Brescia, Musei di Santa Giulia, dal 12 febbraio al 14 marzo 2021
“Carte segrete” di Daniele Lievi
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Daniele Lievi (1954 – 1990), nato a Gargnano sul Lago di Garda (Bs) non è stato solo uno scenografo di fama internazionale la cui opera ha avuto visibilità in vari teatri europei e in alcune mostre internazionali a lui dedicate ma anche grafico e pittore. Con la mostra “Daniele Lievi. Carte segrete” promossa dalla Fondazione Brescia Musei nelle Sale dell’Affresco del Museo di Santa Giulia, la città onora la memoria di questo artista figlio della terra bresciana. Fino al 14 marzo viene esposta negli spazi del Museo di Santa Giulia una selezione curata di disegni e dipinti, parte del suo corposo archivio, che consentono di scoprire un lato inedito dell’artista gardesano, allargando l’orizzonte della conoscenza della sua produzione oltre gli studi e i bozzetti per le scenografie, che sono stati l’oggetto più immediato dell’interesse degli appassionati del lavoro teatrale di Daniele Lievi. Carte segrete e questo intimo significato lo esprime al meglio l’introduzione di Peter Iden al volume: «Viene superata la separazione tra parola e immagine e si dà vita a un flusso che percorre tutto il libro: le immagini conducono alle parole e le parole, a loro volta, suscitano nel lettore idee che lo guidano sulle tracce del segreto custodito in ogni disegno e in ogni quadro. Ma solo sulle tracce, si badi bene: l’artista ha chiamato la serie dei suoi fogli Carte segrete e ciò che di enigmatico e di nascosto contengono viene riconosciuto soltanto nella sua essenza, mai svelato. […] Una coppia di fratelli: pittore e scenografo il più giovane; poeta, autore drammatico e regista il più anziano. Un’unione senza paragoni nella più recente tradizione del teatro europeo. E adesso a uno dei due è riuscito qualcosa che assomiglia a uno splendido prodigio: il ritorno dell’altro» in una sorta di diario e memoria intima. Le carte mostrano questo suo percorso verso la scena disegnata fatta di prospettive, già per i primi allestimenti teatrali progettati per lo spazio precario di Gargnano, una vecchia caserma concessa dal Comune, che venne trasformato nell’esperienza del Teatro dell’Acqua nella natia Gargnano sul Garda con il fratello Cesare, regista operativo a livello internazionale tra teatro d’opera e prosa d’innovazione, pervenne, infatti, sulle scene dei maggiori teatri italiani ed europei. Questa mostra permette ai visitatori di conoscere una parte del lavoro dell’artista inedita e sconosciuta, in cui Lievi si esprime in modo libero, profondo e segreto, attuando una sperimentazione nei confronti del teatro e del suo spazio attraverso la dinamica, le linee e i colori.
Ad accompagnare i disegni, due importanti strumenti. Il primo è il libro di mostra scritto da Cesare Lievi, intitolato “Carte Segrete. Tra disegno e scrittura”, edito da Scholé/ Morcelliana (2021). Il regista evoca alcuni ricordi del fratello a partire dalle opere stesse e offre affascinanti suggestioni interpretative della sua opera. Ne deriva una guida speciale alla comprensione dell’artista e alla testimonianza della fecondità di un dialogo ininterrotto tra i due fratelli, per una mostra che si presenta come un viaggio nel segno della poesia visiva di Lievi, un diario dell’anima, incentrata sui suoi disegni conservati come un diario personale, cui si dedicò alla ricerca di un campo di sperimentazione libera oltre i confini del teatro: uno spazio inedito di auto espressione con infinite possibilità. Anche per chi non ha la possibilità di visitare la mostra a Brescia, sfogliare l’agile pubblicazione ci permette di addentrarsi nell’intimo dell’ispirazione dello scenografo sotto le parole di presentazione affidata allo stesso fratello. I disegni che costituiscono l’essenza della mostra e della pubblicazione ripercorrono l’evoluzione del tratto segnico di Daniele: sono disegni, più che scenografie, abbozzi di idee e suggestione di come circoscivere in uno spazio grafico lineare e geometrico idee e suggestioni che potevano poi diventare scene di teatro.
E si puo percepire la sua storia personale fin dalla grafica elaborata alla fine degli anni ’70, fatta di collage e decalcomanie, di figurine disarticolate che sembrano recuperate dai disegni grottesci di George Grosz o le sperimentazioni grafiche di Emanuele Luzzati, il tutto collegato dal persistere di linee grafiche architettoniche che delinavano una predisposizione per il disegno tecnico.
Doveva diventare architetto, Daniele, ma l’eccesso di numeri e di formule per pervenire alla laurea lo fecero desistere e preferì dedicarsi alla costruzione del palcoscenico. Le carte mostrano questo suo percorso verso la scena disegnata fatta di prospettive, già per i primi allestimenti teatrali progettati per lo spazio precario di Gargnano, una vecchia caserma concessa dal Comune, che venne trasformato nell’esperienza del Teatro dell’Acqua.
Piace ricordare che il primo spettacolo che attirò l’attenzione della critica teatrale, dapprima tedesca e poi italiana fu, nel 1981, La morte di Empedocle, di Friedrich Hölderlin (1797) nella traduzione proprio di Cesare Lievi che la stampò, in due revisioni a brevissima distanza l’una dall’altra, presso l’editore Tosadori di Riva del Garda (Trento). Progetto che permise ai fratelli Lievi di essere invitati alla Biennale di Teatrale di Venezia, con una elaborazione del framento di Georg Trakl dedicato a Barbablù. Queste carte ci mostrano geometrie che si dissolvono sotto i delicati colori acquerellati. Non abbiamo il percorso di scenografo di successo per il teatro d’opera che parallelalemente si conferma assieme alle solide regie del fratello Cesare, per Milano, Vienna, Zurigo, Amburgo. La sua resa figurativa era caratterizzata tra fantasia e realismo dell’inconscio e del simbolismo onirico. Ci addentriamo nel percorso del libro e si percepisce che qualcosa nei disegni di Daniele muta: entra il colore nero, a macchia, o a schizzo, che rompe la geometria entro la quale i suoi disegni erano costruiti. L’esperienza teatrale a Gibellina per le Orestiadi con il progetto grafico per Empedocle (1986-1987) esprimono la rottura di queste geometrie.
Irrompe i nero e il tratto libero, le macchie si allargano, il rosso lacera, un diario personale non è solo fatto di parole scritte: le carte segrete, fatte di disegni, raccontano e ci parlano di un percorso di vita, uno spiare ed un assistere all’inesorabile succedersi degli accadimenti della vita. Quella di Daniele si concluderà, dopo una lunga malattia, nel 1990.