Arena di Verona, 28 agosto 2024 ore 21.30
Viva Vivaldi, Concerto
Musiche di Antonio Vivaldi
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Regia Marco Balich
Violino Giovanni Andrea Zanon
Orchestra della fondazione Arena di Verona
Programma
Concerto Nº1 in Mi maggiore (RV 269) “La primavera”
Concerto Nº2 in Sol minore (RV 315) “L’estate”
Concerto Nº3 in Fa maggiore (RV 293) “L’autunno”
Concerto Nº4 in Fa minore (RV 297) “L’inverno”
Concerto Nº5 in Mi bemolle maggiore (RV 253) “La tempesta di mare”
“Viva Vivaldi” è una scommessa, magari non esageratamente azzardata, ma decisamente vinta. Vinta non solo nella serata di sabato 28 agosto, quando si accende l’imponente macchina dell’allestimento tecnologico, ma già prima, durante la vendita dei biglietti; l’evento, se non raggiunge il tutto esaurito, ci va molto vicino. E non si può di certo estromettere dal bilancio la componente “show immersivo”. Basta guardare l’attenzione che mediamente riscontrano gli eventi dal programma sinfonico per constatare (disgraziatamente, potrebbe dire qualcuno) che l’interesse di un numero così grande di spettatori è acceso più dall’unicità dello spettacolo proposto che dal repertorio musicale in sé. Ben vengano dunque iniziative come questa, che arricchendo la proposta con qualcosa di inedito è riuscita a fare un sold-out tutt’altro che scontato. Ben vengano soprattutto se ciò che si aggiunge all’essenza musicale della performance non ne altera o stravolge – come in questo caso – la riuscita. Ciò che è impossibile ignorare è che se il solista e l’orchestra erano al centro dell’attenzione, l’allestimento immersivo lo era di più, a partire dalle aspettative del pubblico fino al resoconto dei media.
Si fa dunque in fretta a tirare le somme per promuovere o bocciare l’insolito appuntamento della stagione areniana: lo spettacolo funziona, seppur con pregi e difetti, e raccoglie un consenso pressoché unanime dal numerosissimo pubblico. L’orchestra è schierata sul palco, all’interno di una sorta di gabbia semi-trasparente fatta di schermi ad alta definizione. Con il video tutto spento, si vedono bene i musicisti illuminati all’interno della complessa struttura. La magia inizia chiaramente con le proiezioni digitali, che interessano in sostanza due vasti schermi, uno sul fondale, dietro all’orchestra, e uno davanti, posto a dividere quest’ultima dal pubblico. La combinazione dei due livelli rende possibile proiettare immagini dall’aspetto tridimensionale, che pare nascano dal fondo del teatro e – facendosi strada tra le file di musicisti – escono dai limiti del palco arrivando a sfiorare le prime poltrone. Compaiono così, in scena, elementi di due tipi: da un lato ambientazioni effettivamente “immersive”, che invadono il palco portandoci sott’acqua, dentro al fuoco, nel vento. Dall’altro, rappresentazioni ben definite di animali, fiori o oggetti posizionati al centro del “quadro”, sopra all’orchestra. Benché entrambe siano riuscite, ed entrambe risultino capaci di suscitare stupore nel pubblico, le proiezioni del primo tipo finiscono per funzionare meglio rispetto a quelle del secondo; un po’ per l’effetto, di certo più coinvolgente, un po’ per la semplicità e l’assenza di un soggetto a cui – vuoi o non vuoi – si tenta inconsciamente di dare un significato. L’allestimento si completa con fari e luci che illuminano il palco, l’orchestra, ma anche le gradinate e la platea, estendendo l’immagine degli schermi all’Arena intera.
Le immagini di Marco Balich accompagnano i concerti in una sorta di narrazione, abbinando ad ogni movimento un soggetto, un colore, un effetto. Tra abbinamenti più interessanti, altri un po’ scontati, e qualcuno leggermente indecifrabile, la componente comune può trovarsi in una sorta di rievocazione e celebrazione degli elementi della natura. Ne emerge anche un messaggio, abbastanza evidente, di speranza e di responsabilizzazione riguardo agli attualissimi temi del cambiamento climatico e dell’impatto ambientale che le attività umane hanno avuto e continuano ad avere. Lo spettacolo funziona, come detto, e coinvolge il pubblico, dall’inizio alla fine. Duole però evidenziare un difetto abbastanza lampante: tutto è progettato (e proiettato) per uno spettatore frontale, a scapito dei posti a sedere collocati in posizione leggermente laterale, che in Arena, ahimé, sono la quasi maggioranza. Lo show si vede, gli elementi sono tutti lì, ma l’effetto tridimensionale degrada man mano che ci si sposta verso le file di posti più laterali, fino quasi a sparire per i più sfortunati.
Venendo alla performance musicale, l’Orchestra della fondazione Arena, che numericamente irrobustisce abbondantemente il quartetto, restituisce un suono pulito, generoso nell’escursione dinamica e ben coeso. Ad accompagnare il pubblico nel viaggio delle stagioni c’è il violino solista di Giovanni Andrea Zanon, che sul palco dell’Arena mette in campo, con tecnica, una buona interpretazione musicale. Il giovane musicista veneto pare inoltre particolarmente a suo agio nella singolare ambientazione in cui si ritrova; gli va senz’altro riconosciuto il merito essersi immedesimato nello spettacolo contribuendo ad un risultato armonico e mai forzato. Enorme l’apprezzamento da parte del pubblico, che con standing ovation premia Zanon e l’orchestra in un lunghissimo applauso, riuscendo a guadagnarsi ben quattro i bis (un meraviglioso Salut d’Amour, un Carnevale di Venezia e due movimenti dai concerti in programma).