Il 7 dicembre 2019, con più di 20 anni di carriera alle spalle il baritono Giulio Mastrototaro, di Riva del Garda, ha debuttato al Teatro alla Scala di Milano nello spettacolo inaugurale della stagione 2019-2020, coronamento di una carriera costruita nel nome dei ruoli rossiniani e delle rarità del melodramma del primo ‘Ottocento.
Ciao Giulio, presentati. Ci racconti qualcosa di te e della tua professione di cantante lirico.
Sono Giulio Mastrototaro nato a Riva del Garda il 27 dicembre 1979. Sono un baritono specializzato nel repertorio buffo e semiserio. Ho all’attivo circa venti registrazioni discografiche (CD e DVD) ed ho collaborato con i maggiori teatri europei tra i quali La Scala di Milano, Festival di Salisburgo, Festival di Bregenz, Rossini Opera Festiva, Teatro San Carlo di Napoli, Maggio Musicale Fiorentino, Teatro La Fenice di Venezia, Theater an der Wien, Teatro Bunka Kaikan, Opera di Varsavia, Palau Regina Sofia di Valencia, Theatre la Monnaie di Breussels… diretto da Riccardo Muti, Riccardo Chailly, Antonino Fogliani, Alberto Zedda, Ottavio Dantone, Nicola Luisotti, Donato Renzetti, Vladimir Juowski.
Chi hai dovuto convincere in famiglia per spiegare che quella che sceglievi era la professione per la vita?
Non ho dovuto convincere nessuno in quanto ho iniziato a studiare a 15 anni, a 19 debuttavo nell’ Occasione fa il ladro di Rossini diretto da Nicola Luisotti a 21 anni cantavo già in grandi Teatri…I miei familiari non hanno nemmeno avuto il tempo di rendersi conto di quello che stavo facendo…
Che impressione fa vedere il proprio nome nel cartellone del Teatro alla Scala di Milano proprio per il titolo di inaugurazione della stagione 2019 /20 Tosca e subito dopo nel rossiniano Turco in Italia?
Lo vedo come un coronamento di un percorso, come accennato prima, iniziato a 15 anni quando ho intrapreso lo studio del canto con Vito Brunetti a Bolzano. Facevo la spola da Riva del Garda e per mantenermi le lezioni lavoravo come cameriere durante la pausa estiva mentre frequentavo Ragioneria. Se poi penso che il mio debutto alla Scala coincide con il 7 dicembre e che quest’anno sarò in cartellone, oltre che per Tosca, anche con Turco in Italia (Don Geronio ndr)… per un totale di 18 recite nella stagione 2019/2020 beh, puoi immaginare la mia contentezza.
Parliamo del tuo maestro Vito Maria Brunetti di Bolzano. Dalla sua scuola oltre a te sono usciti artisti del calibro di Saimir Pirgu e Nicola Ulivieri.
Al Maestro Brunetti devo tutto: mi ha preso nella sua scuola giovanissimo ed ha saputo assecondare la mia natura senza rovinala oltre che ad indirizzarmi nel repertorio per me congeniale. Con Saimir siamo praticamente cresciuti assieme: siamo molto amici tant’è vero che è il padrino della mia primogenita Milena. Nicola invece è un artista della generazione precedente, abbiamo condiviso palcoscenici importanti (Teatro san Carlo di Napoli nel Così fan tutte di Mozart, ndr) sarò sempre grato a suo padre Giorgio di avermi indirizzato a Brunetti.
Sei un baritono giovane ma quest’anno festeggi già venti anni di carriera. La critica internazionale ti riconosce importanti doti vocali e sceniche oltre ad essere un cantante rossiniano di razza. Noto anche l’impegno di riproporre numerose opere in prima esecuzione moderna. Ci spieghi da dove deriva questa sua curiosità intellettuale?
