Verona, Arena Opera Festival 2023, 15 luglio 2023, ore 21.00
Nabucco
Dramma lirico in quattro parti
Libretto di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco Amartuvshin Enkhbat
Ismaele Matteo Mezzaro
Zaccaria Alexander Vinogradov
Abigaille Maria José Siri
Fenena Josè Maria Lo Monaco
Il Gran Sacerdote di Belo Gianfranco Montresor
Abdallo Riccardo Rados
Anna Elisabetta Zizzo
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Gianfranco de Bosio
Scene Rinaldo Olivieri
Allestimento Fondazione Arena di Verona
Tra i titoli quasi d’obbligo, che difficilmente mancano dai programmi della stagione estiva veronese, c’è sicuramente Nabucco, che torna in scena nel centenario areniano con la regia ormai storica di Gianfranco De Bosio. L’allestimento lo conosciamo, è il tipico lavoro mastodontico ed imponente in pieno stile Arena, con le enormi scene di Rinaldo Olivieri e grandi masse di persone sul palco. Rigoroso nella lettura registica, nei movimenti e negli spazi, il Nabucco del 1991 accontenta di certo quel segmento di pubblico tradizionalista e conservatore che, quest’anno, ha già avuto i suoi pretesti per gridare allo scandalo. E comunque, non delude nessuno.
Sabato 15 luglio va in scena, in un anfiteatro rovente, la prima di stagione della produzione de Bosio, ripresa dopo qualche anno di alternative più innovatrici tra Novecento europeo e Risorgimento italiano, più o meno riuscite.
Sul podio, Daniel Oren è alla guida di uno dei titoli che più spesso ha diretto a Verona, e dimostra fin da subito la chiara intenzione di realizzare un’esecuzione energica ed incisiva, in grado di cogliere appieno la spettacolarità musicale dell’opera. Con gesto teatrale e con fare a tratti divertente, il Maestro si avventura in tempi alquanto celeri (in casi isolati, quasi troppo) alla ricerca di dinamiche vigorose e di ampia escursione. Risultato raggiunto grazie ad un’ottima prova dell’orchestra della fondazione, che riempie il teatro con suono coeso e robusto, senza rinunciare a quelle sfumature più intime che non mancano alla partitura. L’insieme è nel complesso buono, a meno di qualche breve istante di squilibrio che – viste le dimensioni della macchina areniana e i tempi serrati – è più che comprensibile. Eccellente il contributo del coro, preparato dal Maestro Roberto Gabbiani, che in Nabucco più che in ogni altra opera si fa più volte protagonista del palco, conquistando il pubblico e regalando il consueto bis del celeberrimo Va, pensiero.
Un’ottima premessa, insomma, ma un risultato finale che qualche piccolo dubbio l’ha lasciato, forse per un cast leggermente fuori forma. O forse per quell’impressione di macroscopica immutabilità che l’allestimento – per quanto bello – rischia di trasmettere se non animato da travolgenti presenze sceniche.
A dominare la scena, senza alcun dubbio, è Amartuvshin Enkhbat nel ruolo del titolo. Il timbro bello, l’innegabile dote tecnica e l’ottima capacità interpretativa fanno del baritono uno dei migliori Nabucco in circolazione, in grado di arrivare sempre al pubblico con tutte le sfaccettature del personaggio. E anche quest’anno la sua prova è ineccepibile, a conferma di una professionalità e di un talento che ne fanno – a pieno titolo – un nome, una garanzia.

Successo anche per il basso russo Alexander Vinogradov, in Arena nei panni di Zaccaria. Dopo una partenza un po’ incerta, in cui la voce pare leggermente instabile, la performance migliora immediatamente, e Vinogradov dipinge un personaggio deciso e convincente, perfettamente in linea con l’indole carismatica del gran profeta.
Il meraviglioso e tortuoso ruolo di Abigaille spetta all’uruguaiana Maria José Siri, che scende in campo con sgargiante presenza scenica ed un interessante volume sonoro. Sul piano prettamente musicale, però, non convince del tutto, e appare a tratti disomogenea nel muoversi tra gli articolati passaggi della parte. Bene invece la sorella Fenena, José Maria Lo Monaco, che dipinge con sensibilità un personaggio gentile ma determinato nelle intenzioni musicali.

Al suo fianco, Matteo Mezzaro è un Ismaele che sa stare sul palco e che sa dare, alla sua parte, una lettura fresca e dinamica. Vocalmente non dispiace, anche se non mancano tratti meno a fuoco in cui il risultato appare leggermente sforzato. Preziosissimo il contributo di Gianfranco Montresor, nei panni del Gran Sacerdote di Belo, di Elisabetta Zizzo in quelli di Anna e di Riccardo Rados, Abdallo.
Nonostante la temperatura quasi al limite, il pubblico si dimostra coinvolto e soddisfatto, regalando lunghi applausi soprattutto dopo il coro del terzo atto e alla fine dell’opera. Spicca una particolare acclamazione per Enkhbat e Vinogradov, ma grande apprezzamento è rivolto a tutta la compagnia.
