“Vite parallele – Beethoven e Schubert” dal 24 settembre al 12 ottobre
Festival internazionale del Pianoforte tra Bergamo e Brescia.
Brescia, teatro Sociale Sabato 26 settembre, Ore 11.00
Giuseppe Albanese pianista
Beethoven: Sonata per pianoforte in fa minore, op.57 ‘Appassionata’
Schubert: Fantasia in do maggiore per pianoforte, D.760 ‘Wanderer-Fantasie’

“Se 200 posti posso sembrar pochi”, nel rispetto dell’attuale protocollo di sicurezza, l’organizzazione ha scommesso sulla possibilità di soddisfare il maggior numero di spettatori, in questa 57esima edizione del festival, “Vite parallele – Beethoven e Schubert”. Franz Schubert è rimasto protagonista rispetto all’edizione originaria; a lui è stato affiancato Ludwig van Beethoven di cui nel 2020 si celebrano i 250 anni dalla nascita. Il festival pianistico internazionale di Bergamo e Brescia ha voluto fortemente confermare la sua missione di festival monografico dedicato al pianoforte con una formula molto più concentrata, per lo più nei fine settimana, dal 24 settembre al 12 ottobre. con concerti distinti tra le due sedi, nei rispettivi Teatri Sociali di Bergamo e Brescia e diluiti sull’intero arco della giornata, di sabato e domenica, in tre fasce orarie: in tarda mattinata, pomeriggio e sera. L’impossibilità di far arrivare importanti solisti dall’estero, ha offerto alla direzione artistica di Pier Carlo Orizio di offrire, al consolidato pubblico del festival, una rassegna sull’attuale stato del concertismo pianistico italiano, inserendo così in programma giovani promettenti e consolidate presenze italiane in ambito concertistico internazionale. Non si può parlare propriamente di rassegne di scuole pianistiche, data la varia provenienza geografica dei concertisti, ma occorre prendere atto della presenza sul territorio nazionale delle strutture di formazione musicale, di quei conservatori, a volte disprezzati, ma che certamente costituiscono un punto di riferimento per la formazione musicale, collegata anche dall’estrema mobilità dei docenti incaricati, spesso anche grandi esecutori, che passano di sedi in sedi, lasciando una loro impronta formativa. Certamente non esauriscono la capacità di costruire un pianista di professione, in quanto per quella professione necessita passione e un costante lavoro di perfezionamento, di masterclass sparse nel mondo, con i quali i giovani possono confrontarsi con varie scuole di interpretazioni. Il festival è stato capace di presentare una rassegna di artisti italiani assieme ad acclamati solisti stanziali in Italia che si sono dedicati alla didattica. Come Alexander Lonquich, capace di suddividersi tra attività solistica, musica da camera e insegnamento con le sue Masterclass, Giovanni Bellucci, concertista e docente al conservatorio di Cremona, possibilità di seguire Boris Petrushansky che, dal 1990, è docente presso l’Accademia pianistica internazionale “Incontri col Maestro” di Imola, che esemplificano questo stato dell’ambito della specializzazione in ambito pianistico. Diventa interessante allora il confronto tra gli interpreti italiani, affermati in un arco di anni che va dalla fine anni “90 con Roberto Cominati, che si impose all’attenzione come vincitore del Premio Busoni di Bolzano nel 1993, a seguire le nuove frontiere con Giuseppe Albanese, Federico Colli, Maurizio Baglini, Filippo Gorini , Alessandro Taverna e Illia Kim, testimone femminile. Di origine coreana, la Kim vinse una borsa di studio per fanciulli superdotati, si perfeziona in Europa e all’ Accademia di Imola; dal 1998 è residente in Italia e insegna pianoforte a Roma.

Giuseppe Albanese (gent. conc. GOG)

Nella giornata del sabato del primo fine settimana di festival il primo appuntamento era assegnato a Giuseppe Albanese, classe 1979, mettendo a confronto il tema del festival con la Sonata per pianoforte in fa minore, op.57 ‘Appassionata’ di Beethoven, con la schubertiana Fantasia in do maggiore per pianoforte, D.760 ‘Wanderer-Fantasie’. Certamente brani esemplificativi della produzione dei due compositori anche per quel carico di significati che travalicano la sostanza musicale. L‘Appassionata fu considerata a lungo, e per motivi non solo squisitamente musicali, il capolavoro più rappresentativo del periodo eroico, il culmine tragico della produzione delle sonate beethoveniane associata all’immagine stereotipata del genio solitario in lotta con il mondo. Albanese cerca una soluzione interpretativa autonoma, smontando pezzo per pezzo la sonata nelle sue componenti di ciascun singolo movimento. Emerge una lettura tecnicamente formale, che cerca di esaminare quanto esiste di moduli del classicismo di cui Beethoven fu debitore, della musica fatta di virtuosismi e di costruzione formale tramite la ricerca di solidi contrappunti e fugati, e di contro con quanto il genio di Bonn lascia intravvedere di novità nelle sue composizione che il Romanticismo pianistico riesce ad elaborare e far propri. Quello che ne è emersa è stata una lettura, ma a tratti irrisolata, a blocchi, di una contrapposizione tra il classicismo formale beethoveniano e qualcosa che forse prelude al Romanticismo, ma non ancora codificato tra turbamenti di un mondo interiore che e la perfezione della ricerca stilistica. Analoga lettura si percepisce nella presentazione della Wanderer di Schubert, risolta come un percorso a tappe lungo e irto di difficoltà. Già nell’attacco iniziale molto accentuato, si ha l’immagine di un cammino tortuoso che sta per essere intrapreso. Non per nulla, questa composizione schubertiana per la sua difficoltà tecnica e interpretativa è sempre stata uno degli approdi più ambiziosi per i pianisti, Albanese ne evidenzia la sua struttura secondo una logica «ciclica» fatta di riprese del tema iniziali, accentuando le pause come i momenti di attesa evidenziando l’alternanza di momenti di idillio e di rasserenamento nella natura per poi riprendere il ritmo di un percorso convulso tra i movimenti che si succedono senza soluzione di continuità (Allegro, Adagio con variazioni, Presto, Finale), ma facendo perdere l’omogeneità di intenti della composizione. Ma la sorpresa sono stati i tre bis concessi dall’insistenza e dall’entusiasmo degli applausi del pubblico presente; tra un assaggio di una Marcia Militare, letta come una grande “polonaise” e dell’Improvviso n. 142, ambedue di Schubert si insinua Debussy del Claire de lune, una meditazione che il tocco leggero di Albanese ha esaltato per quel breve estratto musicale

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Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

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