Verona, Arena, 7 giugno 2024, ore 20.30
La Grande Opera Italiana Patrimonio dell’Umanità. Evento speciale
Evento del Ministero della Cultura in collaborazione con Rai Cultura
Direttore d’orchestra Riccardo Muti, Francesco Ivan Ciampa
Orchestra e Coro
Teatro alla Scala di Milano, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Petruzzelli e Teatri di Bari, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Lirico di Cagliari, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Massimo di Palermo, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Regio di Torino, Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, Gran Teatro La Fenice di Venezia, Arena di Verona, Teatri di Tradizione aderenti all’ATIT
Ballo e tecnici Fondazione Arena di Verona
Scene Filippo Tonon
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Direttore allestimenti scenici Michele Olcese
Coreografia Massimiliano Volpini
Presentatori
Alberto Angela, Cristiana Capotondi e Luca Zingaretti
Programma
Sinfonie e cori
da Guillaume Tell, Norma, Macbeth, Nabucco, Manon Lescaut, Mefistofele.
Con la partecipazione straordinaria del Maestro Riccardo Muti
Le arie più belle dell’Opera italiana in Arena
Giacomo Puccini Tosca E lucevan le stelle · Jonas Kaufmann
Vincenzo Bellini Norma Casta Diva · Jessica Pratt
Giuseppe Verdi Messa da Requiem, Dies irae coreografia
Giacomo Puccini Turandot Tu che di gel sei cinta · Rosa Feola
Gioachino Rossini Il Barbiere di Siviglia Largo al factotum della città · Nicola Alaimo
Giacomo Puccini Madama Butterfly Coro a bocca chiusa · Roberto Bolle, Nicoletta Manni
Giacomo Puccini La Bohème Che gelida manina, Juan Diego Flórez
Giacomo Puccini, Và Tosca…Te Deum – Luca Salsi, Matteo Macchioni
*In collegamento da Castelvecchio
Vincenzo Bellini I Capuleti e i Montecchi Oh! quante volte, oh quante · Mariangela Sicilia
Giuseppe Verdi Rigoletto Cortigiani, vil razza dannata · Luca Salsi*
in Arena
Giuseppe Verdi, Marcia trionfale coreografia
Giacomo Puccini La Bohème Quando me’n vo · Juliana Grigoryan
Ruggero Leoncavallo Pagliacci Recitar!… Vesti la giubba · Brian Jagde
Georges Bizet Carmen Les tringles des sistres tintaient · Aigul Akhmetshina Sofia Koberidze, Daniela Cappiello
Giacomo Puccini La Bohème Vecchia zimarra, senti · Gianluca Buratto
Pietro Mascagni Cavalleria rusticana Intermezzo · Roberto Bolle
Giuseppe Verdi Il Trovatore Di quella pira · Galeano Salas
Gaetano Donizetti L’Elisir d’amore Una furtiva lagrima · Francesco Meli
Giacomo Puccini Madama Butterfly Un bel dì vedremo · Eleonora Buratto
Umberto Giordano Andrea Chénier Nemico della patria · Ludovic Tézier
Giuseppe Verdi Rigoletto La donna è mobile · Juan Diego Flórez
Giacomo Puccini Turandot Nessun dorma · Vittorio Grigolo
Giuseppe Verdi La Traviata Libiamo ne’ lieti calici · Vittorio Grigolo, Rosa Feola
Direttore Francesco Ivan Ciampa
(Si ringrazia la Fondazione Arena di Verona per la gentile concessione
delle immagini. EnneviFoto-Vr)
Per il nuovo secolo di attività, in occasione della 101a stagione lirica in Arena, la Fondazione dell’Arena, con il concorso del Ministero della Cultura, ha voluto celebrare l’iscrizione del canto lirico italiano nella lista del patrimonio immateriale dell’UNESCO. E naturalmente mettendo in campo la collaborazione con RAI 1 per la trasmissione in Mondovisione e conduttori quali Alberto Angela, Cristiana Capotondi Luca Zingaretti.
L’evento ha fatto registrare il tutto esaurito riunendo nello spazio dell’anfiteatro 10 mila spettatori, un pubblico fatto di appassionati di musica e di canto, di operatori del settore di quelle entità musicali che godono del sostegno ministeriale. Sul palco, una orchestra di 160 elementi in rappresentanza delle fondazioni liriche sinfoniche e un coro di oltre 300 elementi che testimoniava la realtà della rete dei Teatri di Tradizione aderenti all’ATIT; a rappresentare il canto, 16 artisti che perlo più costituiscono i cast della corrente stagione areniana, per la durata complessiva di 4 ore ininterrore di musica. Occasione quanto mai propizia per una passerella del mondo istituzionale e politico con la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, assieme ai Rappresentanti del Parlamento e ministri di competenza salutati con con l’esecuzione dell’Inno di Mameli diretto da Riccardo Muti.
La presenza di Riccardo Muti ha segnato la prima parte, dedicata alle grandi parti sinfoniche e corali, da Guillaume Tell, Norma, Manon Lescaut, con i cori dal Macbeth (Patria oppressa), Nabucco, (Va pensiero), Mefistofele (Preludio e coro) certamente rappresentativi dell’opera italiana, ma anche non del tutto scontate come la scelta del Mefistofele, che ha permesso alla grande massa corale di potersi esprimere al meglio.
