di Annely Zeni in dialogo con Giuseppe Calliari
Firenze, Teatro del Maggio, 11 febbraio 2023, ore 18
Stagione 2022/23
Festival di Carnevale dedicato al Faust e Goethe
DOKTOR FAUST
Opera in due prologhi, due intermezzi e tre scene
Libretto e musica di Ferruccio Busoni
Doktor Faust Dietrich Henschel
Mephistopheles Daniel Brenna
Wagner/Der Zeremonienmeister Wilhelm Schwinghammer
Der Herzog von Parma/Soldat Joseph Dahdah
Die Herzogin von Parma Olga Bezsmertna
Ein Leutnant Florian Stern
Drei Studenten aus Krakau Martin Piskorski,
Marian Pop, Lukas Konieczny
Theologe/Gravis Dominic Barberi
Jurist/Levis Marcell Bakonyi
Naturgelehrter/Asmodus Zacahry Wilson
Studenten aus Wittenberg Martin Piskorski, Franz Gürtelschmied,
Marian Pop, Florian Stern, Ewandro Stenzowski
Beelzebuth Franz Gürtelschmied
Megäros Ewandro Stenzowski
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Cornelius Meister
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Davide Livermore
Scene Giò Forma
Costumi Mariana Fracasso
Luci Fiammetta Baldiserri
Video D-Wok
Nuovo allestimento
Prova coraggiosa da parte del Maggio Fiorentino, allestire dopo oltre quarant’anni d’assenza e probabilmente senza speranze di ulteriori riprese per chissà quant’altri lustri a venire, il Doktor Faust di Ferruccio Busoni, che proprio a Firenze conobbe il battesimo italiano nel 1942. Allestimento importante realizzato scritturando il meglio del panorama internazionale, sia per gli aspetti visivi (regia di Davide Livermore, scene di Giò Forma) che musicali (direzione di Cornelius Meister, Dietrich Henscel e Daniel Brenna nei ruoli dei protagonisti), destinato a far cambiare le opinioni illustri della storiografia attorno all’opera stessa. Parola di Giuseppe Calliari, musicologo trentino autore tra l’altro di un libello dedicato al compositore “Trascrivere musica all’infinito”. Il nome di Busoni, non si vogli’altro che per il concorso pianistico bolzanino a lui intitolato, attraversa da vicino la storia musicale della regione trentino-atesina, sicchè era quasi d’obbligo farsi carico della trasferta fiorentina.
“Dall’allestimento e dalla visione dal vivo di un Doktor Faust realizzato in modo sontuoso – dice Calliari- emerge la necessità di ricollocare l’opera all’interno di un contesto più europeo e non semplicemente nell’etichetta di un’opera-mistero affine allo spirito esoterico di un certo Busoni antiromantico, ma piuttosto entro il più generale coevo espressionismo naturalmente filtrato attraverso una sensibilità latina che in Busoni convive con la cultura tedesca. Diventa a questo punto paradossale che questo sfondo espressionista, nel quale si possono trovare gli elementi esistenziali angosciosi onirici deformanti fino ad un esito irrisolto, stia insieme ad un contenuto alto. Il protagonista non appartiene alla quotidianità ma al mito, in una prospettiva estranea a quella corrente, ma essenziale per Busoni che sul fantastico-mitico lavorava.
Sembra essere proprio questa una possibile chiave di lettura: la contraddizione. Ascoltando la complessa partitura ci si rendeva conto di una scrittura addirittura romantica per certi aspetti in contrasto con un canto declamato sempre teso verso l’urlo ed oltre, oppure di situazioni in cui (la scena dell’osteria per esempio) l’intellettualismo della complessa conduzione polifonica procurava effetti orgiastici e dissacranti rispetto in funzione drammaturgica.
“In effetti è impossibile districarsi nel folto dei significati simbolici. E’ la sconfitta del mito o è la speranza che il mito possa essere rigenerativo? Non lo sapremo mai perché lì Busoni è morto, lasciando l’opera incompiuta. La qualifica di espressionista non mi sarei mai sentito di usarla considerando Busoni una terza via, estranea al neo classicismo in quanto cultore di una nuova classicità, fatta di perfezione e compiutezza, che lui vedeva nel futuro e non nel passato. Nonostante tutto questo, quest’opera si muove in direzioni che forse, ad insaputa dello stesso autore, finiscono per collimare con tensioni più diffuse”
Ad aumentare l’effetto non di rado angosciante del tutto contribuivano gli elementi registici e scenografici
“La regia ricca, carica di elementi dietrologici, appariva estremamente produttiva nella valorizzazione di quelle premesse di teatro che già nella prima formulazione del 1907 Busoni aveva messo nel suo piccolo trattato di estetica: cioè il teatro dell’irrealtà, il teatro della fantasia, il teatro in cui gli elementi il visivo esteriore e l’interiore musicale posso essere scissi e affidati a funzioni rappresentativo sonore diverse. La Scissione del visivo e dell’uditivo che converge nella comprensione totale attraverso le tecnologie evolute viste in azione a Firenze si compie in modo mirabile” A proposito del visivo, l’elemento più scioccante in un sistema di Led-wall gestiti con sagacia e spregiudicatezza, sicuramente era la croce con la donna nuda, la bellissima Elena, proposta nel finale dell’opera nel momento in cui Faust vorrebbe tornare indietro e pregare…
“Il grande portato della cultura europea cristiana si metamorfosa, nella mente allucinata di Faust vicino alla disperazione, ancora una volta in Elena cioè il mito della cultura classica della bellezza assoluta inarrivabile . Che appaia la donna nuda come forma rappresenta la conquista della bellezza quale apice della cultura classica così come Cristo è l’apice della cultura cristiana. “
Un contrasto stridente. Del resto tutta l’opera può dirsi condotta sul doppio binario della maschera e dello specchio. Tutti i personaggi in scena, così, portavano la maschera con il volto di Busoni, riflesso anche sul manifesto dell’opera.
“Attraverso Faust Busoni rappresenta sè stesso come autoritratto dell’artista nel Novecento. Tutto è proiezione mentale tutto è specchio magico. La maschera attraverso cui si manifestano poi le varie funzioni demoniache, storiche (la corte di Parma) festose (l’osteria) desolate (il finale) sono aspetti parziali di un tutto che è la complessità di Faust.”