamata dalle arie prescelte. E’ quello che avviene già negli allestimenti lirici che cercano nella multimedialità fonti nuove di rinnovamento della scena lirica e nello stesso tempo richiama un poco ricordato film prodotto da Don Boyd del 1987 Aria, che rimontava arie d’opera in altri contesti. Non di tutti i personaggi scelti la Callas ne fu interprete in palco. Sole tre recite di Madama Butterfly cantò Maria a Chicago, documentata da qualche scatto, e dalle registrazioni dell’aria Un bel di vedremo, tratta dai suoi recital, come della Desdemona dall’Otello di Verdi, mai interpretata in scena, solo una registrazione del Ave Maria; circolarono molte voci secondo cui la cantante si sarebbe esibita come Carmen sul palcoscenico, ma rimangono tracce della sua Habanera solo nei vari recital di fine carriera. A ben vedere difatti sono le realizzazioni meno riuscite e scontate: la dedica a Cio Cio San, ambientata in un mondo ammorbato di veleni in cui i personaggi s’aggiro con scafandri, e del quale solo lei si libera approdando alla morte, come scontato lo strangolamento con serpenti per la scena di Desdemona, e altrettanto dicasi per la Carmen avvinghiata in fitti giri di corda e accoltellata da Don Josè. Traviata, Tosca, Lucia di Lammermoor, Norma sono stati in momenti in cui il gioco di identificazione è stato completo e con le quali anche concetto di morte, come esperienza di vita risulta perfetto. La solitudine di Violetta nel suo letto di morte, il volo di Tosca dai grattacieli di New York, la pazzia di Lucia con la frantumazione degli specchi e vetri e il sangue che cola sulla bianca veste nunziale, il fuoco di Norma verso cui Marina Abramovic con Willem Dafoe vi ascendo in uno scambio di ruoli in cui uomo e donna risultano invertiti, costituiscono la sintesi migliore dell’idea performativa del progetto definita anche da brevi didascalie, in un riassunto ideale di ciascuna rappresentazione.
Più o meno riuscite le esecuzioni delle singoli interpreti, derivato dal fatto se abituate o meno ad estrapolare in recital una singola aria. Certamente le esibizioni più riuscite sono risultate quelle di Jessica Pratt nella scena della pazzia della Lucia, pezzo che è parte integrante dei suoi recital, che si è conquistata applausi a scena a aperta da parte del pubblico, come uguale apprezzamento è stato riservato a Roberta Mantegna con la sua Casta Diva. La Abramovic ha voluto ricreare la camera da letto di Maria Callas a Parigi con la rievocazione poetica degli ultimi istanti di vita dell’artista, travolta dal peso dei ricordi. Così si entra nel cuore del progetto di rappresentazione dello spirito della cantante: Perché sì, il suo corpo è morto, ma la sua voce non muore, non morirà. Stanza che alla fine di tutto è stata riposta e velata dalle artiste che, come cameriere, l’hanno riassettata: del resto sono queste le custodi dell’arte del canto delle eroine del melodramma in un rituale di morte che si disvela e si rinnova ad ogni rappresentazione.
Certamente si è assistito ad un altro modo di far rivivere l’esperienza del melodramma, giocato però alcuni luoghi comuni e di sostanziale rispetto per la tradizione (la Diva, la Morte, il Canto, la Musica) che solo l’utilizzo di tecnologia e dell’esperienza artistica della Abramovic con il suo filo rosso ha costituito motivo di curiosità e di apprezzamento. Ricompare in scena abbigliata dell’abito dorato utilizzato da Defoe nel video della Norma, conquistando l’ammirazione del pubblico, e dedicando un minuto di rispetto e di solidarietà per la Ucraina. Successo pieno e caloroso da parte dei pubblico che ha affollato il teatro nella prima rappresentazione pomeridiana, come per tutte, del breve ciclo di recite: un pubblico variamente composito, fatto di giovani e meno giovani accomunati dalla comune passione dell’esperienza teatrale, tra teatro d’avanguardia e la tradizione del melodramma.