Scelte motivate per dimostrare la dignità dell’opera italiana che non è secondaria a nessuna altra scrittura musicale classica. E la direzione di Muti con la sua esperienza di essere direttore sinfonico e d’opera ha dato la conferma che tutto nell’opera ha una sua dignità compositiva, che richiede precisione e rigore interpretativo, e che non debba accadere che la gestione delle opere italiane all’estero sia spesso trascurata se non trasandata. La sua partecipazione significava riconoscere l’importanza del lavoro di studio del repertorio affinchè sia anche proposta in maniera intelletualmente e politicamente onesta. La dimostrazione concreta è stata la gestione di tutto questo apparato, costruendo un cornice musicale precisa e intelleggibile in ogni passaggio e frase musicale, interpretando appieno le difficoltà ambientali in cui era collocato. E non si è trattenuto dal prendere parola davanti alle autorità, con ampio senso dell’ironia, citando l’orchestra come metafora della società in cui le frasi musicali diverse costituiscono l’ armonia del tutto, un segnale equivocabile alle forze politiche presenti alla serata. Sarebbe bastata questa prima parte a dare senso all’evento.
Poi si è lasciato spazio al canto sotto la guida direttoriale di Francesco Ivan Ciampa. E’ stata una kermesse dell’opera con una successione di più di una ventina di brani che hanno fatto la storia dell’opera e rappresentative delle varie specificità vocali, dalla Norma di Bellini alla Turandot, Tosca e Bohème di Puccini, Verdi rappresentato dalla trilogia popolare; Rossini, Donizetti, Mascagni, Giordano rappresentati da un solo brano ciascuno buttati in questa bella mischia assieme alla sola intrusa straniera, la Carmen di Bizet, forse perché la più mediterranea del panorama lirico mondiale e che fino a qualche decennio fa si cantava in italiano. Come ribadito dalle presentazioni di Alberto Angela, Luca Zingaretti e Cristiana Capotondi l’opera è anche un grande contenitore di storie e di altri elementi, oltre la musica, che vanno dalle scene, alle luci, libretti e parole, e sopratutto gran lavoro: questa è forse il valore aggiunto dell’ spettacolo lirico. E non è mancata la danza affidata ad alcuni momenti con Roberto Bolle sia in assolo che con l’etoile Nicoletta Manni. Certo si poteva ribadire che non tutto è oro quello che luccica. Dietro esiste anche precariato, lavoro sottopagato, orchestre che si sciolgono ma anche altre che si formano sempre con difficoltà, una danza che stenta ancora a trovare spazio istituzionale con i Corpi di ballo delle fondazioni teatrali, come non si è considerato che l’opera italiana esiste perchè ci sono i teatri d’opera, anche storici, costituiti dalla rete dalle fondazioni liriche ma anche dai teatri di tradizione della provincia italiana.
Il risultato di questa seconda parte è stata una fiera espositiva in cui ciascun cantante esponeva il proprio prodotto vocale, quello più riuscito, che lo caratterizza sulle scene, o per quel repertorio su cui sta lavorando, gestiti da un un attento Francesco Ivan Ciampa, esperto di spazio areniano, che ha dovuto tener a bada una pessima amplificazione e le variazioni del suono che percorre lo spazio anfiteatro. Si può rimproverare alla direzione artistica una gestione a casaccio della sequenza dei brani e degli artisti. Sarebbe bastata la sequenza cronologica delle composizioni per offrire una minima comprensione dell’evoluzione dello stile del canto anche se racchiuso nello spazio un secolo di storia dell’opera. Ad alcuni artisti poi è stato concesso, per il loro intervento, un proprio spazio scenico semplicemente allestito ma rappresentativo del brano interpretato, con piccoli inserimenti di azione coreografiche: lo è stato per il Barbiere di Siviglia, con un fantasmagorico Nicola Alaimo, la Bohème con un appassionato Juan Diego Florez, la ricostruzione della scena del Te deum della Tosca (regia di Hugo De Ana) con Luca Salsi con spari di salve di petardi, così come per i Pagliacci con Brian Jedge e la Madama Butterfly con Eleonora Buratto, e nuovamente Florez nel Rigoletto.
Alcuni passaggi musicali erano riservati sono ai telespetattori come Il collegamento da Castelvecchio con Vincenzo Bellini, I Capuleti e i Montecchi Oh! quante volte, oh quante, con il soprano Mariangela Sicilia e il baritono Luca Salsi con Rigoletto. Cortigiani, vil razza dannata, dal Rigoletto di Verdi
Per Jonas Kaufmann, Jessica Pratt, posizionata sulla balconata marmorea sovrastante la cavea, Rosa Feola, Juliana Grigoryan, Gianluca Buratto, Gaetano Salas, Francesco Meli, Ludovic Tézier e Vittorio Grigolo, l’onore della semplice pedana davanti al direttore d’orchestra, non pervenuta Anna Netrebko. Al suo posto Mariangela Sicilia con il pucciniano O mio babbino caro… Non sono mancate alcune grosse cadute di stile come le coreografie del Dies irae dal Requiem di Verdi e della Marcia trionfale dall’Aida in versione pop metallica. Complessivamente si è avuta l’idea di qualcosa di recupero dell’esistente, rivisitato e corretto, ma non di più, come un vero peccato che non sia recuperato la professionalità degli effetti luci di video mapping, che hanno caratterizzato alcune edizione dei Gala lirici estivi.
Certamente si è percepita la varietà di rapporto di ciascun artista con il canto: Florez e Jadge hanno dato prova di stile equilibrato di quanto sanno dare al canto, sorprendente Gaetano Salas in Di quella pira, altri hanno giocato con l’esuberanza vocale propria del lori stile guascone, come Grigolo. Le prove meglio riuscite sono state condotte da chi ha voluto cogliere un occasione per mettersi in gioco come in una festa ma con l’onestà di trovarsi davanti ad un pubblico mondiale. Che la musica sia sempre festa e che l’opera sappia ancora esprimere sentimenti e passioni collettive.