Deriva innanzi tutto dalla mia pignoleria nello studio. Ad esempio ho inciso qualche mese fa “Romilda e Costanza” di Meyerbeer (allestita al Rossini Festival in Wildbad- Germania): è stata una grande fatica in quanto ho dovuto lavorare molto sul manoscritto per ricavare una corretta linea vocale. E questo lavoro l’ho fatto anche per opere di Donizetti (Pietro il Grande), Rossini (Turco in Italia nella versione Napoletana), Cherubini (Lo sposo di tre e marito di nessuna),Pacini(Don Giovanni), Mercadante (Don Chisciotte)…
E nel repertorio tradizionale cosa ricordi con maggior soddisfazione?
Senz’altro le incisioni di “Italiana in Algeri” e “Gazza ladra” con Alberto Zedda che mi ha voluto anche come suo ultimo Bartolo in “Barbiere di Siviglia”. Affrontare queste tre grandi opere di Rossini con il più grande studioso del compositore pesarese è stato un privilegio ma anche un percorso formativo importante che porterò sempre con me.
Non dimenticando poi la collaborazione con Riccardo Muti al Festival di Salisburgo e all’ Opera di Roma.
Si con un’opera di Paisiello e di Gluck. Le prove di sala al pianoforte con il Maestro Muti sono momenti che vanno oltre allo spartito che si sta provando: sono lezioni assolute dove si impara lo scavo della parola scenica nel rispetto della partitura. Un momento fondamentale per la mia crescita artistica: mi ha permesso di raggiungere un buon grado di consapevolezza nei miei mezzi e salire così sul palcoscenico con la serenità necessaria per rendere al meglio.
Hai molte registrazioni all’ attivo da Cherubini passando per Rossini, Donizetti, Mercadante e molti altri. Quale ricordi con maggior piacere.
E’ vero ho avuto la fortuna di incidere molti dischi. Oltre ad il Rossini con Alberto Zedda sono molto orgoglioso della registrazione Naxos de L’Equivoco stravagante (Rossini, in uscita ndr). Sono il primo interprete ad aver avuto il coraggio di cantare la famigerata aria di Gamberotto “Parla, favella” nell’originale tonalità di re maggiore. Generalmente la si abbassa di un tono per ovviare alla scrittura acutissima.. ma io sono pazzo abbastanza per arrampicarmi in questo vero e proprio everest della vocalità baritonale.
Per tanti musicisti, specialemente per quelli che fanno Musica da Camera, l’Opera lirica é praticamente una forma musicale di secondo piano. Cosa pensi a propositio di questo ben noto equivoco?
Si potrebbe benissimo dire il contrario!!!Scherzi a parte, penso che sia davvero un grande equivoco: l’ Opera lirica non è altro che un’ evoluzione più articolata della musica da camera. Del resto Verdi – per fare un esempio- non ha concepito le sue opere per spazi vasti come le arene estive ma bensì per contesti intimi e raccolti.Lo scorso anno ho avuto modo di sperimentarlo nell’ambito del Festival Verdi di Parma interpretando “Un giorno di regno” nel piccolo teatro di Busseto. Tutto funzionava alla perfezione. Credo che Il Cigno di Busseto sarebbe rimasto contento.
In Trentino ci sarà possibilità di stagioni liriche consolidate?
In Trentino manca palesemente una struttura adeguata per l’Opera cosa che invece non manca nel vicino Südtirol dove addirittura regna l’ abbondanza. Il delizioso Teatro Sociale purtroppo non è sufficientemente grande per allestire opere del grande repertorio mentre è molto adatto per melodrammi del settecento e primo ottocento. Detto questo la mia città, Riva del Garda ha convertito lo storico Teatro Perini in negozi: d’accordo era un teatro piccolo ma era il nostro teatro! Quando ci penso sono ancora incredulo ed ammareggiato. Bisogna capire se vi è voglia di investire in cultura anzichè solo in turismo. Una cosa non deve escludere l’altra: il turismo e la cultura vivono in simbiosi, anzi è ampiamente dimostrato che sono un connubio economico vincente!
Grazie e ci vedremo il 23 aprile 2020 all’inaugurazione della 73a stagione del Maggio Musicale Fiorentino con Lo sposo di tre e marito di nessuna di Luigi Cherubini. Avanti così.
Prego.